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Come funziona la Sala di Sorveglianza Sismica dell’INGV

L'INGV è l’ente preposto al monitoraggio sismico sul territorio italiano ed è in grado di fornire localizzazione e magnitudo di un terremoto in meno di 30 minuti, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

Più di 16.500 eventi, circa uno ogni mezz’ora. È questo il numero di terremoti che sono stati registrati e analizzati dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) sul territorio italiano e nelle zone limitrofe nel corso del 2020. Un’attività svolta grazie alla Sala di Sorveglianza Sismica di Roma che, assieme alle Sale Operative di Napoli e Catania, dedicate rispettivamente ai vulcani campani e siciliani, ha il compito di monitorare i terremoti in Italia 24 ore su 24, 7 giorni su 7

Con una rete costituita da più di 500 stazioni di misura distribuite sul nostro territorio e circa 150 unità di personale tra turnisti e tecnici, la Sala di Sorveglianza Sismica comunica direttamente con il Dipartimento della Protezione Civile, per fornire localizzazione e magnitudo (cioè una stima di quanta energia viene rilasciata da un terremoto) di ogni evento sismico, anche nei casi in cui questo non sia percepito dalla popolazione. 

Meno di 30 minuti

L’attività di monitoraggio è svolta dagli operatori impegnati nell’analisi dei dati registrati e trasmessi in tempo reale dalla Rete Sismica Nazionale. Tuttavia, il primo passaggio per la localizzazione di un terremoto è completamente automatico. Come spiega a OggiScienza la dott.ssa Lucia Margheriti, responsabile dell’unità funzionale Sala Operativa all’Osservatorio Nazionale Terremoti, “quando contemporaneamente a più stazioni della rete sismica il segnale mostra dei valori di ampiezza diversi dal normale, il sistema fa partire un ‘trigger’ e prova a individuare una possibile sorgente unica per questi segnali”. In altre parole, fornisce una prima localizzazione automatica e provvisoria del terremoto entro i primi 2 minuti dall’evento, indicando un intervallo di valori per la magnitudo, le coordinate e la profondità dell’ipocentro e l’orario in cui è avvenuto.

“In questi primi minuti”, continua la dott.ssa Concetta Nostro, sismologa dell’INGV, “se il terremoto è rilevante, cioè se ha una magnitudo maggiore di 3, il sistema invia automaticamente le informazioni necessarie ai gruppi coinvolti nella gestione dell’eventuale emergenza, sia all’interno dello stesso INGV che verso il Dipartimento della Protezione Civile nazionale e, in alcuni casi, anche verso enti di ricerca internazionali”.

E proprio in questi primi minuti inizia l’attività del turnista sismologo, il cui primo compito è la comunicazione con la Protezione Civile. Come descrive la dott.ssa Elena Spagnuolo, che unisce all’attività di ricerca quella di turnista nella Sala di Sorveglianza Sismica, “nei primi cinque minuti osserviamo le localizzazioni automatiche (rapida a 2 minuti e finale a 5 minuti) e utilizziamo il cosiddetto ‘telefono rosso’, una linea dedicata esclusivamente al contatto con la Sala Situazione Italia del Dipartimento della Protezione Civile. Noi, infatti, siamo responsabili soprattutto verso di loro, che sono il nostro interlocutore principale. Poi ci dedichiamo alla revisione della localizzazione: riguardiamo tutte le forme d’onda disponibili e facciamo il cosiddetto ‘picking’, cioè individuiamo i tempi di arrivo e le ampiezze delle onde sismiche che ci serviranno per determinare la localizzazione e la stima della magnitudo riviste”. 

Entro 30 minuti, quindi, il turnista deve completare l’elaborazione dei dati e fornire alla Protezione Civile i valori revisionati, che spesso si discostano poco da quelli automatici, ma che in alcuni casi richiedono l’analisi di un sismologo addestrato. Anche se, nella maggior parte dei casi, sono sufficienti in media solo 12-15 minuti. Ed è a questo punto che l’evento viene salvato come “comunicato” nel database dell’INGV e i risultati sono inviati sia via e-mail agli enti coinvolti, sia attraverso i canali ufficiali ai cittadini.

L’importanza della comunicazione

Uno degli aspetti su cui è stata posta particolare attenzione è la comunicazione verso l’esterno, in particolare verso la popolazione potenzialmente coinvolta nell’evento sismico. L’obiettivo, infatti, è riuscire a fornire informazioni in breve tempo, garantendone qualità e affidabilità. “A partire dal 2018 abbiamo attivato un servizio di comunicazione della localizzazione di un terremoto tramite il nostro canale Twitter (@INGVterremoti)”, spiega la dott.ssa Nostro. “Qui, se il terremoto ha magnitudo maggiore di 3, entro i primi 2-3 minuti dall’evento pubblichiamo la stima provvisoria calcolata automaticamente dal nostro sistema, indicando un possibile intervallo di magnitudo e un’indicazione della zona colpita. Successivamente, una volta che il turnista sismologo ha completato l’analisi delle informazioni a disposizione, riportiamo i dati rivisti, cioè i valori di localizzazione e magnitudo definitivi”. Recentemente, inoltre, i dati automatici sono stati resi disponibili anche sul portale terremoti.ingv.it, sulla app INGVterremoti(*) e sulla pagina Facebook INGVterremoti.

E proprio per assicurare un’informazione attendibile, il sistema di localizzazione automatica è stato testato per sette anni prima di diventare parte integrante dell’attività della Sala. “Per la scelta che abbiamo fatto, è più probabile che non venga diffuso un terremoto vero piuttosto che ne venga comunicato uno falso. Il sistema, infatti, determina automaticamente la qualità della stima provvisoria e se questa è inferiore a un valore di soglia, allora non viene effettuata nessuna comunicazione automatica al pubblico”, aggiunge la dott.ssa Margheriti. Per questo, può capitare che la localizzazione di terremoto sia diffusa in tempi più lunghi solo dopo la revisione del sismologo, in quanto si rende necessario l’intervento del personale in turno per garantire l’accuratezza della localizzazione e della stima della magnitudo. 

