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Cosa succede se sparisce lo squalo bianco

I ricercatori dell’Università di Miami, di fronte al declino per ragioni ancora ignote nel numero di squali bianchi in un’area di studio, hanno analizzato cosa accade quando un predatore al vertice della catena alimentare sparisce

“Al tempio c’è una poesia intitolata “la mancanza”, incisa nella pietra. Ci sono tre parole, ma il poeta le ha cancellate. Non si può leggere la mancanza: solo avvertirla.”

Se Arthur Golden, nel libro “Memorie di una Geisha”, parlava così della mancanza, i ricercatori dell’Università di Miami hanno cercato di capire cosa questa provoca, quando si parla di un superpredatore – ovvero di predatore che, una volta raggiunta l’età adulta, si trova in cima alla catena alimentare nel suo ambiente naturale. In un’area al largo del Sud Africa si sta assistendo a un importante declino nel numero degli squali bianchi, scomparsa che ha dato inizio alla diffusione di un predatore apicale di un altro habitat, lo squalo manzo nasolargo. Un vero e proprio fossile vivente, che ricorda da vicino i suoi parenti del Periodo Giurassico e che si riconosce facilmente per avere sette fessure branchiali (invece delle 5 tipiche di quasi tutte le specie di squali).

Se il grande squalo bianco sparisce, un altro superpredatore prende il suo posto. (Cortesia immagine: Pixabay)

La ricerca si è focalizzata sulle acque che circondano Seal Island a False Bay, in Sud Africa, un sito ben conosciuto per i suoi squali bianchi “volanti”, con i loro poderosi balzi fuori dall’acqua mentre cacciano le otarie orsine del Capo. Fin dal 2000, il gruppo di scienziati ha trascorso più di 8000 ore di osservazione sulle barche, durante le quali sono stati registrati 6333 avvistamenti e 8076 attacchi alle foche. Secondo questi dati il numero dei grandi squali bianchi è rimasto stabile, ma nel 2015 gli avvistamenti hanno iniziato a calare bruscamente.

“Nel 2017 e nel 2018 il loro numero ha raggiunto un minimo storico, con i grandi bianchi completamente spariti dalle nostre osservazioni per settimane e mesi”, ha spiegato Neil Hammerschlag, primo autore dell’articolo e professore associato presso la Rosenstiel School of Marine and Atmospheric Science e l’Abess Center for Ecosystem Science & Policy dell’Università di Miami. “Mentre i motivi del loro declino e successiva scomparsa sono ancora sconosciuti, questa situazione ha fornito un’opportunità unica per noi di vedere cosa accade a un ecosistema marino in seguito alla perdita di un predatore apicale.”

“In oltre 18 anni di lavoro a Seal Island, non abbiamo mai visto uno squalo manzo nasolargo nelle nostre osservazioni”, ha commentato Chris Fallows, co-autore dell’articolo e naturalista presso la Apex Shark Expeditions. “Seguendo la sparizione degli squali bianchi nel 2017, lo squalo manzo nasolargo ha iniziato a presentarsi per le prime volte, e da allora ha continuato a crescere in numero.” Durante il periodo di assenza del grande bianco nel 2017 e nel 2018, i ricercatori hanno documentato 120 avvistamenti dello squalo “sostituto”, e hanno anche assistito a un attacco individuale a una foca. Nelle acque sudafricane gli squali manzo nasolargo non hanno rivali agli apici della catena alimentare, fatta eccezione per gli squali bianchi e le orche.

Storicamente, l’unico sito di aggregazione ben conosciuto per questa specie si trova a False Bay, a 18 chilometri da Seal Island, tra foreste costiere di kelp (un tipo di alga bruna). Lo studio suggerisce come la comparsa di una specie sia legata alla sparizione dell’altra: in assenza degli squali bianchi, il manzo nasolargo può sfruttare l’area senza il rischio di essere predato dal rivale, o di dover competere per il cibo. Negli ecosistemi, la mancanza di una specie non si limita a essere semplicemente avvertita: causa sempre grandi cambiamenti.


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Giulia Negri
Comunicatrice della scienza, grande appassionata di animali e mangiatrice di libri. Nata sotto il segno dell'atomo, dopo gli studi in fisica ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico” della SISSA di Trieste. Ama le videointerviste e cura il blog di recensioni di libri e divulgazione scientifica “La rana che russa” dal 2014. Ha lavorato al CERN, in editoria scolastica e nell'organizzazione di eventi scientifici; gioca con la creatività per raccontare la scienza e renderla un piatto per tutti.