La dinamica dell’attesa
Gli studi lo hanno già mostrato in passato: psicologia e benessere mentale sono aspetti chiave in quarantena e non vanno sottovalutati.
Viviamo sospesi, in quarantena, da più di un mese. Tocchiamo con mano la lentezza di giorni tutti uguali scanditi dal lavoro full-remote, dalle interruzioni per i pasti, dall’attesa ingannata dagli hobby del momento. Facciamo i conti con l’incertezza, sperimentiamo tutto il peso semantico dell’abusata “resilienza”, la paura del contagio, le difficoltà degli equilibri domestici, la convivenza forzata, voluta o dovuta. Ci interfacciamo con la precarietà dell’amore. Se apparteniamo alla schiera di medici, infermieri, personale sanitario in prima linea, ci confrontiamo ogni giorno con l’emergenza, la mancanza di pause, il timore dell’esposizione al virus e del contagio dei propri familiari. In altri casi, dobbiamo fronteggiare la cassa integrazione inaspettata, le ferie forzate o la perdita del lavoro.
I progetti che abbiamo incastrato in questo imprevedibile 2020 restano in attesa. Netflix, Amazon Prime, FB, Twitter, Instagram, TikTok, YouTube: strumenti per ingannare il tempo, ad utilizzo ripetuto e in ordine casuale. C’è chi approfitta di questa pausa dalla vita per rivedere priorità e obiettivi, chi studia o si allena per trovarsi pronto al nuovo ingresso nel mondo, chi cerca strade alternative, chi soffre per le ragioni più disparate, chi vive in bilico, chi già da prima è costretto a fare i conti con fragilità psicologiche, abilità differenti e malattie di diversa natura. Vivere lontani dal mondo e dalla socialità è un’esperienza faticosa, traumatica e complessa sotto molti punti di vista, sebbene ora necessaria.
La quarantena non è un’invenzione recente
Come ricorda lo storico della Georgia University Leslie S. Leighton, in un articolo su The Conversation, già alcuni passi della Bibbia ne riportavano l’uso quale strumento per contenere la lebbra. Allo stesso modo, anche l’Antica Grecia se ne servì per contrastare malattie capaci di diffondersi. Nel Medio Evo fu una pratica frequente, ma fu la peste del XIV secolo ad affermare la forma moderna di quarantena, intesa dapprima come periodo di isolamento di 40 giorni – in precedenza 30 – imposto alle navi prima di attraccare nel porto di Ragusa, oggi Dubrovnik. Nei secoli successivi, si utilizzò per contenere la diffusione di febbre gialla o colera. Poi, nel 1663, a New York, nel tentativo di fermare un focolaio di vaiolo. Qui, nel 1730, le persone in quarantena furono relegate sull’isola di Bedloe – oggi Liberty Island, dove sorge la celebre Statua della Libertà -. Negli anni anni a seguire, fino ai più recenti, la quarantena è stata utilizzata per contenere diverse epidemie, dall’influenza alla SARS, fino all’Ebola.
Come si vive costretti tra le mura domestiche?
Qual è lo stato di salute mentale delle persone in quarantena? Le prime risposte arrivano dalla review realizzata da sette ricercatori del Dipartimento di psicologia medica dell’Università King’s College di Londra e pubblicata lo scorso 26 febbraio sulla rivista scientifica The Lancet. Nella review si analizzano i risultati di 24 studi – selezionati tra 3166 paper individuati sul tema – che hanno come oggetto gli impatti psicologici della quarantena, al fine di esplorare i potenziali effetti sulla salute mentale e sul benessere psicologico delle persone coinvolte. Gli studi sono stati condotti in 10 Paesi differenti (tra gli altri Cina, Taiwan, Canada, Senegal, Australia) e su persone colpite da SARS, Ebola, influenza H1N1, Sindrome respiratoria Mediorientale (MERS) e influenza equina, soggette a periodi di quarantena di durata variabile, dal 2003 in poi.