“La comunicazione dei dati provvisori è stata molto apprezzata dal pubblico”, spiega la dott.ssa Nostro, “e questo non solo ci ha permesso di ‘schermare’ la Sala dalle telefonate esterne, ma anche di consentire ai turnisti di svolgere il loro lavoro con maggiore serenità, in quanto ora comunicano prevalentemente con la Protezione Civile. Inoltre, grazie alle stime provvisorie, i giornalisti si sono abituati a questo tipo di informazioni e a comunicarle come provvisorie o riviste. Ne abbiamo quindi guadagnato molto in termini di corretta circolazione dell’informazione”. 

Non esiste una sola magnitudo

La stima della magnitudo e della localizzazione di un evento sismico può essere fatta in molti modi e noi stessi all’INGV utilizziamo metodi diversi in tempi diversi”, spiega la dott.ssa Spagnuolo, turnista sismologa, “e questo è il motivo principale per cui, in alcuni casi, specialmente la magnitudo varia sensibilmente tra la stima provvisoria e i dati rivisti”. “Nei primissimi minuti, per i terremoti sul nostro territorio, guardiamo le stazioni disponibili in tempo reale – aggiunge la dott.ssa Margheriti – e può capitare che passi del tempo prima che arrivi il segnale da una certa stazione della rete sismica”. In questi casi, quindi, la quantità di dati disponibili aumenta col passare del tempo e le stime di profondità, coordinate epicentrali e magnitudo sono aggiornate anche considerando queste nuove informazioni. 

Ma non solo. Esistono diversi tipi di magnitudo, ciascuno con una definizione specifica e applicabile in determinate condizioni. Nella maggior parte dei casi, l’INGV fornisce il valore di magnitudo locale (ML), definita così perché utilizza le ampiezze del segnale sui dati forniti dai sismometri che si trovano in un raggio di 600 km dell’epicentro. In altri casi, invece, indica la magnitudo momento (Mw), calcolata analizzando i sismogrammi in una diversa banda di frequenza e un segnale di una durata maggiore. Si tratta quindi di una stima che arriva in un secondo momento e che viene rilasciata nelle ore successive. “A seconda delle stazioni, delle metodologie e delle frequenze considerate”, continua la dott.ssa Margheriti, “enti diversi possono calcolare e fornire valori di magnitudo diversi per lo stesso terremoto, anche se si sta utilizzando lo stesso tipo di magnitudo”. E, come sottolinea la dott.ssa Spagnuolo, “è necessario considerare anche l’errore presente ogni qual volta si utilizza un modello matematico. Per questo, quando comunichiamo la stima della magnitudo provvisoria, forniamo sempre un intervallo e non un valore preciso”.

Il futuro della Sala di Sorveglianza Sismica

Dal miglioramento della comunicazione all’implementazione di nuovi elementi provenienti dalla ricerca, sono diversi gli elementi che la Sala di Sorveglianza Sismica ha in programma di sviluppare nel breve e nel lungo periodo. Un esempio è l’early warning sismico, una sorta di avviso alla popolazione pochi istanti prima dell’arrivo delle onde di un terremoto che causano lo scuotimento maggiore in una certa zona. Questo avviene già in paesi come il Giappone e la California, dove i terremoti sono particolarmente forti e spesso avvengono in aree lontane rispetto alle zone più densamente abitate. “Per fare questo è necessaria una rete sismica molto densa, cioè con molte stazioni distribuite sul territorio, una Sala di Sorveglianza Sismica modernizzata e la preparazione della popolazione, che deve essere pronta a ricevere l’allarme attraverso un’applicazione sul proprio smartphone, sirene o altri mezzi. Allo stesso modo, anche il sistema di Protezione Civile si deve aggiornare, ma stiamo lavorando su questo”, spiega la dott.ssa Margheriti. E una cosa simile è già messa in atto dal Centro di Allerta Tsunami (CAT) dell’INGV, che condivide la sala operativa con il servizio di sorveglianza sismica e che è in grado di segnalare in anticipo il possibile arrivo di un’onda di maremoto sulle coste del Mediterraneo.

Infine, particolare attenzione è posta anche verso le possibilità fornite dall’intelligenza artificiale, grazie alla quale sarà possibile ottenere le stime di localizzazione e magnitudo sfruttando algoritmi simili a quelli che oggi ci consentono di riconoscere le canzoni con il nostro smartphone. “Questi algoritmi possono essere applicati ai nostri sismogrammi e aiutarci nell’individuazione della zona colpita”, conclude Margheriti. “L’obiettivo è implementare nella Sala ciò che già ora riusciamo a fare nella ricerca, un po’ come l’evoluzione che c’è stata dagli anni ‘80 ad oggi. Se prima ci limitavamo a registrare solo il segnale legato al terremoto, oggi le stazioni forniscono dati in continuo. Questo perché abbiamo visto che esistono dei segnali che ‘parlano’ di ciò che succede all’interno della Terra e analizzarli, per comprendere il meccanismo che li genera, può aiutarci nello sviluppo futuro della sorveglianza sismica”.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Fotografia: Petr Brož (Czech Academy of Science) – CC BY-SA 4.0

(*) a seguito di una segnalazione abbiamo corretto l’articolo in quanto l’app è presente su diverse piattaforme, non solo su App Store

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Laura Busato
Geofisica di formazione, scrivo principalmente di tematiche geologiche. Amo la montagna, i concerti live e i podcast.