8 oncologi su 10 costretti almeno una volta rimandare un intervento per questioni di budget
I risultati del primo sondaggio rivolto a medici e chirurghi oncologici sul rapporto fra la scarsità di risorse e le scelte terapeutiche. Anche dal punto di vista etico.
APPROFONDIMENTO – In questa decima edizione del suo rapporto annuale, la FAVO (Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) ha proposto il primo sondaggio rivolto a 70 medici oncologi e a 74 chirurghi oncologici per inquadrare il rapporto fra la scarsità di risorse e le scelte terapeutiche in oncologia, anche dal punto di vista etico.
L’obiettivo è soprattutto cercare di individuare le problematiche legate all’allocazione di risorse: budget di dipartimento o di unità operativa complessa (UOC).
Quando il budget finanziario influenza le decisioni
L’80% degli intervistati dichiara di essersi trovato in difficoltà rispetto alle scelte da compiere in termini di trattamento terapeutico. La causa? Il budget finanziario a disposizione, che li ha costretti a rimandare uno o più trattamenti terapeutici all’anno successivo. L’11% ha affermato che si tratta di una condizione vissuta spesso, il 60% circa qualche volta e il 10% raramente. Quasi la metà degli intervistati ha riconosciuto che si è trattato di difficoltà che hanno coinvolto questioni di etica professionale.
Solo il 40% di chirurghi e medici coinvolti, tuttavia, ha comunicato il problema al paziente e l’11% soltanto alle famiglie. Nel complesso, solo 16 specialisti su 100 dichiarano che nella propria regione non ci sono problemi di equità nell’accesso alle terapie e agli interventi oncologici.
Di contro, pur avendo indicato di non aver rimandato interventi all’anno successivo per mancanza di budget, quasi la metà dei rispondenti (45,2%) ha affermato comunque che è capitato di dover lavorare al di sotto degli standard qualitativi auspicabili, per motivi di esaurimento di budget. Per la metà dei rispondenti questo genere di situazione è occorsa per il 5-10% dell’attività annuale ma un altro 13% degli specialisti si è trovato in questa situazione fra il 10 e il 20% dell’anno.
Nella maggior parte dei casi, la decisione è stata affrontata consultandosi sia con i colleghi che con la direzione sanitaria (64%). In alternativa, gli intervistati hanno scelto autonomamente “in scienza e coscienza” (28%) o, in una minoranza di casi, hanno preferito confrontarsi solo con i colleghi (8%).
Cosa significa tutto questo? Dover selezionare quali pazienti verranno trattati per primi. I criteri principali sono la presenza di altre patologie – comorbidità – (33 risposte) e l’età (30 risposte). Altri aspetti, seppur rilevanti, vengono considerati solo in 16 casi: adeguato supporto logistico e familiare, appropriatezza e aspettativa di vita, efficacia del trattamento alle indicazioni cliniche, maggiore possibilità di risultato alla necessità clinica, performance status (in oncologia, la quantificazione del benessere del paziente), rapporto rischi benefici.
A questi aspetti si aggiunge l’eterogeneità dell’offerta dei servizi di oncologia medica e radioterapia, nonché delle apparecchiature (mammografia, acceleratori lineari, Tac, PET, ecc) nelle diverse regioni. Il numero di posti letto per 10 000 abitanti in Veneto, Puglia e Abruzzo è molto più basso rispetto a regioni come Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche e Lazio, solo per citarne alcune. Lo stesso vale per il numero di strutture per milione di abitanti che offrono servizi di radioterapia o di oncologia medica.
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