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Autopsia di una nana bianca per trovare esopianeti simili alla Terra

Un nuovo metodo permette di determinare la geochimica di un esopianeta dall'analisi dell'atmosfera della sua stella nana bianca.

I pianeti simili alla Terra potrebbero essere molto più comuni di quello che pensiamo nell’universo. Un nuovo metodo sviluppato dai ricercatori della UCLA guidati da Alexandra Doyle ha permesso di studiare per la prima volta la geochimica di un corpo roccioso in un altro sistema stellare facendo delle “autopsie” alle nane bianche, stelle al termine del loro ciclo vitale.

Gli scienziati si aspettano che l’atmosfera di una nana bianca sia composta solo da elementi più leggeri, come elio e idrogeno. Con loro grande sorpresa, però, i ricercatori della UCLA hanno osservato la presenza di elementi più pesanti, come silicio, carbonio e ossigeno. Un’atmosfera “inquinata” dall’impatto di asteroidi e frammenti di corpi rocciosi.

Analizzando i livelli di ossidazione delle rocce di esopianeti e asteroidi inghiottiti dalle loro nane bianche, i ricercatori sono stati in grado di determinare per le caratteristiche fisico-chimiche dei corpi celesti, scoprendo una incredibile somiglianza a quelli di pianeti del nostro sistema solare come la Terra e Marte.

I risultati dello studio pubblicato sulla rivista Science apre così alla caccia ai pianeti simili al nostro, come sottolineato dal co-autore dello studio pubblicato sulla rivista Science e professore di geochimica e cosmochimica della UCLA, Edward Young: “L’ossidazione delle rocce nel nostro sistema solare ha sempre rappresentato un mistero, ma non ci aspettavamo che questo effetto potesse essere osservato anche in altri sistemi stellari. I nostri risultati ci dicono di sì e ci fanno ben sperare per la scoperta di esopianeti simili al nostro nell’universo”.

Pionieri della geochimica degli esopianeti

A oggi non esistono metodi che permettano di determinare la geochimica e geofisica di un esopianeta roccioso. Una lacuna che il metodo messo a punto dalla Doyle e colleghi potrebbe colmare. Il co-autore dello studio Young ha spiegato: “La scoperta aumenta la probabilità che molti pianeti rocciosi siano simili alla Terra, e c’è un grande numero di pianeti rocciosi nell’universo. Stiamo studiando la geochimica delle rocce da altre stelle, che è qualcosa di mai fatto prima”.

Determinare la composizione chimica di un esopianeta in un altro sistema stellare non è affatto semplice. Per questo motivo Hilke Schlichting, co-autore dello studio e professore associato di astrofisica della UCLA, sottolinea come il metodo utilizzato dalla Doyle li renda pionieri nel campo.

Dalle nane bianche alla composizione di un pianeta roccioso

Le nane bianche sono i resti di stelle ormai morte, che hanno “inghiottito” i pianeti e gli asteroidi del loro sistema solare. Di esse rimane solo un nucleo denso che esercita una forte attrazione gravitazionale, in grado di far affondare nell’interno gli elementi chimici più pesanti come ossigeno, carbonio e azoto.

Osservare questi elementi, quindi, è impossibile per i nostri telescopi. La Doyle però si è concentrata su sei nane bianche, che si trovano tra i 200 e i 665 anni luce dalla Terra, e ne ha eseguito l’analisi dello spettro luminoso osservato da molti telescopi, tra cui quelli del W.M. Keck Observatory situato alle Hawaii, negli Stati uniti.

I ricercatori hanno studiato i sei elementi più comuni nelle rocce: ferro, ossigeno, silicio, magnesio, calcio e alluminio. Lo studio è basato su analisi matematiche e simulazioni, dato che una osservazione diretta delle rocce per un confronto non è al momento possibile. La Doyle ha spiegato: “Siamo in grado di determinare la geochimica di queste rocce matematicamente e di comparare i nostri calcoli con le rocce che abbiamo sulla Terra e su Marte. Comprendere le rocce è cruciale perché rivelano la geochimica e geofisica di un pianeta”.

Studiandone le atmosfere, ha scoperto la presenza di elementi pesanti, indicazione del fatto che la stella avesse inglobato anche asteroidi e pianeti che le orbitavano intorno: “Osservare una nana bianca è come fare un’autopsia al suo contenuto e scoprire cosa ha ingoiato nel suo sistema stellare. Analizzando lo spettro di una nana bianca, mi sarei aspettata di vedere elio e idrogeno nello spettro. Nei dati però ho trovato anche silicio, magnesio, carbonio e l’ossigeno. Tutti elementi che sono stati portati in essa da altri corpi celesti che le orbitavano intorno”.

Ossidazione del ferro per trovare gemelli della Terra

Il professor Young ha sottolineato che nello studio è molto importante la valutazione dei processi di ossidazione degli elementi, tra cui il ferro: “Questo processo può essere osservato in tutti i metalli che si arrugginiscono. L’ossigeno ruba elettroni dal ferro, producendo ossido di ferro. Noi abbiamo misurato l’ammontare di ferro che è stato ossidato nelle rocce che hanno colpito la nana bianca e di quanto il metallo fosse arrugginito”.

Il processo di ossidazione per un pianeta roccioso porta così importanti informazioni sulla sua atmosfera, sul nucleo e sul tipo di rocce che si formano in superficie, come spiega Young: “Sappiamo che la chimica che avviene sulla superficie terrestre può in definitiva essere ricondotta ai processi di ossidazione del pianeta. Il fatto che il nostro pianeta sia ricoperto dagli oceani e che vi sono stati tutti gli ingredienti necessari alla nascita della vita può essere ricondotto proprio a quel processo”.

I risultati hanno mostrato che i livelli di ossidazione delle rocce inghiottite dalle nane bianche erano molto alti, ma soprattutto simili a quelli dei pianeti del nostro sistema solare come la Terra e Marte, sottolinea la Doyle: “In termini di ossidazione del ferro, le rocce degli esopianeti sono molto simili a quelle terrestri o marziane. Abbiamo scoperto che le rocce sono “rocce” ovunque, con similarità sia geofisiche che geochimiche”.

Per Schlichting quindi, se le rocce lo sono ovunque, si potrebbe assumere che anche per gli esopianeti valgono le stesse caratteristiche geofisiche terrestri, come la tettonica delle placche: “Se le rocce extraterrestri hanno una quantità di ossidazione simile a quella terrestre, potremmo concludere che i pianeti hanno sistemi di placche tettoniche simili, ma anche simili potenziali per i campi magnetici, cioè uno degli ingredienti chiave per la nascita della vita sul pianeta. Lo studio rappresenta un importante passo avanti per dare nuove indicazioni sugli esopianeti e indica che è molto probabile che esistano gemelli della Terra in altri sistemi stellari”.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine:Credit: University of California, Los Angeles/Mark A. Garlick/markgarlick.com

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.