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Acido folico e integratori: la virtù sta nella dieta mediterranea

Le donne ne sentono parlare soprattutto quando iniziano a programmare una gravidanza: non si tratta di culle, corredini e biberon, ma di una vitamina fondamentale per la salute del bambino e della mamma.

APPROFONDIMENTO -L’acido folico, o vitamina B9, è stato individuato nel 1929 dalla dottoressa inglese Lucy Wills mentre si trovava in India per studiare la seria anemia che colpiva le donne in stato di gravidanza che lavoravano nelle industrie tessili. Fu lei a capire che integrare la dieta con il lievito, ricco di vitamina B, riduceva l’anemia di queste donne poverissime che soffrivano di importanti carenze alimentari.

In seguito, la Wills iniziò a curare queste donne con l’impiego della Marmite, un alimento ricavato dagli scarti del frumento utilizzato nella birrificazione. Ma fu nel 1941 che tre chimici dell’Università del Texas, Herschel Mitchell, Esmond Snell e Roger Williams, ricavarono dalla spremitura di quattro tonnellate di spinaci un composto altamente concentrato capace di accrescere il batterio Streptococcus lactis R. e con una composizione chimica simile al fegato di alcuni mammiferi. Successivamente, nel 1943, la vitamina venne sintetizzata dall’americano Bob Stockstad che creò un cristallo tridimensionale della vitamina.

La vitamina B9 è quindi particolarmente importante per la donna in età fertile che voglia avere figli perché “durante la gravidanza vi è una domanda aumentata di folati. Crediti immagine: Pixabay

Carenze nutrizionali gravi come quelle descritte da Lucy Wills negli anni Trenta del secolo scorso sono, oggi, meno diffuse grazie alla possibilità di nutrirsi con alimenti freschi come verdura e frutta, ricche di vitamine. E grazie anche agli integratori alimentari, con i quali tuttavia si rischia di incorrere nella situazione opposta, ovvero superare le dosi giornaliere raccomandate.

“Le evidenze scientifiche dicono che non serve usare integratori alimentari se non quando strettamente indispensabili” spiega a OggiScienza Alfonso Siani dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del CNR, “la supplementazione va fatta solo nel caso in cui vi sia una diagnosi di carenza, mentre oggi siamo abituati a trovare integratori alimentari anche al supermercato. Se una persona è sana e segue una dieta equilibrata non necessita di integratori”.

Alle donne viene prescritta, o quanto meno raccomandata, l’integrazione della dieta con acido folico almeno un mese prima della gestazione e per i primi tre mesi di gravidanza. Ottimale sarebbe per tutti i nove mesi. Il razionale di questa linea guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è il dato che assumere vitamina B9 in gravidanza previene le malformazioni del feto dovuti ad una non perfetta chiusura del tubo neurale.

Tuttavia, ancora oggi non è stata dimostrata una correlazione diretta tra integrazione con acido folico e prevenzione di queste malformazioni. L’unico studio caso-controllo è stato condotto in Irlanda alla fine degli anni Ottanta su 350 donne (84 casi, 266 controlli). Gli autori hanno riscontrato un alto rischio di difetti del tubo neurale per le donne con bassi livelli di folati nel sangue e una riduzione sostanziale del rischio con livelli di folati poco al di sopra della soglia massima.

La vitamina B9 è quindi particolarmente importante per la donna in età fertile che voglia avere figli perché “durante la gravidanza vi è una domanda aumentata di folati per le sintesi legate alla crescita del feto e alla formazione della placenta. Una carenza può causare anomalie del feto, aborto spontaneo, ridotta crescita fetale. Per questo si raccomanda alle donne una supplementazione di folati prima dell’inizio della gestazione” ribadisce Alfonso Siani. “Le malformazioni più frequenti del feto sono la spina bifida, il labbro leporino, la palatoschisi e l’anencefalia. Inoltre, l’acido folico è fondamentale nella prevenzione delle cardiopatie congenite”.

