SCOPERTE

La vita ha preso origine anche dalle rocce

L’esperimento che dimostra le origini della vita torna alla ribalta: un gruppo di ricercatori italo-spagnoli scopre un altro elemento che ha partecipato alla reazione chimica

Ricordate lo storico esperimento che suggerì le condizioni terrestri che resero possibile la nascita della vita sulla Terra? Ebbene un gruppo di ricercatori dello Spanish National Research Council (CSIC) e dell’Università della Tuscia (Italia) ha dimostrato che anche il vetro dei recipienti usati per condurre l’esperimento ha avuto un ruolo fondamentale nel risultato finale.

“L’idea che il vetro potesse avere un ruolo nell’esperimento ci è venuta sulla base di risultati precedenti”, racconta Raffaele Saladino, professore presso il Dipartimento di Scienze Biologiche ed Ecologiche dell’Università della Tuscia. “Abbiamo osservato che la silice, contenuta in diversi minerali, è attiva nel promuovere la sintesi di molecole di interesse biologico se posta in condizioni alcaline. In queste condizioni, soprattutto, la silice si solubilizza in acqua. Una cosa eccezionale perché normalmente i minerali sono insolubili e perché la solubilità aumenta di molto la loro reattività”. Maggiori sono il pH e la temperatura, maggiore è la solubilità della silice.

Ma se anche il borosilicato dei recipienti di vetro usati nell’esperimento di Miller-Urey si fosse disciolto nell’acqua, date le condizioni sperimentali? Da questa ipotesi che mette nuovamente in discussione i risultati di Miller-Urey nasce la necessità di verificare un esperimento che era ormai consolidato.
È un esempio di come la scienza guarda al proprio operato sempre in modo critico, permettendo così che il miglioramento, l’avanzamento e l’innovazione possano avere spazio.

L’esperimento di Miller-Urey nel 2021

Il giovane Stanley Lloyd Miller costruì, sotto la supervisione del suo mentore Urey, un apparato di vetro. All’interno di uno dei recipienti che lo componevano mise acqua mantenuta ad alta temperatura. Quest’acqua rappresentava l’oceano primitivo responsabile della produzione di vapore acqueo. In un secondo recipiente, il giovane ricercatore introdusse una miscela di idrogeno, ammoniaca e metano, per simulare l’atmosfera primordiale.
Una condizione del secondo contenitore erano pure le scariche elettriche per simulare i temporali, che si ipotizzava avvenissero di frequente sulla Terra primitiva. Questo era il modello originale della pozza primitiva.

Dopo una settimana di esperimenti gli scienziati trovarono dentro l’acqua aminoacidi e altri composti organici prebiotici. Queste molecole, una volta prodotte, potevano concentrarsi in acqua. Gli scienziati ipotizzarono che, con il passare del tempo, tali molecole potessero dar luogo alla comparsa di strutture sempre più complesse, fino all’emergenza del primo organismo vivente.

“Ci siamo resi conto che queste condizioni nell’esperimento di Miller – Urey provocavano anche l’aumento della basicità all’interno del reattore. E quindi per noi è diventata subito chiara la possibilità che parte della silice presente nel vetro che costituiva il reattore potesse partecipare al processo”. E infatti, ripetendo l’esperimento con tre reattori di materiale differente – il vetro, il Teflon che è un materiale chimicamente inerte e il Teflon con l’aggiunta di trucioli di vetro all’acqua – i risultati hanno dimostrato il ruolo del borosilicato.

Un nuovo modello per l’origine della vita

Le ipotesi sulle origini della vita che abbiamo conosciuto finora non sono da gettare nel cestino. Miller, senza saperlo, aveva già introdotto la variabile dei minerali. Solo non lo aveva realizzato perché la sua attenzione era tutta posta sull’atmosfera e sulla presenza di acqua.
“Quello che mancava nel modello di Miller – Urey era proprio il ruolo dei minerali. Quindi, le ipotesi sull’origine della vita si sono arricchite del ruolo svolto dal minerale”.

Con lo studio che i ricercatori italo-spagnoli hanno pubblicato su Scientific reports si dimostra che l’atmosfera e l’acqua sono importanti, ma che ha un ruolo fondamentale anche l’elemento minerale che probabilmente era disciolto anche nell’acqua stessa.
“Ciò suggerisce che gli studi sull’origine della vita debbano concentrarsi anche sulla composizione dei minerali presenti e sul ruolo che questi hanno avuto nel condurre, favorire e orientare i processi chimici”.

Il successo della ricerca pubblicata su Scientific reports è dovuto anche alla collaborazione multidisciplinare. “Se avessimo ripetuto l’esperimento senza mettere insieme diverse competenze probabilmente avremmo fatto l’ennesima replica”. Infatti, i ricercatori spagnoli sono esperti di geochimica e quindi degli aspetti relativi alla composizione mineralogica della Terra nell’era Ediana, quando si pensa sia emerso il primo organismo vivente. Mentre gli italiani sono specializzati nei processi prebiotici, nella chimica tipo Miller. “Combinando competenze diverse scaturiscono conoscenze nuove. Speriamo che questa scoperta dia slancio a nuovi studi in tale ambito di ricerca”.

Il futuro della ricerca sulle origini della vita

L’esperimento di Miller – Urey è stato ripetuto centinaia di volte per modificarne le condizioni: per esempio, sono state esplorate diverse distanze degli elettrodi all’interno del reattore o varie miscele di gas. Le moderne tecniche analitiche hanno permesso di confermare la diversità molecolare dei prodotti di reazione.

A settant’anni di distanza è ritornato un esperimento di riferimento grazie alle recenti scoperte. “Sarà possibile ripetere l’esperimento altre migliaia di volte, variando alcuni parametri in modo controllato”.
Ad esempio, è possibile saggiare l’effetto di vetri boro-silicati con composizioni chimiche leggermente diverse, per osservare l’impatto sulla produzione di elementi chimici organici.

“Poi, stiamo progettando esperimenti che impieghino meteoriti, polveri cosmiche o minerali come gli zirconi, tra i più antichi presenti sulla superficie del nostro pianeta. Ciò ci consentirà di capire il contributo di ciascun minerale alla sintesi di molecole complesse e necessarie per la vita”.

Inoltre, il presente studio apre anche nuove possibilità nella ricerca spaziale. “Mediante misure astrofisiche, abbiamo informazioni sulla componente minerale dei corpi celesti. Possiamo, quindi, ricostruire quegli ambienti in laboratorio per verificare quali molecole biologiche possano essere prodotte in semplici condizioni di energia. Potremmo scoprire che esistono componenti più attivi della silice nel produrre la variabilità chimica che ha consentito la comparsa della vita”. In pratica, conoscendo le caratteristiche minerali e atmosferiche di un pianeta sarà possibile prevedere il tipo di chimica presente, anche nel caso di esopianeti distanti migliaia di anni luce dalla Terra. Infine, dati del genere permetterebbero di dimostrare in modo inconfutabile che le molecole organiche possono essere originate per via abiotica, nonché restituirci un’idea della facilità con cui ciò accade. “Si è aperto un nuovo settore della ricerca: la possibilità di modellare i processi prebiotici renderà molto più semplice riconoscere la vita extra-terrestre”.


Leggi anche: L’origine della vita è una questione di asimmetria

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Immagine: Pixabay

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Giulia Annovi
Mi occupo di scienza e innovazione, con un occhio speciale ai dati, al mondo della ricerca e all'uso dei social media in ambito accademico e sanitario. Sono interessata alla salute, all'ambiente e, nel mondo microscopico, alle proteine.