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La demenza, un’emergenza globale

Nel 2018 i casi di demenza sono stati in tutto il mondo più di 50 milioni. Dieci milioni di nuovi malati ogni anno, uno ogni tre secondi. La cifra potrebbe raggiungere gli 82 milioni nel 2030 e i 152 milioni nel 2050, si legge nel World Alzheimer Report. “Una priorità mondiale di salute pubblica” secondo l’OMS e ADI (Alzheimer’s Disease International).

Tra le diverse malattie che rientrano nella definizione di demenza, la più diffusa è la malattia di Alzheimer, che rappresenta il 60-70% dei casi. Altre forme comuni sono la demenza nella malattia di Parkinson, la demenza vascolare, la demenza da corpi di Lewy e la demenza frontotemporale, caratterizzata da alterazioni dei lobi cerebrali frontale e temporale. I confini tra le diverse forme non sono sempre netti e gli studi dei tessuti cerebrali hanno dimostrato che  le malattie possono coesistere.

Si stima che il 5-8% della popolazione di età superiore ai sessant’anni soffra di qualche forma della malattia. Tra gli ultraottantenni la demenza riguarda una persona su cinque. L’età è il fattore di rischio principale ma il disturbo non colpisce esclusivamente gli anziani. Circa il 9% dei casi interessa infatti persone di età inferiore ai 65 anni. Negli Stati Uniti la malattia di Alzheimer uccide più persone del cancro al seno e alla prostata. In Italia secondo l’indagine ISTAT sulle cause di morte negli anni 2003-2014, le demenze sono al sesto posto per numero di decessi (26.600).

Gli studi epidemiologici condotti in paesi ad alto reddito sembrano evidenziare una diminuzione del tasso di incidenza, cioè della frequenza con cui compaiono nuovi casi. Alcuni fattori che potrebbero contribuire a questo calo sono un maggior livello di istruzione e un migliore trattamento dei fattori di rischio cardiovascolare. Secondo l’ipotesi della “riserva cognitiva”, infatti, un livello di scolarità più alto faciliterebbe lo sviluppo di circuiti neuronali che proteggono dal danno vascolare e infiammatorio, e quindi dalla demenza. Mantenersi mentalmente attivi e assumere farmaci per controllare il colesterolo incidono quindi in modo positivo sulla diffusione della malattia. A livello globale, però, l’aumento di patologie croniche come l’obesità e il diabete potrebbe compensare o addirittura invertire questo trend.

Inoltre, se l’incidenza sta diminuendo, la stessa cosa non si può dire della prevalenza, cioè la percentuale di malati sul totale della popolazione. In altre parole, tra le persone a rischio una percentuale minore di persone sviluppa la malattia, ma poiché il numero di persone anziane continua a salire, aumenta anche il numero di casi. Nel nostro paese le stime parlano di circa un milione di persone affette da demenza, con circa 600.000 casi di Alzheimer. Ma questi numeri sono destinati ad aumentare. Secondo i dati ISTAT del 2019, quasi il 23% della popolazione, per un totale di 13,8 milioni di persone, ha superato i 65 anni di età. Gli ultraottantenni sono più di 4 milioni.

A livello mondiale il quadro è complicato dalla situazione nei paesi a basso e medio reddito, dove il numero di malati sta crescendo rapidamente. Qui le stime di prevalenza, cioè il numero di persone con la malattia, aumentano man mano che migliora la capacità di identificare e diagnosticare il disturbo. Queste statistiche sono oggetto degli studi condotti dal 10/66 Dementia Research Group, che comprende più di 30 gruppi ricerca in 20 paesi in America Latina, Caraibi, India, Russa, Cina e sud-est asiatico. Il nome deriva dal fatto che quando è stato creato il 66% delle persone malate si trovava in paesi a basso e medio reddito ma solo il 10% della ricerca globale si concentrava in queste aree del mondo.

Si stima che entro il 2050 la percentuale di malati in questi paesi potrebbe raggiungere il 71-72% del totale. Tuttavia, come spiega Martin Prince – professore di Epidemiologia Psichiatrica al King’s College di Londra – la percentuale di ricerca dedicata a questi paesi è già salita al 50%. Non in termini di ricerca generale ma di sviluppo di modelli per fornire assistenza sanitaria e supporto sociale. Insieme a questa buona notizia, si deve però considerare che lo stile di vita che si sta diffondendo anche in questi paesi potrebbe avere delle conseguenze negative. Il consumo di cibo spazzatura, il fumo, l’aumento di obesità e diabete rappresentano, infatti, dei fattori di rischio per la malattia.

Le demenze sono la principale causa di disabilità tra gli anziani, con importanti conseguenze economiche. Diversi studi europei calcolano che i costi annuali diretti per ciascun paziente siano compresi tra 9.000 e 16.000 euro, in base allo stadio della malattia. In Italia le stime dei costi socio-sanitari delle demenze sono di circa 10-12 miliardi di euro ogni anno. Di questi, 6 miliardi sono dedicati ai malati di Alzheimer.

Il World Alzheimer Report parla di una spesa globale di un trilione di dollari per il 2018, destinati a raddoppiare nel 2030. Questa cifra comprende anche una stima del costo per l’assistenza “informale”, cioè quella delle persone che si trovano ad accudire, anche per 24 ore al giorno, i propri genitori, mogli o mariti. A livello globale si parla di 82 miliardi di ore di assistenza informale, il 72% delle quali a carico dalle donne. In Italia sono circa tre 3 milioni le persone coinvolte direttamente o indirettamente nell’assistenza dei loro cari.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Francesca Camilli
Comunicatrice della scienza e giornalista pubblicista. Ho una laurea in biotecnologie mediche e un master in giornalismo scientifico.