LIBRI – Le grandi epidemie. Come difendersi
Barbara Gallavotti ripercorre le principali epidemie che hanno scosso il nostro pianeta, per inquadrarne i numeri e capire meglio in che modo ha senso parlare di rischio.
L’epidemia di Coronavirus 2019-nCov che stiamo vivendo in queste settimane ci sta mostrando una volta di più quanto sia importante inquadrare il rischio e le dinamiche che sottendono la paura di un contagio.
“Ogni quesito complesso ha una risposta semplice, ma quasi sempre è sbagliata” titola uno dei capitoli del bel libro Le Grandi Epidemie. Come difendersi (Donzelli) di Barbara Gallavotti, giornalista scientifica, da oltre vent’anni autrice di programmi televisivi fra cui SuperQuark.
Non è facile nemmeno fare le domande giuste, se non si conoscono i meccanismi alla base della nascita e della diffusione di virus e batteri, e Gallavotti sa chiarire anche gli aspetti più complessi per non addetti ai lavori (per esempio le differenze fra i vari ceppi influenzali a seconda dello molecole che li compongono), in maniera estremamente semplice e incisiva. Per spiegare perché un ceppo influenzale muta di anno in anno, ad esempio, Gallavotti fa l’esempio dei cani: “immaginiamo che le H1 nel loro insieme siano l’equivalente di ciò che i cani sono nel mondo animale. Diciamo che un anno il sistema immunitario impara a riconoscere i virus accompagnati da una molecola H1 corrispondente a un bassotto. L’anno successivo però il virus si ripresenta portando a spasso un pechinese. In entrambi i casi si trattava di una molecola H1 (cioè diciamo di un cane), ma comprensibilmente il sistema immunitario non riesce a mettere in relazione il primo virus con il secondo, e si lascia cogliere impreparato. E così per tutte le altre H e N.”
Epidemie in numeri
Il libro ripercorre le principali epidemie che hanno scosso il nostro pianeta, per inquadrarne i numeri. Per esempio, l’influenza Spagnola si stima abbia provocato in tutto il mondo dai 50 ai 100 milioni di morti tra il 1918 e il 1919. Ma non si tratta solo di influenza: nel corso del Novecento, prima di essere definitivamente sconfitto nel 1980, il vaiolo ha causato 300-500 milioni di vittime, circa tre volte più che tutti i sanguinosissimi conflitti di quel secolo.
“I numeri del passato sono impressionanti: milioni di milioni di morti. La storia è un susseguirsi di epidemie che hanno falciato intere popolazioni.” scrive nella prefazione nientemeno che Piero Angela. Questa discussione ci aiuta a capire molte cose sulla fase di «revisionismo» della storia delle malattie che stiamo attraversando e, prima di tutto, ci aiuta a capire cosa è effettivamente «presuntuoso»: l’atteggiamento di chi cita dati scientifici o quello di chi pensa che la propria esperienza personale sia generalizzabile e valga più degli studi di molte persone?
“Ancora pochi decenni fa – scrive Gallavotti – non ci saremmo posti il problema. Ciascuno avrebbe potuto citare una lista di persone direttamente o indirettamente conosciute, vittime di malattie oggi evitabili con un vaccino. E l’esperienza individuale avrebbe coinciso, nella sostanza, con i dati scientifici. Oggi per fortuna non è più così, quindi è divenuto necessario raccontare come funziona l’epidemiologia”.
Certo: ancora oggi le epidemie continuano a uccidere. Si calcola che dal 1981 il virus dell’HIV abbia infettato oltre 77 milioni di persone, portandone alla morte circa la metà. E la malaria provoca ancora centinaia di migliaia di vittime all’anno.
Per non parlare del morbillo: nel 1970 si calcola che il virus abbia infettato 130 milioni di persone in tutto il mondo, uccidendone otto milioni. E in Italia, prima delle campagne di vaccinazione iniziate nel 1976, si contavano fra i 100000 e i 180000 casi all’anno e morivano in media oltre 200 bambini l’anno.
Influenza: un capitolo a parte
“Una «normale» influenza colpisce ogni anno decine e decine di milioni di persone in tutto il mondo, causando dai 290000 ai 650000 morti, soprattutto per complicazioni respiratorie ma anche perché porta a un aumento del rischio di complicazioni cardiache come l’infarto.
Secondo alcune stime, una pandemia influenzale fuori controllo analoga a quella del 1918 oggi potrebbe arrivare a provocare anche 147 milioni di morti, considerando l’aumento della popolazione globale. Ma per fortuna, in 100 anni, la gestione delle epidemie, così come l’igiene, fondamentale per la prevenzione, sono radicalmente cambiate. “Nel mondo esistono 100 centri nazionali, distribuiti in altrettanti paesi che per tutto l’anno esercitano una funzione di sorveglianza, tenendo sotto controllo i virus influenzali che circolano sul territorio. I casi degni di nota vengono segnalati a cinque centri dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), localizzati a Londra, Atlanta, Melbourne, Tokyo e Pechino. Due volte all’anno i direttori dei centri si riuniscono in una consultazione organizzata dall’Oms e in base ai dati disponibili ipotizzano quali saranno le varianti”.
Insomma, quello di Barbara Gallavotti è un libro agile ma completo, che in queste settimane più che mai ci può tornare utile per capire la differenza fra avere paura e essere attenti.
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