RICERCANDO ALL'ESTERO

Una mappa per il fondo di onde gravitazionali

Il fondo di onde gravitazionali rappresenta la quasi totalità del segnale che riceviamo dallo scontro tra buchi neri o stelle di neutroni. Ma è un segnale talmente generale che è difficile separarlo dal rumore di fondo e descriverlo con i modelli fisici attuali.

Il fondo di onde gravitazionali (in inglese gravitational wave background, GWB) è un insieme di segnali di onde gravitazionali troppo deboli o troppo numerosi per essere misurati individualmente.

Dal 2016, anno in cui LIGO ha rilevato per la prima volta le onde gravitazionali, sono state misurate decine e decine di segnali provenienti dallo scontro di oggetti compatti (buchi neri e stelle di neutroni). Tuttavia, non sono gli unici oggetti che si scontrano nell’Universo e nemmeno gli unici oggetti abbastanza pesanti da produrre onde gravitazionali: qualsiasi oggetto di una certa massa è in grado generarle, ma spesso sono talmente minuscole e impercettibili da rendere indistinguibile il loro segnale.

Arianna Renzini e all’istituto Caltech in California per studiare l’insieme di tutti questi segnali e riuscire a creare una mappa del fondo di onde gravitazionali.


Nome: Arianna Renzini
Età: 28 anni
Nata a: Bologna
Vivo a: Pasadena (Stati Uniti)
Dottorato in: fisica teorica (Regno Uniti)
Ricerca: studio del fondo di onde gravitazionali con metodi di maximum likelihood estimation (MLE)
Istituto: The Division of Physics, Mathematics and Astronomy, California Institute of Technology – Caltech
Interessi: ballare il rock ‘n roll, fare immersioni senza bombole, snorkelling, camminare e arrampicare in montagna
Di Pasadena mi piace: il meteo, è vicina alla montagna
Di Pasadena non mi piace: è piccola
Pensiero: No one knows the where’s or why’s, but something stirs and something tries and starts to climb towards the light. (Pink Floyd)


Quali sono le caratteristiche del GWB, il fondo di onde gravitazionali?

È molto diverso dai singoli eventi che siamo abituati a studiare; per esempio, non è un unico punto nel cielo ma un segnale di fondo dovuto all’unione di più eventi. Inoltre, le teorie classiche della relatività generale di Einstein che usiamo per analizzare le singole onde gravitazionali non sono sufficienti per studiare il GWB ed è necessario mettere a punto nuovi metodi di analisi.

La scienza delle onde gravitazionali è sicuramente in crescita. In questo momento stiamo misurando solo una minima parte di tutte le onde che sappiamo esserci nell’Universo e descrivere il GWB è essenziale. L’obiettivo della mia ricerca è riuscire a misurare il segnale generale del GWB e vedere quali altri tipi di onde gravitazionali ci possono essere oltre a quelle che già conosciamo.

Che tipi di segnali potrebbero far parte del GWB?

Sicuramente ci saranno segnali astrofisici simili a quelli già misurati e provenienti da buchi neri o stelle di neutroni che però sono troppo deboli per essere rilevati. Poi ci sarà il segnale dovuto al collasso di supernove, che è stato predetto e si pensava sarebbe stato molto forte ma finora non è ancora stato scoperto. E ci saranno segnali cosmologici, molto più antichi e sicuramente meno compresi, che sono quelli che provengono da un Universo giovane, prima della formazione delle galassie e delle stelle.

I miei studi riguardano entrambi i filoni, astrofisico e cosmologico, e vorrei analizzare il GWB sia come oggetto unico, e quindi trattarlo come un segnale statistico, sia come unione di tante piccole onde indipendenti, e quindi trovare dei metodi di studio in grado di estrarre le singole parti e poi sommarle per ricomporre il segnale.

Che strumenti si usano per misurare il fondo di onde gravitazionali?

Le tre più grosse collaborazioni che misurano onde gravitazionali sono LVK (LIGO, VIRGO, KAGRA), LISA e PTA.
Si concentrano sostanzialmente su tre tipi di strumenti diversi e misurano onde gravitazionali di frequenza diversa. LVK, l’unica ad aver misurato onde gravitazionali finora, lavora con onde attorno ai 100 Hz; le misure vengono fatte dalla Terra con interferometri giganteschi lunghi qualche chilometro.

LISA (Laser Interferometer Space Antenna) è una collaborazione europea da poco unitasi alla NASA. È uno strumento laser composto da tre satelliti posizionati su orbite concentriche a formare un triangolo equilatero di lato pari a circa dieci volte la distanza Terra-Luna. LISA sarà lanciato nello spazio nel 2034 e misurerà onde gravitazionali attorno al decimo di mHz.

PTA (Pulsar Timing Array) misura onde gravitazionali attorno ai nanohertz (10-9hz). PTA monitora gli impulsi delle pulsar presenti nella nostra galassia e sfrutta il fatto che questi battiti sono emessi a intervalli regolari. Variazioni improvvise nei tempi degli impulsi potrebbero essere dovute al passaggio di onde gravitazionali.

Nei dati ottenuti da questi tre esperimenti, la parte del leone la fa il rumore. Quindi, per poter studiare il fondo di onde gravitazionali, la prima cosa è riuscire ad arginare questo segnale e creare un modello in grado di descriverlo correttamente.

Che tipo di modello stai sviluppando?

In questo momento sto lavorando molto con LVK e LISA.
Per LVK mi occupo del GWB stocastico cioè trattiamo il fondo come un insieme casuale di variabili e cerchiamo di descriverne l’andamento generale senza misurare le singole parti del segnale. Con LVK è relativamente semplice creare un modello di rumore perché quasi tutto quello che vediamo è rumore interrotto da un segnale di onde gravitazionali.

Per quanto riguarda LISA, invece, i dati ovviamente ancora non ci sono e siamo in fase di simulazione per capire che tipo di misure si potranno fare con questo strumento. Descrivere il rumore dei segnali captati da LISA è una sfida perché, essendo nello spazio,  i detector misureranno tantissimi eventi diversi e lo strumento sarà praticamente travolto da ogni tipo di segnale. L’algoritmo che sto cercando di scrivere deve perciò riuscire a categorizzare tutti i piccoli segnali e distinguere il rumore dal segnale vero e proprio.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Vorrei riuscire a creare delle mappe del fondo di onde gravitazionali. L’approccio che sto pensando di usare è un po’ diverso da quelli attuali: si tratta di descrivere il fondo non come una massa unica di rumore in cui scavare per trovare specifici segnali ma come un insieme di tanti piccoli segnali. Se riuscissimo a misurare in maniera qualitativa tutte le componenti, potemmo poi metterle assieme e dare una descrizione del GWB come somma di tutte le sue parti. Questo metodo, se funziona, permetterebbe di accorciare i tempi di risposta rispetto ai metodi standard; lo svantaggio sta nel costo computazionale dato che il tempo necessario alla computazione può essere davvero molto elevato.


Leggi anche: L’espansione dell’Universo attraverso le onde gravitazionali

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine di copertina: Wikimedia Commons

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.