Tra le ricerche prese in esame, quella condotta nel 2004 su 388 componenti del personale ospedaliero in prima linea nell’emergenza SARS a Taiwan, costretti a un periodo di quarantena di 9 giorni. Lo studio evidenzia come nel personale, al termine dell’isolamento, prevalgano sintomi compatibili con il disturbo da stress acuto e, tra gli altri, esaurimento, ansia, insonnia, irritabilità, riluttanza al lavoro, condotte di evitamento nei riguardi di pazienti febbrili o di situazioni ritenute a rischio e divenute, pertanto, un fattore ansiogeno. Un’indagine successiva, sempre collegata all’epidemia di SARS e pubblicata nel 2009, rivela come la quarantena rappresenti un fattore predittivo dello stress post-traumatico, con sintomi riscontrabili in un campione di 549 dipendenti di un ospedale cinese a tre anni di distanza del periodo di quarantena subito.
Un ulteriore studio del 2013 confronta i sintomi dello stress post-traumatico in genitori e bambini sottoposti a quarantena, rispetto a un campione non vincolato a restrizioni. Dalla ricerca emerge che nei bambini in quarantena i punteggi medi di stress post-traumatico sono 4 volte superiori rispetto a quelli dei bambini non soggetti a limitazioni. Inoltre, il 28% dei genitori messi in quarantena (27 su 98) riporta sintomi tali da giustificare una diagnosi di disturbo mentale correlato al trauma, a fronte del 6% dei genitori non sottoposti a restrizioni (17 su 299).
La review chiarisce, inoltre, il ruolo preponderante dei fattori di stress relativi sia al periodo di quarantena che a quello immediatamente successivo.
In particolare, prende in analisi:
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- durata della quarantena, con sintomi più gravi – stress-post traumatico, rabbia, ansia e condotte di evitamento – riscontrati in persone messe in isolamento per periodi più lunghi;
- paura dell’infezione, correlata alla possibilità di contrarre la malattia o di trasmetterla ai propri familiari;
- frustrazione e noia, connesse all’isolamento sociale e all’impossibilità di svolgere la normale routine quotidiana;
- forniture inadeguate, collegate ad ansia, rabbia e frustrazione, soprattutto in relazione alla mancanza di cibo, vestiario e farmaci. Alcuni studi prendono in esame anche lo stress generato da una comunicazione poco chiara sui livelli di rischio nonché dalla percezione di una mancata trasparenza da parte di Governo e Sanità circa la gravità dell’emergenza.
Tra i fattori di stress post-quarantena:
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- difficoltà finanziarie, dettate per lo più dall’interruzione lavorativa a causa della malattia, senza un’adeguata pianificazione;
- stigmatizzazione, ovvero l’esclusione sociale di coloro che sono stati soggetti a quarantena, per timore del contagio.
I fattori stressogeni individuati sono gli stessi sui quali si può intervenire per mitigare gli effetti della quarantena. Molti punti restano aperti e alcune conoscenze sono ancora parziali. Del resto, gli studi presi in esame sono condotti su persone soggette a periodi di isolamento relativamente brevi rispetto alla quarantena in corso in Italia. Nel complesso, la review indica che gli impatti psicologici della quarantena sono significativi e duraturi, con effetti maggiori e più prolungati in persone appartenenti a fasce di reddito più basse. Pertanto, laddove necessaria, invita a un utilizzo responsabile della quarantena, volto a far sì che l’esperienza sia più tollerabile. Come? Attraverso una comunicazione chiara, trasparente e definita, garantendo forniture alimentari e mediche, e contenendo le difficoltà economiche correlate alla misura restrittiva adottata.
Gestire lo stress e l’ansia in quarantena
Le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità stilate dal portale EpiCentro ci vengono in aiuto, offrendo un ventaglio di consigli e azioni utili per contenere lo stress e le reazioni associate quali spossatezza fisica, tremori, tachicardia, pesantezza mentale, difficoltà a concentrarsi, nervosismo, ansia, paura, panico. In particolare, il sito fornisce indicazioni pratiche e preziose sia per gestire le emozioni in casa, in famiglia e in presenza dei bambini, sia per la gestione dello stress tra gli operatori sanitari. Il portale EpiCentro è, inoltre, un punto di riferimento per tutto il panorama di notizie legate alla pandemia da SARS-Cov-2, con un aggiornamento costante, minuto per minuto.
In parallelo, il Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi (Cnop), con l’iniziativa #psicologicontrolapaura, mette a disposizione dei cittadini una guida in 20 punti per affrontare lo stress e l’ansia da quarantena. Tutti i contenuti sono disponibili qui.
