SPAZIO

Tre affascinanti notizie che arrivano dallo spazio

Cosa succede nel mondo della ricerca oltre al coronavirus? Ecco tre notizie di astronomia uscite nell'ultimo mese.

Il mese di marzo è stato segnato dal dilagare in Italia e nel mondo della pandemia di Covid-19, che anche OggiScienza ha seguito con molti articoli di approfondimento (per esempio qui e qui). A differenza dei mesi precedenti, abbiamo quindi deciso di utilizzare la rubrica “Whaaat” in modo leggermente diverso, non cercando le ricerche più strane, ma di presentarvi una rassegna di tre notizie astronomiche particolarmente affascinanti uscite negli ultimi trenta giorni.

A caccia di stelle “pop-III”

Il nostro viaggio spaziale inizia mettendo nel mirino la costellazione di Eridano, come hanno fatto alcuni astronomi dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. Puntando lì VLT, il Very Large Telescope dell’ESA, i ricercatori hanno individuato 12 stelle con caratteristiche mai osservate prima e soltanto ipotizzate su un piano teorico. Queste stelle potrebbero infatti appartenere alla “pop-III” – popolazione III – ovvero un gruppo di stelle ancestrali, le primissime nate nell’universo. Sull’esistenza e l’evoluzione di questo tipo di astri gli astronomi dibattono da anni. Il contributo dei ricercatori dell’INAF, guidati da Eros Vanzella e Massimo Meneghetti, se confermato, potrebbe dare una svolta senza precedenti. Ma che serve per riconoscere una stella “pop-III”? Innanzitutto, i ricercatori hanno puntato VLT verso una potente lente gravitazionale che ha reso possibile osservare dei segnali luminosi di corpi stellari immensi ma lontanissimi, che perciò arrivano a noi molto indeboliti. L’analisi chimica delle stelle individuate grazie alla lente ha rivelato che su quegli astri erano presenti soprattutto idrogeno, elio e litio. Questi elementi sono proprio gli elementi attesi nella popolazione di stelle più antica e “pura”, vicina al big bang e agli elementi che ha generato, cioè idrogeno, elio e litio.

La Terra accoglie una seconda Luna

Rimaniamo nello spazio ma torniamo più vicini a noi e al nostro pianeta. A fine febbraio uno studio del Catalina Sky Survey ha rivelato che intorno alla Terra orbita una seconda Luna. Una Luna che non vediamo e che non ha effetti visibili, come le maree causate dalla sua “sorella maggiore”. Quello scoperto è un satellite più piccolo e anche decisamente più discreto di quello che siamo abituati ad ammirare. Si tratterebbe di un corpo celeste rimasto “intrappolato” nella gravità terrestre da almeno due-tre anni. Gli astronomi che ne hanno studiato e tracciato l’orbita hanno subito messo in chiaro che questo legame non sarà affatto duraturo. Questi corpi celesti – tra cui molti asteroidi – si trovano a transitare vicino alla Terra e questa prossimità finisce per “catturarli” nell’orbita del nostro pianeta, come accaduto proprio a 2020 CD3, la nostra attuale seconda Luna. Al tempo stesso, però, questi satelliti sono solo provvisori, perché finiscono anche per liberarsi della Terra con grande facilità, come già accaduto in passato a un’altra seconda luna temporanea trovata nel 2006 e “scappata” meno di un anno dopo. 

Siamo dentro a una bolla?

Il nostro pianeta, il nostro sistema planetario, la nostra galassia e tutte quelle più vicine a noi potrebbero essere incluse in una gigantesca bolla intergalattica a bassa densità. L’ipotesi è avanzata da un paper, annunciato in pubblicazione ad aprile su Physics Letter B ma anticipato su Live Science, che cerca di dare una risposta a una delle frontiere più affascinanti della fisica teorica e della cosmologia. Il nostro universo infatti sarebbe in espansione, ma i fisici non riescono a mettersi d’accordo sulla velocità di questa espansione. Il motivo del contendere ruota intorno alla costante di Hubble, un parametro determinante per calcolare l’età dell’Universo e la distanza fra le galassie. Tuttavia, a seconda delle misurazioni svolte, questa costante assume valori diversi. In particolare, i conti non tornano se ci si confronta con le misurazioni associate alla radiazione cosmica di fondo, che differiscono non di poco dalle misurazioni fatte osservando la comparsa di supernove. Se i conti non tornano il problema potrebbe quindi essere teorico. Ecco che, per provare a far tornare i conti, i fisici dell’Università di Ginevra hanno avanzato un’ipotesi teorica nuova, che considera la nostra galassia come facente parte di una vera e propria “bolla” intergalattica, dove la densità della materia potrebbe avere valori inferiori rispetto al resto dell’universo. Se questo fosse vero, quindi, questa differenza di densità potrebbe essere alla base dei risultati “sballati” della costante di Hubble.  


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: Pixabay

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Enrico Bergianti
Giornalista pubblicista. Scrive di scienza, sport e serie televisive. Adora l'estate e la bicicletta.