VITE PAZIENTI

Convivere con la distonia: la storia di Flavia

La storia di Flavia e della sua lotta per far conoscere la distonia. Che può colpire tutti, ma ha ancora poco riconoscimento perché diagnosticarla è davvero difficile.

VITE PAZIENTI – “Era il 2009 quando mi hanno operato per un tumore benigno al cervello. Io, donna sana di poco più di quarant’anni, una vita piena e attiva, ero stata tutto sommato fortunata: il tumore era benigno e l’intervento era andato per il verso giusto. Eppure dopo il primo periodo io non stavo bene.”

Cominciano i primi spasmi muscolari nella zona del collo e della testa, ma nessuno ci dà troppo peso. La postura, chissà. E invece era distonia, ma per Flavia ci vogliono anni prima di dare un nome alla sua nuova condizione. E solo con un nome, un’identificazione, si può essere riconosciuti e quindi trattati.

La distonia è una malattia difficile da diagnosticare e che può colpire chiunque, perché nella maggior parte dei casi non ci sono correlazioni di tipo genetico. Nel caso di Flavia probabilmente si è trattato di una conseguenza dell’intervento che ha subito al cervello che le ha, fra le altre cose, paralizzato la parte destra del viso.

Crediti immagine: Pixabay

Cos’è la distonia

La distonia rientra fra i disordini del movimento e possiamo immaginarcela come un insieme di spasmi improvvisi e molto intensi che colpiscono una zona del corpo, oppure in casi più gravi che si riscontrano soprattutto nei bambini, la malattia può essere generalizzata in tutto il corpo. Questi spasmi producono posizioni innaturali per il corpo, che a loro volta portano con sé problemi secondari. Flavia per esempio, mentre mi parla al telefono, è a casa dal lavoro per una forte sciatica che le provoca molto dolore. Ha una voce affaticata, ma nonostante la stanchezza che accompagna da anni le sue giornate, è un fiume in piena. Da quando ha ricevuto la diagnosi ha dato un nuovo senso alla sua vita, mi racconta. Oggi è la presidente dell’Associazione Italiana per la Ricerca sulla Distonia (ARD) che offre supporto a tutti coloro che devono intraprendere il faticoso cammino anzitutto per il riconoscimento legale della propria condizione.

Ricerca: non a caso questa parola compare nel nome dell’Associazione. Di ricerca sulla distonia – mi spiega Flavia – c’è disperato bisogno. “Il primo grosso problema è la diagnosi, specie in casi non gravissimi. Da presidente dell’associazione nazionale incontro da anni molti malati e posso dire con cognizione di causa che ci sono ancora troppi medici di medicina generale che non conoscono la malattia e quindi non sanno riconoscerne i sintomi. Io personalmente sono stata male anni prima che un medico mi dicesse: forse lei ha la distonia, ed è successo solo perché io cercando su internet avevo ritrovato i miei sintomi legati a questa malattia.”

Dopo la diagnosi

Una volta avuta la diagnosi, per il malato ci sono due prime cose da fare a livello burocratico: richiedere l’invalidità per poter accedere almeno in parte ai benefici della legge 104, e l’esenzione per i farmaci. Per entrambi gli aspetti però, mi spiega Flavia, si riscontrano forti discrepanze. Le regole dovrebbero essere uguali per tutti, ma alla prova dei fatti non è così. “L’esenzione per i farmaci è garantita in Gazzetta Ufficiale dal 2011, ma in alcune zone d’Italia – in Sicilia per esempio – non è così, e si parla di oltre 400 euro a trattamento da fare ogni tre mesi. Mi è capitato di sentire diverse storie di pazienti che avrebbero avuto diritto all’esenzione ma che non lo sapevano perché il medico non glielo aveva comunicato, probabilmente perché a lui per primo non era stato comunicato.”

La terapia per il trattamento – non la cura! – della distonia è basata su una tossina botulinica, ovvero infiltrazioni direttamente nei muscoli interessati che sbloccano la muscolatura colpita dagli spasmi. Perché la vita del malato proceda il più serenamente possibile è necessario che la terapia venga effettuata con regolarità ogni tre mesi in ospedale.

Oltre alla tossina botulinica ci sono altre terapie, in primis la Deep Brain Stimulation, proposta a pazienti con distonia diffusa in tutto il corpo, spesso bambini. Si tratta in sostanza di elettrodi impiantati nella testa del paziente collegati con neurotrasmettitori nel petto o nel torace che mandano loro gli impulsi elettrici necessari per tenere a bada la distonia. “In Lombardia questo impianto di neurotrasmettitori non viene per esempio passato dal Servizio Sanitario Nazionale per chi soffre di distonia, ma solo per i malati di Parkinson” mi spiega ancora Flavia. “Noi come associazione adesso stiamo lavorando su questa problematica, ma intanto molti pazienti aspettano”.

Un percorso a ostacoli

Un altro scoglio è la fisioterapia, fondamentale per queste persone e che dovrebbe essere garantita – almeno in Lombardia il PDTA dice questo – due volte l’anno almeno. Tuttavia spesso, mi spiega Flavia, ci si trova davanti lunghe liste d’attesa, anche di un anno. Pochi in Italia hanno protocolli di fisioterapia mirata per i pazienti con distonia.

“Anche per quanto riguarda la percentuale di invalidità riconosciuta ci possono essere differenze importanti in situazioni tutto sommato simili. Io personalmente ho un’invalidità del 70%, ma la maggior parte dei malati di distonia ottiene al massimo il 50%. Se non hai almeno il 75% di invalidità non hai diritto a tutti i benefici della legge 104, in particolare all’importantissimo articolo 3 comma 3, che dà diritto a permessi sul lavoro per i trattamenti, per esempio per le infiltrazioni da fare ogni tre mesi.”

“È ovvio – conclude Flavia – che solo chi conosce davvero che cos’è vivere con la distonia è in grado di capire che è fondamentale per noi avere accesso a tutti i diritti della legge 104, ma sebbene si stimi che la distonia possa colpire una persona su tre, è ancora scarsamente conosciuta dai pazienti ma anche dalla classe medica”.

Flavia Cogliati è presidente dell’Associazione Italiana per la Ricerca sulla Distonia

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.