Foto: Mediterraneo, mare di plastica
Qual è la gestione della plastica da parte dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo e cosa possiamo fare noi, nel nostro piccolo, per produrre meno rifiuti?
Il problema dell’inquinamento da plastica del Mediterraneo è ormai tristemente noto: ogni anno 570 mila tonnellate di plastica finiscono in questo mare. Per rendere meglio l’idea, è come se ogni minuto 33.800 bottigliette di plastica venissero lanciate in acqua. Nonostante l’attenzione verso questo problema sia aumentata negli ultimi anni, si stima che l’inquinamento in quest’area potrebbe quadruplicarsi entro il 2050. Ma qual è la gestione della plastica da parte dei paesi che si affacciano sul Mare Nostrum?
Il WWF fa il punto sulla situazione nel recente report “Fermiamo l’inquinamento da Plastica: come i Paesi del Mediterraneo possono salvare il proprio mare”. Da questo documento emerge un sistema di gestione della plastica inefficiente, costoso e inquinante; il quadro è tristemente simile a quello della pesca. E la responsabilità è un po’ di tutti: dei produttori, dei consumatori e delle autorità pubbliche.
L’Italia si trova tra l’incudine e il martello. Se da un lato soffre pesantemente per l’impatto dell’inquinamento di questo materiale che mina in modo significativo la sua Blue Economy, dall’altro è il maggiore produttore di manufatti di plastica della regione mediterranea e il secondo più grande produttore di rifiuti plastici. Nel report si legge che l’inquinamento da plastica fa perdere all’Italia ogni anno 67 milioni di euro; i settori più colpiti sono proprio il turismo (30,3 milioni di euro), il commercio marittimo (28,4 milioni di euro), la pesca (8,7 milioni di euro) e bonifiche e pulizia (16,6 milioni di euro).
In un comunicato, la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi ha dichiarato che “Il meccanismo di gestione della plastica è decisamente guasto: i paesi del Mediterraneo ancora non riescono a raccogliere tutti i propri rifiuti e sono lontani dal trattarli con una modalità efficiente di economia circolare. Il cortocircuito sta nel fatto che il costo della plastica è estremamente basso mentre quello di gestione dei rifiuti e dell’inquinamento ricade quasi totalmente sulla collettività e sulla natura.
Dall’altro lato, perché facciano passi in avanti, il sistema di riciclo dei rifiuti plastici è ancora troppo costoso. Tutti i Paesi dovrebbero rivedere la catena del ciclo di vita della plastica, ridurre drasticamente la produzione e il consumo di plastica e investire seriamente in sistemi innovativi di riciclo e riutilizzo, in cui la plastica non venga sprecata. L’unica rotta possibile per contrastare con efficacia l’inquinamento da plastica dal Mediterraneo è questa”.
Tante sono le iniziative che mirano ad aumentare la consapevolezza sui danni dell’inquinamento da plastica e a mobilitare cittadini e turisti in modo che adottino comportamenti più responsabili. Tra queste: i clean-up o pulizie di coste e città che si affacciano sul mare realizzati in sinergia tra associazioni locali, cittadini e istituzioni cittadine. E poi la spedizione WWF Blue Panda che da luglio a novembre andrà in Francia, Italia, Turchia, Tunisia e Marocco.
Cosa possiamo fare noi nel nostro piccolo? Molto: comprare alimenti sfusi quando possiamo scegliere e riutilizzare i contenitori ogni volta che è possibile, ad esempio acquistando i detersivi per la pulizia di casa e i prodotti per l’igiene personale alla spina. Online si trovano facilmente risorse che aiutano a orientarci in questo senso, come portali che raccolgono – per regione o per città – gli esercizi commerciali che consentono di fare la spesa portando da casa le proprie borse, o quelli che vendono prodotti sfusi (alimentari, igiene…). Con un piccolo sforzo in più si può cambiare il proprio stile di vita e ridurre drasticamente il proprio contributo nel continuo acquisto di plastica.
Altri spunti, anche da parte del WWF, li trovate nell’infografica della gallery.
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