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Niente lingue saettanti per i dinosauri

Se ne va un altro pezzo delle rappresentazioni moderne dei dinosauri: quella lingua guizzante in mezzo a una folta schiera di denti non era anatomicamente possibile.

Esatto, questo è un dinosauro sbagliato. Fotografia di Spencer Wright

Coperti da un folto piumaggio e magari anche variopinti. Ormai lo sappiamo che i dinosauri nella realtà erano piuttosto differenti da quelli che abbiamo imparato a conoscere sul grande schermo, anche se molte delle conoscenze sul loro aspetto erano già lì, pronte per essere usate.

“La prima edizione del film risale ormai a più di 20 anni fa e i dinosauri piumati sono stati scoperti in Cina proprio negli anni Novanta, con diversi generi come Caudipterix, Protoarchaepteryx, Beipiaosaurus, Microraptor. Era comprensibile che nel primo JP queste novità evolutive non fossero ancora state recepite”, ci raccontava Walter Landini, professore di Paleontologia dei Vertebrati all’Università di Pisa. “Le ipotesi sui colori vivaci invece si erano affacciate ben prima della scoperta del piumaggio”.

Arrivati al 2018, però, non abbiamo ancora finito di smontare il dinosauro delle fiere rappresentazioni mediatiche e delle illustrazioni, pezzo dopo pezzo. L’ultima ad andarsene è l’immagine di enormi lucertoloni con una lingua guizzante in mezzo a una folta schiera di denti, quella stessa lingua che siamo abituati a vedere tra i rettili. Ma non facevano neanche quello. No, nemmeno il tirannosauro.

Secondo un nuovo studio uscito su PLOS ONE i dinosauri non potevano estroflettere la lingua in quel modo, anzi. Probabilmente era strutturata ben più vicina al fondo della bocca di quanto avessimo immaginato, più simile alla lingua di un alligatore che a quella saettante di un piccolo sauro.

Gli scienziati sono arrivati a questa conclusione studiando l’osso ioide che si trova (anche nella nostra specie) alla base della lingua, cui fa da “ancora”, e confrontando quelli degli uccelli e dei coccodrilli moderni con le ossa dei dinosauri, degli pterosauri e degli alligatori ormai estinti. Non solo hanno stabilito che la loro anatomia non avrebbe permesso di far saettare la lingua come immaginavamo, ma suggeriscono che esista una connessione anche con l’origine del volo e con la diversificazione della lingua nel corso dell’evoluzione.

lingua dei dinosauri
Immagine: Li et al. 2018

Tra gli pterosauri studiati, infatti, la struttura dell’osso era molto più varia rispetto alle altre specie. Il motivo, ma si tratta per ora solo di un ipotesi, potrebbe essere legato all’alimentazione differente delle specie capaci di volare, per la quale una lingua più mobile poteva essere più utile. L’altra eccezione sono gli ornitischi, come triceratopi e anchilosauri.

“Le lingue sono spesso trascurate. Ma offrono indizi chiave per capire lo stile di vita degli animali estinti”, commenta in un comunicato Zhiheng Li, primo autore dello studio e docente al Key Laboratory of Vertebrate Evolution and Human Origins della Chinese Academy of Sciences.

Il confronto tra l’osso ioide – e i muscoli associati – di diverse specie parte dal confronto tra immagini ad alta risoluzione. Per Li e colleghi si è trattato di affiancare 28 specie, tra le quali si contavano 13 uccelli dagli struzzi fino alle papere. Il risultato è stato piuttosto omogeneo: un osso ioide corto e semplice nella struttura, connesso a una lingua poco mobile che non avrebbe potuto sporgere all’esterno come in molte delle ricostruzioni.

A spiegarlo è Julia Clarke, paleontologa della Jackson School e habitué del rovinare la festa a chi vuole immaginare i dinosauri diversi da come sono, magari più epici. Nel 2016 Clarke ha mostrato che le specie più grosse emettevano versi molto simili a quelli di uno struzzo, decisamente lontani dall’immaginario comune.


Leggi anche: I dinosauri perdevano i denti durante la crescita

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".