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Cecità vegetale: non vediamo le piante, ma possiamo imparare. Partendo dal cibo

Plant blindness è un termine introdotto nel 1998 e indica qualcosa che riguarda molti di noi. Circondati da innumerevoli specie vegetali, vediamo un generico "verde" e ci disinteressiamo.


Che siano in un bel parco o in uno sparuto giardinetto urbano, in un paesaggio agreste o boschivo, difficilmente le notiamo davvero: le piante restano per noi in un generico “verde”, come scrive il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso. È il sintomo della plant blindness o cecità alle piante, un termine introdotto da Elisabeth Schussler e James Wandersee nel 1998, che si riferisce a un bias cognitivo a causa del quale non siamo in grado a vedere o notare le piante nel loro ambiente. Ciò ci porta a sottostimarle, ignorandone l’incredibile importanza per l’ambiente, la salute, l’economia e sfocia in una perdita d’interesse per la loro conservazione.

La cecità alle piante è incrementata dal fatto che gran parte della popolazione è sempre meno esposta all’ambiente naturale e tocca ormai perfino i vegetali che portiamo in tavola. Li compriamo, spesso già puliti o addirittura già cucinati, e li mangiamo pressoché ignari di tutta quella cultura che li circonda (come e quando coltivarli, come proteggerli da parassiti e malattie…) e che pure è stata centrale per lo sviluppo della nostra società.

Cecità alle piante e perdita di biodiversità

La plant blindness, con la conseguente mancanza d’interesse per il mondo vegetale, rappresenta un limite particolarmente grave a fronte dell’estinzione di specie che procede a un tasso senza precedenti, come ha evidenziato anche il report dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services all’inizio del mese. E a preoccuparci non dovrebbero essere soltanto gli animali, ma anche le piante, la cui perdita di biodiversità è legata soprattutto all’alterazione delle aree naturali a scopo agricolo.

A ciò, si aggiungono le restrizioni delle risorse naturali e i cambiamenti climatici, che rendono ancora più difficile il futuro della produzione alimentare. Le decisioni complesse che saremo chiamati a prendere per permettere una produzione sostenibile richiedono una grande consapevolezza da parte della società: sottostimare l’importanza delle piante non è certo di giovamento.

Partire dall’alimentazione

Tuttavia, un articolo pubblicato sulla rivista Plants, People, Planet, evidenzia come proprio le piante d’interesse agricolo su cui basiamo la nostra dieta rappresentino un’opportunità per “aprirci gli occhi” e contrastare la plant blindness.

«La cecità alle piante esiste anche per quelle che mangiamo ogni giorno», spiega Colin Khoury, dell’International Center for Tropical Agriculture (CIAT) e co-autore dell’articolo, in un comunicato. «Ma nonostante ciò, le piante destinate all’alimentazione rappresentano un mezzo eccellente e particolarmente efficace per connettere le persone alle piante, ai temi della biodiversità e della conservazione».

Gli autori dello studio hanno documentato diversi esempi positivi di collaborazione tra giardini botanici, istituzioni accademiche, organizzazioni di ricerca e no-profit che permettono di coinvolgere, informare e sensibilizzare la popolazione sul problema della perdita di biodiversità vegetale. I circa 3.500 giardini botanici sparsi per il mondo, che ospitano ogni anno oltre 250 milioni di visitatori, in molti casi lavorano per aumentare la consapevolezza su questi temi, con particolare riferimento alla sicurezza alimentare e alla biodiversità agricola, nonché ai temi di genetica delle piante e come questa possa essere sfruttata in agricoltura, come nel caso del pomodoro selvatico delle Galapagos resistente a malattie e parassiti.

Il ruolo chiave dei giardini botanici e della collaborazione

Sono proprio gli orti botanici a rappresentare il canale primario d’informazione per il pubblico. Con iniziative diverse e a volte con progetti che coinvolgono le comunità locali, i giardini botanici, le banche dei semi e le varie organizzazioni che lavorano con le piante si stanno unendo per contrastare la cecità alle piante, preoccupate tanto dalla perdita di queste ultime quanto dalla mancanza di consapevolezza da parte dei cittadini.

Gli esempi documentati dagli autori dell’articolo, provenienti da regioni del mondo culturalmente e geograficamente molto diverse tra loro, dimostrano che gli sforzi per aumentare la comprensione delle persone sul cibo e sull’agricoltura possono essere largamente applicati. Per questo, scrivono gli autori, giardini botanici, istituzioni accademiche, organizzazioni di ricerca e no-profit dovrebbero aumentare l’impegno per aiutare il pubblico ad avere una chiara consapevolezza dell’importanza critica delle piante.

A richiamare l’attenzione sull’importanza del coinvolgimento dei cittadini sulle piante è anche la Dichiarazione di Shenzen sulle Scienze delle Piante, che la pone tra le priorità. Come commenta Sarada Krishnan, co-autrice dello studio e direttrice dell’Horticulture and Center Initiatives dei giardini botanici di Denver, «Senza le piante non ci sarebbe la vita. Dobbiamo riscrivere le narrative che le riguardano, così da portare le piante all’attenzione pubblica».


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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.