La fortificazione con acido folico introdotta dal 1996 negli Stati Uniti nell’ottica di prevenire i difetti del tubo neurale hanno dato buoni risultati, ma non sono riusciti a far scomparire il problema perché “i difetti del tubo neurale possono avere anche altre cause” sottolinea Siani. “Le recenti statistiche fornite dalla Food and Drug Administration (FDA) hanno riscontrato un netto calo delle malformazioni dovute a difetti del tubo neurale. I folati che si trovano negli alimenti – verdure a foglia verde, arance, legumi – sono sensibili alla cottura e determinate fasce della popolazione americana, che non assumono folati con l’alimentazione, sono più a rischio di carenza. L’esperienza d’Oltreoceano sulla fortificazione è stata positiva, con una diminuzione del 20% di queste malformazioni, un dato importante in campo di prevenzione primaria”.

Anche Gran Bretagna e Irlanda hanno valutato l’introduzione della fortificazione senza poi attuarla perché “una dieta molto ricca di acido folico può mascherare un deficit di vitamina B12. Inoltre, ci sono dati che una supplementazione possa aumentare non l’insorgenza, ma il rischio di recidiva dei tumori intestinali, anche se non sono dati conclusivi” chiarisce il ricercatore del CNR.

L’acido folico, essendo una vitamina, non è sintetizzato dall’organismo e quindi dobbiamo ricorrere all’alimentazione per assicurare al nostro metabolismo una quantità ottimale. Coinvolto in tutta una serie di funzioni fondamentali, dalla sintesi degli acidi nucleici alla sintesi, quindi, del DNA; dal metabolismo del carbonio alla formazione degli aminoacidi e, quindi, delle proteine, è un co-fattore enzimatico che interviene in moltissime reazioni biochimiche dell’organismo.

“Una sua carenza impedisce una crescita dei precursori dei globuli rossi fino ad arrivare all’anemia megaloblastica” prosegue Siani, l’anemia in cui i globuli rossi sono di dimensioni più grandi del normale. “È una forma di anemia che si può diagnosticare da un punto di vista clinico e si manifesta con stanchezza cronica e astenia. Se diagnosticata, risponde bene a una supplementazione di acido folico per bocca o per via iniettiva. La carenza di acido folico è inoltre facilmente riscontrabile negli alcolisti perché il metabolismo dell’alcol porta ad un aumento del consumo di folati” precisa il ricercatore.

Non ci sono malattie che possono portare alla carenza di acido folico, “ma c’è una mutazione genetica, sul gene della metatetraidrofolato reduttasi (MTHER), che può causare una carenza” precisa. Si tratta di una variazione che si può presentare in una percentuale che va dal 5 al 20% in base alle aree geografiche. Le zone più colpite sono quelle del Mediterraneo del Sud, dove si arriva anche al 22%. Chi ha questa mutazione ha un metabolismo imperfetto dei folati e quindi ha bisogno di un maggiore apporto di acido folico.

“Tuttavia, la dieta mediterranea ha dimostrato di avere un ruolo importantissimo perché ha fatto sì che queste carenze non si vedano nelle persone portatrici della mutazione MTHER. Assumere quantità adeguate di verdura e frutta fresche, nel contesto di una dieta normale” conclude Siani “renderebbe la carenza di acido folico una condizione molto rara. Al contrario, se una persona ha una patologia o un disturbo alimentare, come l’anoressia, come mancano altri nutrienti, mancano anche i folati”.

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Federica Lavarini
Dopo aver conseguito la laurea in Lettere moderne, ho frequentato il master in Comunicazione della Scienza "Franco Prattico" alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste (SISSA). Sono giornalista pubblicista e scrivo, o ho scritto, su OggiScienza, Wired, La Lettura del Corriere della Sera, Rivista Micron, Il Bo Live, la Repubblica, Scienza in Rete.