Mansourasaurus shahinae: il santo graal dei dinosauri africani
Il ritrovamento aiuta a colmare una lacuna notevole: il panorama ecologico ed evolutivo dei grandi rettili del continente africano tra 100 e 66 milioni di anni fa, prima della grande estinzione.
RICERCA – Il deserto del Sahara è uno degli ambienti più inospitali per la vita ma anche un tesoro di forme di vita allo stato fossile. Dall’immenso ‘scatolone di sabbia’ emergono resti fossili di numerosi organismi che testimoniano ambienti molto diversi da quello attuale e soprattutto permettono di scrivere pagine ancora bianche della storia paleontologica del Pianeta Terra.
Nel 1912 dal Sahara egiziano era emerso il primo scheletro di Spinosaurus, il più sorprendente dei dinosauri carnivori, in grado allo stesso tempo di affascinare e di mettere alla prova gli esperti. È stato in mostra anche dalle nostre parti negli scorsi anni, e tuttora, a distanza di oltre un secolo, ci si interroga sulle sue vere abitudini di vita. Ben più recente la scoperta del possibile Homo sapiens più antico, questa volta dal Sahara marocchino: l’uomo di Jebel Irhoud, venuto alla luce l’anno scorso.
L’ultimo ritrovato è una novità ancora più attuale. Si tratta di un dinosauro che aiuta a colmare una lacuna notevole: il panorama ecologico ed evolutivo dei grandi rettili del continente africano, di cui non si sa nulla o quasi per tutto il Cretaceo superiore, tra 100 e 66 milioni di anni fa, prima della grande estinzione.
Il nuovo protagonista della paleontologia del Sahara è Mansourasaurus shahinae, un sauropode lungo come uno scuolabus e munito di placche ossee nella pelle. Più precisamente è stato rinvenuto nel Sahara egiziano, da una spedizione organizzata dalla Mansoura University Vertebrate Paleontology (MUVP), sotto il comando di Hesham Sallam, che è anche il firmatario principale dell’articolo apparso su Nature Ecology and Evolution.
L’eccitazione della scoperta e il valore del nuovo fossile risuonano dalle parole di Hesham. “La scoperta e l’estrazione di Mansourasaurus è stata un’esperienza meravigliosa per il MUVP team. È stato eccitante per i miei studenti scoprire osso dopo osso, poiché ogni nuovo elemento recuperato aiutava a rivelare chi era il gigantesco dinosauro”.
Gli fa eco Eric Gorscak, ricercatore post-doc del The Field Museum e coautore dello studio. “Mansourasaurus shahinae è un nuovo dinosauro chiave, e una scoperta cruciale per la paleontologia egiziana e africana. In Africa rimane un’enorme questione aperta riguardo alle specie terrestri alla fine dell’era dei dinosauri. Mansourasaurus ci aiuta a fronteggiare le ataviche questioni del record fossile e della paleobiologia africana: quali animali vivevano là e a quali altre specie erano affini?”
È evidente che un dinosauro come Mansourasaurus non si incontrava spesso da quelle parti, al punto che la scoperta ci offre finalmente un’immagine fedele dell’aspetto che avevano da quelle parti i grandi rettili al tramonto della loro esistenza. Nel corso del Cretaceo superiore, i continenti iniziavano ad allontanarsi e ad assumere un aspetto più simile a quello attuale. In questo scenario, è difficile farsi un’idea precisa dei dinosauri dell’Africa del Nord. Erano più simili a quelli dell’Africa meridionale o a quelli eurasiatici? Sono queste le domande che assillavano maggiormente i paleontologi sahariani, e il nuovo venuto offre degli indizi importanti.
Le analisi e i confronti compiuti sulle sua ossa suggeriscono un’affinità maggiore con i dinosauri eurasiatici, rispetto a quelli africani o sudamericani. Non solo. La presenza del gigante testimonia che perlomeno nel Cretaceo superiore gli spostamenti tra Africa ed Eurasia dovevano essere possibili e forse piuttosto frequenti. “Gli ultimi dinosauri africani non erano completamente isolati, come si sospettava in passato”, annuncia con orgoglio Gorscak.
Ma andiamo più nei dettagli. Che tipo di dinosauro era Mansourasaurus? Apparteneva ai Titanosauria, un gruppo di sauropodi comuni in tutto il mondo durante il Cretaceo. I sauropodi, a scanso di equivoci, erano i classici dinosauri di grandi dimensioni con zampe colonnari, collo e coda lunghissimi che si nutrivano di vegetali: ‘Piedino’, per intenderci. Tra i titanosauri figurano nientepopodimeno che i pesi massimi della storia della vita sulla Terra, come l’Argentinosaurus.
Il nostro Mansourasaurus, comunque, era ‘nano’ tra i giganti, e pesava ‘appena’ quanto un elefante africano adulto.
Ma il suo scheletro è il più completo di tutta l’Africa, se ci atteniamo al Cretaceo superiore. Conserva parte del cranio, della mandibola, delle vertebre cervicali e dorsali, delle costole, del cinto toracico e degli arti. Sono presenti anche ossa dermiche, paragonabili a quelle tipiche dei coccodrilli.
Un altro coautore, Matt Lamanna del Carnegie Museum of Natural History, descrivendo l’importanza del fossile si spinge oltre, parlando di ‘Santo Graal paleontologico’. “Quando la prima volta ho visto foto del fossile, sono rimasto a bocca spalancata. Questo è il Santo Graal, un dinosauro ben conservato dalla fine dell’era dei dinosauri in Africa: è ciò che i paleontologi hanno cercato per tanto tempo.”
È ancora presto per poter raccontare il Cretaceo superiore africano, l’ultimo capitolo della vita dei rettili giganti in Africa. Ma Mansourasaurus shahinae è apparso, e si può iniziare a scrivere la prima pagina, in attesa dei prossimi protagonisti.
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