Un maiale come cagnolino
Come i cani, i maiali nani domestici comunicano con noi: ci guardano e ci ascoltano. Ma le cose cambiano, tra le due specie, quando a indagarle sono gli studi sulla cooperazione con l'umano.
Esattamente come i cani, i maiali sono animali sociali naturalmente portati a vivere in gruppo e, esattamente come i cani, sono considerati facilmente addestrabili. Vivono bene insieme all’essere umano e si prestano (in particolare i maiali nani) a essere considerati animali domestici.
Sappiamo che i cani, anche i cuccioli non addestrati e i randagi con meno esperienze, sono già abili nel comunicare efficacemente con l’essere umano in tenera età. Ma i maialini? Curiosi di saperlo, i ricercatori del Dipartimento di Etologia della Eötvös Loránd University di Budapest hanno elaborato un progetto e alcuni esperimenti per scoprire se anche i maialini nani vissuti in famiglia mostrano le stesse capacità e se il loro rapporto con noi può essere paragonato a quello dei cani.
“Quello che abbiamo scoperto in termini generali – spiega a OggiScienza la responsabile del progetto di studio, Paula Pérez Fraga – è innanzitutto che possono adattarsi bene alla famiglia umana, occupando una nicchia sociale simile a quella dei cani di famiglia. Questo è chiaro perché i nostri maiali non hanno mostrato né stress né paura quando li abbiamo testati nei nostri studi. Questo è importante perché non abbiamo dovuto abituarli al contatto umano, come negli studi di altri suini in condizioni di allevamento, perché già così abituati a essere tra gli esseri umani che le loro reazioni sono spontanee”.
Somiglianze e differenze
Come si comporterebbero un cane e un maiale nei confronti di un umano conosciuto, che li affianca senza cibo o dopo averli nutriti? Ecco le prime differenze che ci fanno pensare che no, il maiale non è esattamente come un cagnolino.
“In presenza di cibo – spiega la ricercatrice rispetto al primo studio pubblicato su Animal Cognition nel 2019 – sia i cani che i maialini nani si orientavano costantemente verso la sperimentatrice, ricercavano il contatto fisico e la guardavano in faccia molto frequentemente, ma solo i cani si rivolgevano all’essere umano anche quando non si aspettavano di ricevere cibo”. Allo stesso tempo, quando agli animali veniva richiesto di scegliere tra due nascondigli (solo uno conteneva del cibo), se aiutati dallo sperimentatore nella scelta, i cani preferivano affidarsi fiduciosi al compagno umano.
Lo sperimentatore indicava sempre il nascondiglio contenente cibo, senza mai sbagliare, ma nonostante ciò “senza aver alcun addestramento su questo tipo di compito, solo i cani sceglievano di seguire l’indicazione umana, mentre i maiali no. Ma anche la loro non era una scelta casuale; piuttosto sembravano adottare una strategia di ‘preferenza laterale’ insistendo ad andare sempre nella stessa direzione, allo stesso nascondiglio, più e più volte”, precisa Pérez Fraga.
Come un gatto nel problem solving
E se ci fosse un compito impossibile da risolvere? Allora il maialino assomiglierebbe più a un gatto che a un cane.
Diversi mammiferi, domestici (cavalli, cani, maiali, gatti) e selvatici (macachi, scimpanzé, delfini ecc), ricercano interazioni comunicative con gli esseri umani, ma i cani sono unici nel saper mettere in atto una notevole varietà di comportamenti comunicativi diretti alla nostra specie: fin da cuccioli ci guardano per stabilire un contatto, per richiedere attenzione e usano l’alternanza dello sguardo per la comunicazione referenziale, esattamente come fanno i bambini. E soprattutto, ricercano il nostro sguardo (e il nostro aiuto) quando si trovano ad affrontare un grattacapo. Di fronte a un cosiddetto compito impossibile è stato dimostrato che i cani rivolgono lo sguardo al loro partner umano prima e per periodi più lunghi rispetto a lupi socializzati, cavalli, capre, gatti e… maiali domestici!
In un esperimento pubblicato recentemente su Animal Cognition cani e maiali cresciuti in famiglia sono stati messi di fronte a un compito impossibile: una scatola ricca di cibo che, inizialmente, risultava molto facile da aprire, ma che a un certo punto diventava “impossibile” perché chiusa di nascosto da uno sperimentatore.
Come nella precedente ricerca, maiali e cani hanno dimostrato di rivolgersi ugualmente all’essere umano finché la scatola era vuota, ma appena la scatola è stata riempita di cibo e aprirla è diventata una sfida eccitante, i maiali si sono dimostrati molto focalizzati sul compito. In generale hanno saputo risolvere meglio e più rapidamente il test rispetto ai cani, probabilmente aiutati dalla loro migliore capacità di manipolare l’oggetto.
Non appena il compito è divenuto impossibile, i cani hanno richiesto molto più frequentemente aiuto al loro umano. Al contrario, proprio come farebbe un gatto, che raramente chiede aiuto all’umano di fronte a un problema, i maialini hanno ridotto i comportamenti orientati all’umano, insistendo da soli e con tenacia ad aprire la scatola. Secondo i ricercatori questo dimostrerebbe una maggiore dipendenza del cane dall’essere umano, una certa tendenza alla cooperazione interspecifica, e, al contrario, una spiccata indipendenza del maiale, ben più simile a quella del gatto.
Il migliore amico dell’essere umano…
…sarà quello che cerca il contatto dell’essere umano, anche in una situazione nuova, anche se estraneo. Così hanno pensato i ricercatori di Budapest quando hanno messo a punto la loro ricerca sulla prossimità, uno studio che è stato pubblicato pochi mesi fa su Scientific Reports.
Durante questa indagine è stato testato il comportamento di cani e maialini di circa 4 mesi, entrambi cresciuti in famiglie. Bipedi e quadrupedi sono stati condotti in una nuova stanza, dove avevano totale libertà di muoversi. Quando nella stanza, oltre al proprietario, veniva inserito un oggetto familiare, si è osservato che sia cani che maiali preferivano la vicinanza del proprietario a quella dell’oggetto, ma due atteggiamenti diversi si sono rivelati quando, al posto dell’oggetto familiare, è comparsa una persona estranea. I cani preferivano stare vicino agli esseri umani piuttosto che in qualsiasi altro punto della stanza, mostrando di gradire sia la presenza del proprietario che quella dell’estraneo. I maialini, invece, tendevano a non avvicinarsi all’estraneo e addirittura a tenersi lontani da entrambe le parti sociali, comportamento che, secondo gli sperimentatori, potrebbe riflettere anche un certo timore nei confronti del genere umano.
“I nostri risultati principali – ci spiega ancora Perez Fraga – mostrano che i maiali possono eseguire comportamenti comunicativi orientati all’essere umano simili ai cani (non sono esclusivi dei cani), ma non li eseguono negli stessi contesti dei cani”. Alla base di questa divergenza il team si aspetta che ci siano più cause, tra cui una più lunga storia di domesticazione del cane rispetto al maiale – inteso come domestico e non come animale da allevamento- – e una differenza specie-specifica nella generalizzazione degli individui di una specie diversa.
“Se pensiamo ai diversi scopi dell’addomesticamento sia dei maiali che dei cani – conclude la ricercatrice – i nostri risultati sono molto logici. I cani sono stati selezionati per attività di collaborazione con gli uomini, mentre i suini, fino a tempi recenti, quasi esclusivamente come brodo di carne”. Per ora, quindi, è il cane a mantenere il podio come migliore amico dell’uomo, mentre al maiale spetta al massimo quello di migliore amico del suo proprietario.
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