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Scoperta una nuova malattia genetica del neurosviluppo, si chiama FHEIG

Alla base c'è un gene mutato, KCNK4. Si tratta della quindicesima malattia genetica identificata all’interno del progetto “Voci Vite coraggiose” dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

RICERCA – Ha un nome complesso, FHEIG, dalle iniziali delle sue manifestazioni più evidenti: dismorfismo facciale, ipertricosi, epilessia, ritardo dello sviluppo e ipertrofia gengivale. Si tratta di una malattia genetica del neurosviluppo identificata oggi per la prima volta da un team di studiosi dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata e l’Università di Amburgo.

Dal 2015 sono stati descritti nell’ambito del progetto 20 nuovi geni-malattia e identificate 14 patologie genetiche. Fotografia CSIRO, CC BY 3.0

La scoperta – pubblicata sull’American Journal of Human Genetics – è stata possibile grazie a un programma attivo da oltre tre anni proprio al Bambino Gesù dedicato ai pazienti orfani di diagnosi e chiamato “Vite Coraggiose” che, a oggi, ha arruolato 600 pazienti selezionati nell’ambito di 50 sessioni multidisciplinari di teleconsulenza e il cui genoma è stato sequenziato attraverso le più moderne tecniche.

Alla base c’è un gene mutato

In questo caso il gene mutato è appunto KCNK4, che codifica per una proteina della membrana cellulare chiamata TRAAK, che costituisce un canale del potassio, la cui apertura e chiusura controlla l’attività delle cellule. In questi pazienti, il canale  rimane costantemente aperto, rendendo problematica la trasmissione dei segnali elettrici cellulari decisivi per lo sviluppo e la funzione delle cellule nervose. Non a caso una delle manifestazioni principali di questa malattia è l’epilessia.

“Attualmente sono confermati tre casi di questa malattia, due dei quali in cura nel nostro ospedale – spiega a OggiScienza Marco Tartaglia, uno dei ricercatori coinvolti nello studio – ma è ragionevole supporre che possano essere molte di più le persone affette, che finora non sono state diagnosticate correttamente in mancanza di una descrizione della malattia. Recentemente, la ricerca ha portato all’identificazione di altri pazienti che presentano un quadro clinico simile e condividono mutazioni in questo gene.

Nonostante non sia possibile ancora apprezzare la variabilità clinica di questa nuova malattia, le persone che hanno questo gene mutato hanno in comune alcune caratteristiche facciali – continua Tartaglia – come una certa forma particolare delle sopracciglia, l’ipertricosi, padiglioni auricolari a basso impianto e gengive molto pronunciate. Ma gli aspetti clinicamente più importanti sono rappresentati da un un deficit cognitivo variabile e dall’epilessia”.

Un progetto di successo

La FHEIG è la quindicesima malattia genetica identificata all’interno del progetto “Voci Vite coraggiose”. Dal 2015 sono stati descritti scoperti 20 nuovi geni-malattia e identificate 14 patologie genetiche prima sconosciute.

Questo traguardo è stato reso possibile dall’uso di nuove tecnologie di sequenziamento del genoma che consentono di leggere l’intero genoma o l’esoma (i 20mila geni che lo costituiscono) di un individuo, permettendo, anche in assenza di ipotesi iniziale di lavoro, di identificare la causa molecolare di una malattia in un unico esperimento.

In passato, gli approcci tradizionali di sequenziamento del genoma erano diretti all’analisi di singoli geni considerati candidati sulla base di evidenze già disponibili, una strategia poco efficiente nel caso delle malattie rare e ultrarare.

L’importanza di identificare il gene mutato

“L’identificazione del gene implicato nella malattia è un primissimo passo, ma fondamentale, perché permette a un clinico di arrivare più velocemente alla diagnosi, consente un più appropriato counseling e una migliore presa in carico dei pazienti. Inoltre, rende possibile una più accurata definizione della variabilità clinica che caratterizza una malattia.

Per la FHEIG, per esempio, da oggi sarà possibile capire se tutte le persone con il gene mutato condividono tutte le manifestazioni che abbiamo individuato in questi primi pazienti (epilessia, ritardo cognitivo, manifestazioni somatiche,…) , oppure solo alcune di esse” continua Tartaglia.

“È importante anche considerare che l’identificazione del gene implicato nella malattia apre la strada allo studio del meccanismo patogenetico, un passo necessario per poter pensare allo sviluppo di possibili terapie.”

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.