SALUTE

Obesità e malattie croniche, fino a 10 anni di vita persi

Quanti italiani che vivono questa condizione sono consapevoli del proprio stato di salute? Pochi, secondo i dati dell'Istituto Superiore di Sanità.

SALUTE – L’obesità aumenta il rischio di diverse malattie croniche, ma la misura in cui questa condizione è correlata alla perdita di anni liberi da malattia non è sempre chiara. Eppure saperlo quantificare è fondamentale per ideare strategie di prevenzione e linee guida cliniche nelle politiche sanitarie.

Uno studio su The Lancet Public Health ha stimato questa associazione rispetto a malattie croniche come diabete di tipo 2, malattia coronarica, ictus, cancro, asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva, negli adulti in sovrappeso e obesi rispetto agli individui normopeso. Si tratta, dicono gli autori, del più grande studio condotto finora su questo aspetto.

Crediti immagine: Pixabay

I risultati dello studio

Quello che è emerso studiando un campione complessivo di 120 mila europei è che l’obesità lieve è associata alla perdita di un anno su dieci in salute mentre l’obesità grave a uno su quattro potenziali anni liberi da malattia.

Tra i 40 e i 75 anni, sono 29 gli anni stimati senza malattia negli uomini e nelle donne normopeso. Rispetto a loro, le persone sottopeso e sovrappeso presentano lo stesso numero di anni persi in salute. 1,8, che diventano 3,9 per gli obesi di “classe I”, cioè con indice di massa corporea fra 30 e 34,9, e 7,3 anni persi in salute fra gli obesi con IMC superiore a 35. Si arriva tuttavia anche a 10 anni di vita persi in salute nei sottogruppi di partecipanti con basso livello socioeconomico, dove è scarsa l’attività fisica e alta l’abitudine al fumo.

La perdita di anni liberi da malattia associata all’obesità di classe I, inoltre, è di circa quattro anni sia nei partecipanti fisicamente attivi che in quelli inattivi, mentre varia tra due e cinque anni tra i fumatori, gli ex fumatori, i non fumatori e fra chi proviene da un background socioeconomico più alto e più basso.

Questi risultati – scrivono gli autori – sono biologicamente plausibili. Ad esempio, alti livelli di acidi grassi, di citochine e l’insulino-resistenza con tessuto adiposo totale in eccesso e intra-addominale sono tra i meccanismi fisiopatologici sottostanti all’aumento del rischio di diabete di tipo 2 tra le persone obese.

Il tessuto adiposo in eccesso legato all’obesità può comprimere i reni, fattore che unito all’iperattività del sistema nervoso simpatico contribuisce all’ipertensione, a sua volta alla base di malattie cardiache, ictus e malattie renali croniche. L’obesità inoltre produce cambiamenti nella funzione immunitaria, con possibili implicazioni per malattie come l’asma.

In Italia come vanno le cose?

Non bene, dal momento che una persona su 10 è obesa e altre tre sono sovrappeso. Solo il 57% degli italiani maggiorenni (dati ISS 2014-17) è normopeso e fra gli uomini si scende al 49%. Ben quattro uomini su dieci sono sovrappeso.

Si tratta di una condizione che si aggrava con il crescere delle fasce d’età. Fra gli over 50 gli obesi sono il 15% della popolazione, mentre un altro 40% è sovrappeso. Fra i più giovani, ragazzi con meno di 34 anni, è obeso il 5% e sovrappeso il 19%, quindi tre quarti della popolazione in esame è normopeso.

La sfida è fare in modo che nei prossimi decenni non si colmi questo gap. Sono più che evidenti le differenze fra i diversi gruppi in base al titolo di studio: è obeso il 23% degli italiani senza titolo di studio, contro l’8% dei diplomati e il 5% dei laureati.

Come tipo di alimentazione i dati ISS ci mostrano che le cose non vanno malissimo, ma possiamo sicuramente fare meglio. Due italiani su cento non mangiano mai frutta e verdura, e la metà ne assume solo una porzione al giorno. La buona notizia è che l’altra metà degli italiani mangia più di tre porzioni al giorno e dieci italiani su cento addirittura oltre cinque porzioni, il che significa che questo gruppo sceglie non solo pasti, ma anche spuntini salutari.

Fra i giovani però le percentuali di “super salutisti” sono molto più basse: appena il 7% degli under 35 consuma più di cinque porzioni giornaliere di frutta e verdura contro il 12% degli over 50. Meno ampio invece è il gap fra chi ha un elevato titolo di studio e chi no.

Un problema importante che rilevano i dati ISS è infine l’errata percezione che in molti fra persone sovrappeso e obese, hanno di sé. L’11% degli obesi ritiene che il proprio peso sia più o meno giusto e lo stesso vale per il 53% delle persone sovrappeso. Percentuali maggiori rispetto a chi fra i sottopeso e i normopeso si ritene ancora troppo in carne (7% della popolazione intervistata).

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.