Numeri utili a cui rivolgersi
Per supportare la popolazione a livello psicologico, il Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi promuove anche l’iniziativa #psicologionline. Tramite un apposito motore di ricerca (accessibile dal sito Cnop) si può individuare lo psicologo o lo psicoterapeuta più vicino e prenotare un tele consulto gratuito (via telefono o piattaforma di videochiamata). Oltre 4mila professionisti dislocati in tutta Italia aderiscono al progetto.
Anche la Società psicoanalitica italiana (Spi) mette a disposizione un servizio di ascolto e consulenza per problematiche connesse all’emergenza Coronavirus. I Centri psicoanalitici associati alla Spi, presenti su tutto il territorio nazionale (Roma, Milano, Bologna, Genova, Torino, Firenze, Pavia, Padova, Napoli, Palermo) forniscono i nominativi dei professionisti disponibili per l’ascolto tramite telefono o videochiamata.
Infine, la Croce Rossa offre assistenza psicologica e telecompagnia attraverso il numero verde 800 06 55 10. Dedicato al supporto psicologico delle persone con malattie rare, il telefono verde Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità (800 89 69 49), gratuito e attivo dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 13:00. Sul sito www.malattierare.gov.it è presente, inoltre, una sezione dedicata, all’interno delle FAQ.
Anche UNIAMO, Federazione delle Associazioni di Persone con Malattie Rare d’Italia, sul proprio sito riporta info relative al Coronavirus, mettendo a disposizione un servizio di ascolto, informazione e orientamento (800 66 25 41), gratuito e disponibile tutti i giorni, ai seguenti orari: lunedì, mercoledì, venerdì: ore 10.00-13.00; 14:00-17:00; martedì, giovedì: ore 10:00-13:00.
La Società Italiana per i Disturbi del Neurosviluppo ha elaborato la guida Consigli per la gestione dell’epidemia COVID-19 e dei fattori di stress psichico associati per le persone con disabilità intellettiva e autismo con necessità elevata e molto elevata di supporto. Il documento, redatto in collaborazione con CREA (Centro Ricerca e Ambulatori), Fondazione San Sebastiano, ASMED (Associazione per lo Studio dell’Assistenza Medica alla persona con Disabilità), Federazione Italiana Prader-Willi ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e Onlus FIA (Fondazione Italiana per l’Autismo) è scaricabile qui.
Iniziative di ascolto: il caso dell’Università del Salento
Un’importante iniziativa dedicata a tutta la comunità universitaria (docenti, studenti, familiari e personale amministrativo), arriva dall’Università del Salento, su volere del rettore Fabio Pollice. Sedici docenti, dottorandi e assegnisti di ricerca, tutti iscritti all’Albo degli Psicologi, rispondono alle richieste di supporto psicologico attraverso uno sportello “di ascolto” attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 9:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 18:00, al numero 0832 299100. Tra i docenti capofila, Omar Gelo, professore di Psicologia dinamica, in prima linea nella gestione degli aspetti emotivi legati alla quarantena.
“Il progetto si incentra sulla creazione di una dimensione di condivisione ed ascolto empatico molto utile. Gli utenti ricevono una chiave interpretativa per dare un senso a ciò che sta accadendo. Una parte fondamentale dell’ascolto è legata alla psicoeducazione, che consiste nel fornire educazione e consigli su abitudini e routine indispensabili per gestire e tollerare al meglio la situazione nella quale ci troviamo”. Il servizio accoglie le richieste dell’intera popolazione universitaria, anche se, come ci spiega Gelo, la gran parte di coloro che vi si rivolgono sono studenti.
“I problemi presentati riguardano per lo più forme di disagio legate a manifestazioni ansiose, irrequietezza, ma anche forme più pervasive di ansia generalizzata connesse a paure non ben definite, a differenza di ciò che accade nelle fobie. L’ansia intensa si può tramutare in panico e in angoscia di morire”, sottolinea il professore, che continua specificando come la situazione emergenziale acuisca anche situazioni psicologiche pregresse e quadri familiari già critici, a causa di un aumento dei tempi di convivenza e delle opportunità di conflitto. “Uno dei motivi principali di sofferenza, in situazioni come questa, è l’interruzione della routine personale”, spiega Gelo. “Resta indispensabile cercare di mantenere una vita sana, con una routine definita, una rete sociale stabile e un buon equilibrio sonno-veglia”.
Audio intervista a Omar Gelo, professore di Psicologia dinamica all’Università del Salento
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