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Allergie a cani e gatti: vademecum per la convivenza

Qualche considerazione sulle allergie nei confronti degli animali domestici, per capire come ridurne i sintomi e vivere sereni insieme ai nostri pet.

Le allergie, per chi già vive con un animale domestico o per chi desidera adottarne uno, possono rappresentare un limite e far nascere diverse domande: è possibile la convivenza? Esistono strategie per mitigare il problema? E ci sono davvero razze ipoallergeniche? Abbiamo deciso di iniziare a rispondere ad alcuni di questi dubbi parlandone con Marco Melosi, veterinario e presidente dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI).

Qualche numero

Vale la pena ricordare innanzitutto di cosa parliamo quando parliamo di allergia: si tratta di una reazione eccessiva del sistema immunitario che riconosce come estranee sostanze, dette allergeni, contro le quali si attiva, ma che nei soggetti non allergici non scatenano alcuna reazione e sono del tutto innocue. Nel caso delle allergie agli animali domestici, gli allergeni sono presenti sull’animale e vengono dispersi nell’ambiente in cui vive, ma possono anche depositarsi per esempio sui vestiti del proprietario (a seconda della sostanza considerata) ed essere portati fuori casa. Una persona allergica che vi entra in contatto avrà una reazione che riguarda soprattutto i tessuti più esposti. Per questa ragione, le reazioni allergiche verso gli allergeni dei pet coinvolgono tipicamente le vie respiratorie (per cui si osservano per esempio asma, starnuti e naso che cola), gli occhi (con lacrimazione, arrossamento e prurito) e la pelle (per cui si possono verificare orticaria e dermatiti).

«Un primo elemento da considerare è che, stando agli ultimi dati disponibili, oggi in Italia circa il 40 per cento delle famiglie ha un cane o un gatto; abbiamo anche alcuni dati riguardanti le allergie, che sembrano coinvolgere une percentuale compresa tra il 10 e il 20 per cento della popolazione a livello mondiale, per cui si tratta di un problema diffuso», spiega Melosi. «Inoltre, i dati variano a seconda della regione geografica considerata, e in Europa si stima che la percentuale di allergici possa arrivare al 25 per cento e sia in crescita, anche a causa dell’aumento di persone che convivono con cani e gatti».

Gli allergeni più studiati

Ma come gestire queste allergie? Per capirlo, è necessario intanto sapere a cosa, esattamente, si è allergici. Se infatti nel linguaggio comune si parla spesso di allergia “al pelo” di cane o gatto, in realtà la questione è un po’ più complessa: gli allergeni, infatti, sono proteine che si ritrovano per lo più nelle desquamazioni della pelle, nelle secrezioni di alcune ghiandole (quindi per esempio nella saliva) e nell’urina. «Quelli più noti, anche se non sono gli unici allergeni studiati, sono due proteine denominate Can f 1 e Fel d 1 che, come suggerisce l’acronimo del nome, sono rispettivamente tipiche del cane (Can f sta per Canis lupus familiaris) e del gatto (con Fel d per Felis catus domesticus); e non è detto che una persona allergica all’una lo sia anche all’altra», spiega il veterinario. «Entrambe queste molecole si diffondono nell’aria e possono anche depositarsi sui vestiti, tanto che si sono sviluppate allergie anche in persone che non hanno animali in casa ma sono venute a contatto con gli allergeni presenti sui vestiti altrui. Una delle principali differenze tra questi due allergeni è che Fel d 1, che si trova nelle secrezioni delle ghiandole sebacee e nella saliva del gatto e, in misura minore, nei secreti delle ghiandole lacrimali e anali, risulta essere particolarmente adesiva e persistente nell’ambiente. Leccandosi, il gatto deposita la proteina sul pelo, passando da questo a divani, tappeti eccetera; alcuni studi hanno mostrato che la si può ritrovare fino a oltre sei mesi dopo che il gatto non è più presente in casa». Sempre per quanto riguarda il principale allergene del gatto, è stato osservato che i suoi livelli sono influenzati dagli ormoni: i maschi non castrati, infatti, producono maggiori quantità di Fel d 1 rispetto alle femmine e ai maschi castrati.

«Alcune differenze dipendono poi dai diversi comportamenti dei due animali: per esempio, il cane si lecca meno rispetto al gatto, e questo diminuisce la propagazione degli allergeni presenti nella saliva; al contempo, il cane si scuote e si gratta più frequentemente, favorendo la diffusione degli allergeni attraverso la pelle morta», continua Melosi. «Inoltre, la sintomatologia delle allergie al cane tende ad avere minore intensità rispetto a quella al gatto e richiede anche un maggior tempo di esposizione (nelle allergie al gatto, la reazione si verifica di solito nell’arco dei dieci minuti)».

