Senza confini. Le straordinarie storie degli animali migratori
Viaggi attraverso gli oceani, con balene e tartarughe, via terra, insieme ad antilocapre, gnu e zebre, o in volo, con farfalle, libellule, uccelli. Nel libro di Francesca Buoninconti il racconto delle migrazioni animali.
Si dice spesso che leggere è un modo di viaggiare senza doversi allontanare da casa. E sono davvero dei grandi viaggi quelli in cui ci s’imbarca con Senza confini. Le straordinarie storie degli animali migratori della giornalista scientifica Francesca Buoninconti (Codice Edizioni 2019, 204 pagine, 18 €). Sono viaggi attraverso gli oceani, in compagnia di balene, tonni e tartarughe; sono viaggi via terra per seguire le antilocapre americane, i caribù di Porcupine, gli gnu e le zebre africani. Sono infine i viaggi in volo, sulla scia di farfalle, libellule, pipistrelli e uccelli, dai piccoli culbianchi alle maestose cicogne.
Spinte dalla necessità di trovare le condizioni ideali per riprodursi, evitando le condizioni estreme, innumerevoli specie intraprendono ciclicamente viaggi lunghi e pericolosi seguendo gli stessi percorsi delle generazioni precedenti. Così ad esempio la cannaiola verdognola (Acrocephalus palustris), un passeriforme di pochi grammi, spende nove mesi all’anno in viaggio tra le zone paludose dell’Europa, dove si riproduce, e il Sud dell’Africa, dove trascorre l’inverno, percorrendo fino a 25.000 chilometri. Un percorso all’incirca della stessa lunghezza di quello compiuto dalle megattere, nelle loro rotte avanti e indietro dalle regioni tropicali e subtropicali, dove si accoppiano e riproducono, alle regioni polari, siti di alimentazione che nel periodo estivo consentono a questi cetacei ricche scorpacciate di krill e piccoli pesci.
Ma non tutte le migrazioni richiedono di affrontare percorsi così lunghi. Gli anfibi come le salamandre e i tritoni si spostano di poche centinaia di metri per raggiungere il luogo della riproduzione; un po’ più lungo può essere il viaggio dei rospi comuni (Bufo bufo), che in estate, subito dopo la riproduzione, si allontana anche di qualche chilometro per cercare un’area in cui la vegetazione consenta di mantenere un adeguato tasso di umidità. Poi, per l’autunno, eccolo riavvicinarsi al sito di riproduzione, in prossimità del quale passeranno l’inverno.
Conoscere la rotta
Non è noto esattamente quando abbiano avuto origine le migrazioni: molto probabilmente rappresentano un fenomeno che si è evoluto gradualmente, nel quale alcune popolazioni di animali avrebbero cominciato a spostarsi, spinti da ragioni alimentari o climatiche. Di più sappiamo sul come queste avvengano, o meglio, su come gli animali possano ripercorrere sempre le stesse tratte senza avere a disposizione gli strumenti umani. Le specie migratrici riconoscono il luogo dove sono nate e in cui tornano per riprodursi, perché ne hanno memorizzato elementi caratteristici che vanno da quelli visivi alla sua posizione del campo magnetico terrestre.
Gli stessi elementi, insieme al Sole e alle altre stelle, sono utilizzati per orientarsi durante il viaggio. La rotta giusta da seguire può essere determinata geneticamente o appresa durante la prima migrazione. Buoninconti racconta ad esempio l’esperimento che l’ornitologo Albert Christiaan Perdeck condusse sugli storni (Sturnus vulgaris) per capire se la rotta della loro migrazione fosse innata. Questi uccelli si riproducono nell’Europa Nord-orientale e passano l’inverno nell’Europa Nord-occidentale: ma cosa avviene se li si fa partire da un luogo diverso da quello in cui si sono riprodotti? Perdeck inanellò 11.000 storni in Olanda e li liberò in Svizzera, per capire se fossero in grado di correggere la rotta o se la loro “bussola innata” li avrebbe fatti dirigere comunque verso Ovest-Sud-Ovest, come se si trovassero ancora in Olanda.
Dal suo esperimento, pubblicato nel 1958, risultò che gli adulti, che avevano già conosciuto i luoghi di svernamento, erano in grado di correggere la rotta di volo per tornarvi. I più giovani, invece, seguirono una rotta innata e finirono in Spagna. E lì trascorsero le successive stagioni di svernamento, creando una nuova popolazione, mentre si dimostrarono in grado di attuare una vera navigazione per raggiungere l’areale riproduttivo in cui erano nati.
Percorsi secolari e cambiamenti climatici
E per capire quando è ora di partire, le diverse specie possono basarsi sull’andamento della temperatura, sulle ore di luce, sull’arrivo delle piogge e una serie di altri fattori. Ma cosa avviene se questi fattori sono alterati? Nel corso dell’intero libro, Buoninconti descrive i fattori di origine antropica che entrano in gioco nel disturbare i viaggi di cui racconta. L’ultimo capitolo è dedicato interamente all’influenza dei cambiamenti climatici sulle migrazioni. Ad esempio, molti uccelli hanno anticipato, nel corso degli anni, il loro arrivo ai siti di riproduzione, per poter sfruttare appieno il picco di risorse alimentari anche se la primavera è anticipata.
Ciò può implicare però un volo più rapido, riducendo le soste e rischiando di più, e senza la garanzia di arrivare in tempo. Il riscaldamento globale influenza anche le covate delle tartarughe marine, per le quali il sesso del nascituro dipende dalla temperatura, e la possibilità di reperire cibo, come avviene ad esempio per la disponibilità di licheni, alimento fondamentale per il caribù, soprattutto quando deve fare scorte energetiche per affrontare la migrazione riproduttiva. Mentre la perdita di ghiaccio in Antartide costringe i pinguini (nello specifico, il pinguino di Adelia e il pinguino imperatore) a spostarsi sempre più a Sud.
In Senza confini, quindi, non si parla solo di dove gli animali vanno, ma anche di dove potranno andare. E alla fine della lettura, che ci porta davvero a esplorare il globo volando con le farfalle monarca o marciando con gli gnu – complice anche una scrittura meravigliosamente descrittiva degli ambienti abitati dalle diverse specie – ci ritroviamo a chiederci anche dove vorremmo andare noi.
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