Un occhio artificiale che emula quello umano per correggere i difetti visivi
Il team del fisico italiano Federico Capasso dell’Harvard John A. Paulson School of Engineering and Applied Sciences (SEAS) crea l’artificial eye con metalenti e muscoli artificiali.
RICERCA – È ispirato all’occhio umano il progetto futuristico proveniente dall’Harvard John A. Paulson School of Engineering and Applied Sciences (SEAS) e guidato dal noto fisico italiano Federico Capasso. Il team di ricercatori statunitensi, combinando un nuovo tipo di metalenti piatte a muscoli artificiali controllati elettricamente, ha dato vita ad un occhio artificiale capace di cambiare focus in modo dinamico e in tempo reale proprio come quello umano e, in aggiunta, in grado di correggere dinamicamente anche aberrazioni visive quali l’astigmatismo e lo spostamento dell’immagine.
Lo studio, pubblicato su Science Advances, nasce dalla collaborazione tra il team di ricerca di Federico Capasso e David Clarke, professore al SEAS e pioniere nel campo delle applicazioni ingegneristiche degli elastomeri dielettrici, i cosiddetti muscoli artificiali, e prende piede grazie alla creazione delle prime metalenti, annunciate su Science nel 2016 proprio da Capasso.
Cosa sono esattamente le metalenti? Si tratta dell’ultima frontiera nel campo delle lenti ottiche piatte, sottili come un foglio di carta e nate per sostituire le più ingombranti lenti curve attualmente utilizzate nei dispositivi ottici, capaci di focalizzare l’intero spettro visibile della luce – compresa la luce bianca – nello stesso punto e in alta risoluzione. Ciò è possibile grazie all’anima delle metalenti, realizzata con nanostrutture in biossido di titanio. L’organizzazione interna di tali nanostrutture permette di controllare la luce che le attraversa, come illustrato qui.
Tuttavia, a spingere i ricercatori verso la creazione di un occhio artificiale è l’esigenza di rendere applicabili a più dispositivi – quali microscopi ottici, fotocamere, cellulari, occhiali e hardware di realtà virtuale e aumentata – le metalenti, fino a poco tempo fa piccolissime e della dimensione di un singolo glitter, come illustrato da Alain She, ricercatore e primo autore dello studio. “Il progetto nasce dalla volontà di rendere la tecnologia delle metalenti adattabile. Le nanostrutture che le compongono sono estremamente piccole e dense di informazioni, pertanto risulta molto difficile manipolare ogni singola nanostruttura. Se si passa da una lente di 100 micron a una di un centimetro, le informazioni contenute aumentano di 10mila volte. E, ogni volta che abbiamo tentato di ridimensionare tali informazioni, la grandezza del file del progetto rientrava comunque nell’ordine dei gigabyte o addirittura dei terabyte”.
A risolvere il problema, come illustrato in un recente articolo pubblicato su Optics Express, è un algoritmo sviluppato dai ricercatori, che ha consentito di controllare il volume delle informazioni e di progettare e realizzare metalenti di oltre un centimetro di diametro. Aggirato l’ostacolo delle dimensioni, gli scienziati, ispirandosi ai meccanismi che permettono la messa a fuoco delle immagini da parte dell’occhio umano, in collaborazione con il team di David Clarke, hanno connesso gli elastomeri dielettrici – i muscoli artificiali – alle metalenti, applicando un voltaggio elettrico tale da consentire ai muscoli artificiali di effettuare un vero e proprio “stretching” laterale della lente. In questo modo i ricercatori hanno emulato il comportamento del muscolo ciliare presente nell’occhio umano che modifica la forma del cristallino, controllando, in forma analoga, la distanza focale in modo continuo. “Con la nostra tecnologia si può correggere la messa a fuoco, l’ingrandimento, l’astigmatismo e lo spostamento dell’immagine. Per maggiore chiarezza, la capacità di correggere lo spostamento dell’immagine ad alta velocità viene anche definita stabilizzazione ottica dell’immagine. Queste correzioni servono a migliorare la qualità dell’immagine al volo. Gli usi possibili includono: zoom ottico incorporato e messa a fuoco automatica per una vasta gamma di applicazioni tra cui fotocamere, cellulari, occhiali e hardware di realtà virtuale e aumentata, e la possibilità di applicazione in futuri microscopi ottici, completamente elettronici e in grado di correggere molte aberrazioni simultaneamente”, specifica Alain She. Tuttavia, come sottolineato da Capasso, la ricerca è ancora lontana da un’applicazione in campo medico dell’occhio artificiale sebbene i progressi corrano veloci.
Per saperne di più guarda il video di Harvard.
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