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Legionella: cos’è e come si trasmette

Con l'arrivo dei mesi più caldi la legionella torna a far parlare di sé anche in Italia. Una buona manutenzione degli impianti idrici è cruciale per prevenirne la comparsa e proliferazione.

ATTUALITÀ- A cadenza più o meno regolare in Italia si sente parlare di epidemie di legionellosi, una malattia infettiva causata dal batterio legionella che colpisce l’apparato respiratorio. L’ultimo evento salito alla ribalta delle cronache è avvenuto nel comune di Bresso, Milano, dove la malattia ha contagiato circa 50 persone. Tre, tutti anziani e con sistema immunitario già indebolito, sono decedute.

Nel 2016 un’emergenza simile era scoppiata a Parma, nel quartiere di Montebello, dove erano state contagiate oltre 40 persone. Ogni volta vengono attivate speciali task force per indagare l’origine dell’epidemia e diramate le linee guida per proteggersi ed evitare il contagio. Si tratta di una malattia “sfuggente” e particolare, come l’evento che l’ha fatta conoscere al mondo intero.

La scoperta

La legionella è uno degli agenti eziologici della polmonite batterica e prende il nome proprio da una inaspettata epidemia di polmonite, che si verificò nel 1976 a Philadelphia. L’epidemia colpì i partecipanti a una riunione di veterani della Legione Americana, i legionnaires, da cui deriva il nome della malattia legionellosi o malattia del legionario. Ben 221 ex militari si ammalarono e 34 di essi morirono.

In seguito alle indagini si scoprì la causa dell’epidemia: un batterio, denominato legionella, isolato nel vetusto impianto di condizionamento dell’albergo Bellevue Stratford Hotel, dove si stava svolgendo la riunione.

Il batterio responsabile della malattia del legionario è soprattutto Legionella pneumophila. Si annida nell’acqua e si trasmette attraverso l’acqua nebulizzata, per inalazione. Il batterio penetra attraverso le mucose delle vie respiratorie e raggiunge i polmoni. La legionellosi si manifesta dopo un’incubazione di 2-10 giorni con disturbi simili all’influenza, seguiti dalla comparsa di una polmonite spesso grave. Sintomi comuni sono mialgia e cefalea a cui seguono febbre alta, tosse stizzosa, respiro affannoso.

È molto difficile distinguere la legionellosi dalle altre polmoniti ed è per questo che l’unico modo per individuarla in un paziente è eseguire uno specifico test di laboratorio.

La legionella in Italia

«Nel 2016 in Italia sono stati registrati circa 1 700 casi di polmonite da legionella, che rappresentano una porzione compresa tra il 4 e il 6% della totalità dei casi di polmonite nel nostro paese», spiega a OggiScienza Paola Borella, professoressa di Igiene al Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze dell’Università di Modena e Reggio Emilia, responsabile del Gruppo Multicentrico di Studio sulle Infezione da Legionella.

«Tuttavia è possibile che alcuni casi non rientrino in queste cifre, poiché non vengono diagnosticati e le persone guariscono grazie ai trattamenti antibiotici di una polmonite classica».

Come gran parte delle polmoniti batteriche, la legionella causa il decesso del paziente in circa il 10% del casi. Si tratta però di un dato che cambia a seconda del contesto e delle condizioni di base delle persone che ne vengono colpite. Infatti, chiarisce Borella, «è una patologia che colpisce i soggetti immunodepressi per l’età avanzata e la presenza di patologie croniche come diabete, tumori, malattie polmonari e/o cardiache…».

La percentuale di decessi sale al 30-40% se consideriamo i dati sulla polmonite da legionella contratta negli ambienti ospedalieri. Si tratta di un germe “opportunista” che attacca i pazienti che versano già in condizioni di deficit del sistema immunitario: non colpisce certo chiunque. «Quasi mai ho visto persone sane che si ammalavano», dice Borella.

A volte i pazienti affetti da malattia del legionario non presentano segni evidenti di patologie concomitanti che ne favoriscono l’insorgenza.

«Ricordo il caso di un soggetto di circa 50 anni d’età con una grave polmonite da legionella», prosegue Borella, «e non capivamo come una persona apparentemente sana potesse essere stata contagiata. Subito dopo abbiamo indagato e abbiamo individuato la presenza di una patologia tumorale non diagnosticata in precedenza, che poteva spiegare la comparsa della polmonite da legionella. È una malattia molto particolare. Non si contrae stando a contatto con una persona malata, deriva dall’acqua ma il contagio non avviene bevendo e spesso la fonte di diffusione non viene individuata».

Linee guida per la prevenzione

È questo il motivo per cui fare prevenzione risulta molto difficile: Legionella pneumophila si può trovare ovunque. L’Istituto Superiore di Sanità ha diramato da tempo puntuali linee guida per evitare il contagio. Sia nei grandi edifici – come alberghi oppure ospedali – sia in quelli più piccoli è sempre bene eseguire una manutenzione periodica dell’impianto idrico per limitare la moltiplicazione e, di conseguenza, la diffusione del batterio.

«Il timore delle persone è in parte fondato ma bisogna sempre tenere conto della particolarità della condizione dei soggetti più a rischio. Ciò che è importante, nell’ambito domestico, è far scorrere l’acqua, tenere l’acqua calda a temperature sopra i 50°C e verificare lo stato delle tubature», prosegue Borella.

«Ma la legionella si trova potenzialmente ovunque ed è difficile anche accertare l’origine di una epidemia. Nel caso di Parma del 2016 le persone colpite non avevano idea di essere esposte al batterio e gli stessi inquirenti non sono stati in grado di risalire alla fonte dell’infezione».

Uno dei principali sospettati nella diffusione della legionella è il condizionatore d’aria. Si tratta, però, di una preoccupazione in gran parte infondata.

«Nel primo caso statunitense si trattava di un sistema di condizionamento vecchio, dotato di una vaschetta d’acqua che diffondeva aria contenente goccioline d’acqua contaminate. Oggi i nostri condizionatori non sono più così: un tubo porta via l’acqua direttamente nello scarico idrico. Il vero problema, almeno in Italia, è costituito dalle reti idriche».

In particolare quelle che trasportano l’acqua calda sanitaria e «soprattuto se lunghe e obsolete come spesso accade negli ospedali e/o negli alberghi», conclude Borella. «Per i sistemi di condizionamento, invece, il rischio può derivare dalle torri di raffreddamento che disperdono nell’aria aerosol acquosi contaminati, con possibili insorgenze di epidemie».

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Gianluca Liva
Giornalista scientifico freelance.