Lo stress post-traumatico delle cince
Uccellini stressati e nuovi modi di intendere il disturbo da stress post-traumatico
Le cince, i graziosi uccellini passeriformi, possono fornire nuovi spunti per comprendere le ragioni profonde dell’insorgere negli esseri umani del disturbo da stress post-traumatico (PTSD), una sofferenza mentale che si sviluppa a seguito di esperienze negative molto intense. Lo spavento provocato dai predatori, infatti, lascia tracce ben riconoscibili e durature nei circuiti neurali degli uccelli, paragonabili a quelle che si riscontrano nelle persone affette da PTSD. È questa la conclusione di uno studio dei ricercatori della , coordinati da Liana Zanette, pubblicato sulle pagine di Scientific Reports (Nature). La ricerca offre un prezioso contributo per considerare il disturbo da stress post-traumatico come una risposta naturale a un trauma e non più come una disfunzione.
Oltre la lotta, oltre alla fuga
La reazione di “attacco o fuga” è una reazione fisiologica provocata da un evento percepito come pericoloso. Il lavoro dell’equipe di ricerca della Western University ha dimostrato sperimentalmente che gli effetti dell’esposizione dei predatori sul circuito neurale della paura negli animali selvatici persistono ben oltre il periodo dell’immediata reazione di “attacco o fuga”. I ricercatori hanno condotto lo studio presso la Advanced Facility for Avian Research, la struttura in seno all’università utilizzata per svolgere ricerche interdisciplinari sulla psicologia, la neurobiologia e il comportamento dei volatili. Per due giorni Zanette e colleghi hanno esposto alcuni esemplari di cincia americana (Poecile atricapillus) alle registrazioni dei suoni caratteristici sia di animali predatori che di animali innocui. Nei sette giorni successivi, le cince che erano state spaventate di proposito mostravano una reazione totalmente esagerata di fronte a un segnale di pericolo, rimanendo in uno stato di immobilità e di vigilanza per una tempo 6 volte maggiore rispetto agli esemplari che non erano stati “traumatizzati”. Inoltre i ricercatori hanno trovato le tracce di una attivazione neuronale indicativa (sia nell’amigdala che nell’ippocampo) in tutte le cince protagoniste dell’esperimento.
È normale essere traumatizzati come una cincia?
Pare proprio di sì. I risultati del team canadese rafforzano l’idea che il disturbo da stress post-traumatico non sia un comportamento disfunzionale ma che, anzi, sia un normale adattamento. Avere una fervida memoria di una minaccia o di un pericolo è senza dubbio un vantaggio. È possibile che lo stress post-traumatico sia il prezzo da pagare per usufruire di questo privilegio. Una condizione di ipervigilanza, una minore propensione ad avventurarsi alla ricerca di cibo e una riduzione delle possibilità di accoppiamento sono ciò che le cince americane danno in cambio di questa memoria duratura.
Cince americane come soldati in Vietnam
Tutti noi animali siamo esposti al pericolo e da sempre viviamo esperienze traumatiche che ci segnano. Descrizioni e accenni alle conseguenze di un evento si ritrovano in molte testimonianze del passato. Tuttavia è con il rientro in patria del personale statunitense impiegato durante la Guerra del Vietnam che il disagio mentale derivato da un avvenimento particolarmente negativo inizia a essere studiato nel profondo.
I risultati ottenuti dagli scienziati aprono nuove possibilità all’individuazione di un modello che permetta di comprendere i meccanismi profondi del PTSD. Come gli studi pionieristici sui reduci del Vietnam, le cince americane potrebbero dare il via a nuove ricerche interdisciplinari per esplorare il ruolo della paura sia per noi stessi che per gli altri animali.
«Lo studio è decisamente interessante per capire sempre più gli effetti sia a medio che a lungo termine di un trauma, sia negli animali che negli esseri umani. Basti pensare allo stress provocato negli animali da eventi sportivi o concerti. Allo stesso modo, la ricerca offre un contributo per chiunque si occupi del benessere sia degli animali domestici che da allevamento. Infine, questo lavoro si inserisce bene nel filone di ricerca interdisciplinare che mira a comprendere ciò che succede nel cervello delle persone colpite da disturbo da stress post-traumatico» è il commento di Margherita Bandini, etologa e naturalista.
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