Allergeni e razze

La presenza degli allergeni anche in secrezioni come la saliva e l’urina spiega perché non basti scegliere una razza senza pelo, come il gatto “nudo” sphynx, per evitare il problema. In effetti, quello delle razze ipoallergeniche, cioè in grado di dare meno reazioni allergiche, è un tema di cui si parla moltissimo: sono stati dedicati diversi studi per cercare di capire se effettivamente alcune razze, in base a caratteristiche genetiche, possano evitare lo scatenarsi delle reazioni. Tra gli esempi più noti vi è quello del gatto siberiano, da molti anni indicato dagli allevatori come ipoallergenico. Uno studio del 2017 ha provato a verificare quest’ipotesi analizzando due geni che codificano per la proteina Fel d 1: i ricercatori hanno scoperto che, in effetti, presentano un considerevole numero di mutazioni quando confrontati con le sequenze degli stessi geni di gatti non-siberiani, e alcune di queste mutazioni potrebbero, scrivono “influenzare le proprietà allergeniche” della proteina. Tuttavia, gli stessi autori dello studio richiamavano alla necessità di ulteriori indagini per verificare se effettivamente fossero responsabili di una ridotta sintesi dell’allergene. E, spiega ancora Melosi, «Di fatto non si può parlare di razze che non daranno, con certezza, una reazione allergica. Questo perché tutti i cani e tutti i gatti producono allergeni, anche se possono essere differenti, per tipo e quantità, non solo tra una razza e l’altra ma anche tra un individuo e l’altro della stessa razza».

Peraltro, cani e gatti non sono certo gli unici animali domestici a poter scatenare delle allergie. Anche i piccoli mammiferi come conigli e criceti, gli uccelli e perfino i rettili producono infatti allergeni che possono dare reazioni alle persone suscettibili.

Dunque, l’unica strategia per capire se si è allergici prima di prendere un animale è fare delle prove, per esempio a casa di un amico che ha un animale della razza che si è pensato di prendere. Anche così, comunque, è bene tenere presente che si possono porre dei problemi: per esempio, i livelli dell’allergene possono aumentare se arriva un nuovo animale in casa, e anche se si è sviluppata una tolleranza nei confronti del proprio animale, periodi di separazione anche brevi possono far riemergere l’allergia.

Strategie per limitare la sintomatologia

Ma esistono dei modi per convivere con i cani e i gatti anche se si è allergici? «Con alcune accortezze e sempre riferendosi anche ai consigli del medico, la risposta è generalmente sì», risponde Melosi. «Le buone pratiche per limitare la sintomatologia delle allergie comprendono per esempio l’identificare delle zone off limits per i nostri pet, come la camera da letto e i divani, e l’eliminazione di tappeti e altri oggetti, così da limitare l’accumulo di allergeni. Inoltre, se abbiamo degli spazi disponibili idonei e sempre nel rispetto dell’animale, è bene cercare di mantenere i contatti all’esterno della casa per favorire la dispersione degli allergeni». Ancora, se si è allergici è bene lavarsi e cambiarsi gli abiti dopo contatti prolungati, e passare spesso l’aspirapolvere. A questo riguardo, sono consigliati quelli dotati di filtri ad alta efficienza (HEPA), che possono essere utili anche per i depuratori d’aria. Infine, sono in commercio dei prodotti antiallergici specifici da applicare sul pelo dell’animale che contribuiscono a limitare la diffusione degli allergeni.

«In generale, gli animali hanno oggi assunto un ruolo importante nel nucleo familiare, di cui sono membri a tutti gli effetti – e la loro importanza è stata ulteriormente evidenziata durante il periodo di lockdown», conclude il veterinario. «È importante cercare di comprendere in anticipo se vi può essere un problema di allergia, anche perché se per esempio un bambino si rivela allergico al cane o al gatto, darlo via può essere traumatico sia per l’animale sia per il bambino stesso. Il consiglio è dunque di seguire le indicazioni che permettono di ridurre al minimo il rischio di scatenare reazioni allergiche, rivolgersi a un medico e cercare di fare delle prove prima, perché c’è comunque la possibilità di convivere».


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Photo by Tran Mau Tri Tam on Unsplash

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.