LIBRI

“Nove miliardi a tavola”, di Mauro Mandrioli

In che direzione andrà il futuro dell'agricoltura? Come evolverà il dibattito sugli OGM e la sicurezza alimentare? Sul pianeta saremo sempre di più, e la tecnologia ci offre le basi per poter nutrire tutti.

L’ultimo libro di Mauro Mandrioli, biologo e professore universitario presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, già autore di diversi articoli e testi scientifici, si chiama Nove miliardi a tavola. Droni, big data e genomica per l’agricoltura 4.0 (Zanichelli, 14,30€). In sette brevi ma densi capitoli, l’autore, che abbiamo intervistato in passato per due puntate del nostro podcast Melting Pod (Epigenetica e Fuzzy Sets) e anche in merito alla sicurezza alimentare, affronta un tema versi scottante: il futuro dell’agricoltura. Non solo perché tratta argomenti controversi e ampiamente dibattuti come OGM e transgenicità degli alimenti, ma anche perché lo fa ponendo la tecnologia come base fondamentale per riuscire a garantire cibo alle sempre più persone che abiteranno il pianeta Terra nei prossimi anni.

Una popolazione in crescita

Il sistema alimentare attuale può fornire una dieta sostenibile ed equilibrata solo a poco più di tre miliardi di persone”, ma già oggi siamo sette miliardi e si registra denutrizione circa nel 10% della popolazione mondiale (si tratta di circa 800 milioni di persone). “Secondo alcune stime, entro il 2050, serviranno due miliardi di ettari di terreno aggiuntivi per garantire a tutti un’adeguata sicurezza alimentare. E considerando che il 60% dei principali ecosistemi della Terra è degradato o sovrasfruttato, ci serviranno le risorse di almeno altri due pianeti se non facciamo già cambiamenti strutturali al sistema di produzione e di consumo”.

Ma il problema è che due pianeti in più non li abbiamo, e nell’unico in cui abitiamo abbiamo fatto ancora troppo poco per pensare di poter rispettare l’obiettivo 2 dell’Agenda 2030: sconfiggere la fame. Per correre ai ripari e provvedere a nutrire adeguatamente una popolazione mondiale di tale vastità è necessario certamente cambiare alcune cose. L’autore suggerisce che “per prima cosa dobbiamo migliorare la gestione delle coltivazioni ottimizzando l’uso delle risorse idriche e dei nutrienti. Bisogna anche cambiare la nostra dieta, in particolare rinunciando a una parte (significativa!) della carne che settimanalmente mangiamo. Una quota crescente di proteine animali dovrà essere sostituita da legumi e altri alimenti vegetali. Serve inoltre ridurre gli sprechi: non è sostenibile che circa il 30% del cibo prodotto sia gettato ancor prima di finire in tavola”.

E come migliorare la gestione delle coltivazioni? Una risposta potrebbe essere fornita dalla tecnologia e dalla cosiddetta “Agricoltura 4.0”.

Il futuro smart dell’agricoltura

Spesso si pensa che i prodotti della terra per essere “sani” debbano per forza essere “coltivati come una volta”, tanto che questo è il motto di molti slogan pubblicitari dell’industria alimentare, la quale rafforza spesso il legame tra qualità e una ipotetica tradizione. Il professor Mandrioli allontana il lettore da questo luogo comune, portandolo alla scoperta di quanto l’agricoltura sia stata da sempre qualcosa di profondamente umano, e pertanto “innaturale”. Homo sapiens addomestica e seleziona piante da migliaia di anni e continua a farlo oggi.

Quello che è cambiato è il ritmo ben più elevato della selezione, e che questo accade anche grazie ai miglioramenti delle tecniche di laboratorio e all’innovazione scientifica. Secondo Mandrioli è proprio questo che spaventa: non è la selezione delle piante a essere innaturale, ma sono gli strumenti della selezione a essere percepiti come “innaturali”. L’autore però guarda avanti senza paura, e chiede di farlo anche al lettore affermando che “solo ricorrendo all’innovazione possiamo pensare di garantire una adeguata produzione alimentare in una fase di profondi cambiamenti climatici e di crescita esplosiva della popolazione umana. La soluzione non è guardare al passato, ma alle innovazioni che già oggi possiamo mettere in campo”.

Le possibili innovazioni

Mandrioli non si limita a indicarci i problemi (sovrappopolazione e scarsità di cibo per nutrirla, paura della tecnologia in agricoltura) ma ci fornisce esempi pratici lungo tutto il saggio per le possibili soluzioni innovative per migliorare la resa agricola e provvedere così a una crescente popolazione, tenendo conto della necessità di limitare i cambiamenti climatici. Ecco quindi come vengono in aiuto la blockchain, gli orti idroponici, gli agrirobot, le vertical farm: possono sembrarci termini fantascientifici ma sono già realtà in certe parti del mondo.

L’agricoltura sta infatti diventando sempre più smart, come il resto della nostra esistenza. Questo perché se si vogliono (in realtà, si devono) far accomodare a tavola 9 miliardi di persone in un pianeta che non cresce insieme alla popolazione ma ha una quantità di terra da coltivare finita, le soluzioni che si possono adottare sono, secondo Mandrioli, necessariamente legate alla tecnologia. La carrellata di invenzioni riportate dall’autore ci racconta di un futuro che è già qui: gli agrirobot e i droni, per esempio, sono usati per analizzare il terreno, irrigare e fertilizzare basandosi sulle previsioni meteo e sulla composizione di piante e suolo, in modo da evitare sprechi. La robotica in agricoltura può essere usata anche per raccogliere i frutti della terra in modo meccanizzato (utile, tra l’altro, in periodo di pandemia quando andrebbero limitati i contatti tra persone).

Ma le novità non sono finite qui. Forse tra qualche anno saranno infatti la normalità gli orti idroponici (dove si coltiva in acqua) nelle città, magari sistemati nelle vertical farm (aziende agricole urbane, spesso verticali). Essi possono diventare infatti il futuro della coltivazione urbana, dove l’agricoltura si integra all’ambiente cittadino senza così andare a utilizzare nuovi spazi. Ma anche le blockchain possono contribuire a rendere sempre più trasparenti i processi di produzione aiutandoci a consumare cibi di cui sappiamo la provenienza grazie alla creazione di una chiara catena di monitoraggio che segue il prodotto dal contadino al piatto.

Innovazioni come queste renderanno sempre meno “tradizionale” e meno “naturale” il cibo del futuro? Non è così secondo Mandrioli, perché come detto questi concetti sono più una questione di marketing e linguaggio pubblicitario che l’essenza dell’agricoltura, da sempre un ambito trainato da innovazione, tecnica e scienza. Dall’aratro all’agrirobot il passo è breve, quindi: la visione di Mandrioli è tracciata, e invita ad abbracciare con un certo entusiasmo l’innovazione che incombe: “La malattia più grave dell’agricoltura non dipende da virus, batteri o funghi: è culturale. Sto parlando del rifiuto di accettare le innovazioni presentate in questo libro.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Francesca Zanni
Ho frequentato un corso di Giornalismo Culturale e tre corsi di scrittura creativa dopo una laurea in Storia Culture e Civiltà Orientali e una in Cooperazione Internazionale. Ho avuto esperienze di lavoro differenti nella ricerca sociale e nella progettazione europea e attualmente mi occupo di editoria. Gattara, lettrice accanita e bingewatcher di serie TV.