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AIDS: giocando si impara

SALUTE - Si impara e talvolta persino si da una mano alla conoscenza scientifica. Di Foldit avevamo parlato qui e qui. Sembra proprio che il gioco partecipativo stia dando i suoi primi (e importanti) frutti. Uno dei problemi che hanno a lungo impegnato i biochimici è quello di determinare l'esatta struttura molecolare di certi enzimi importanti per il metabolismo del virus dell'AIDS. Conoscendo la loro struttura sarebbe pssibile intervenire per disattivarli. In particolare gli scienziati si sono cimentati su una famiglia di proteasi retrovirali di un virus molto simile a quello che causa l'AIDS (il Mason-Pfizer Monkey Virus, che colpisce le scimmie). Per quasi dieci anni gli scienziati hanno cercato di determinarne la struttura esatta, arrivando solo ad approssimazioni. In tre settimane un manipolo di giocatori (in gran parte senza fomazione scientifica), che sono stati citati anche come autori (insieme a Firas Khatib, primo autore che ha lanciato l'idea) nel paper pubblicato su Nature Structural & Molecular Biology, hanno risolto il problema

Effetti collaterali

NOTIZIE - La scoperta potrebbe spiegare perché le persone con colpite da infezione da HIV e trattate con farmaci antiretrovirali a volte mostrano in anticipo i segni dell'invecchiamento, come le malattie cardiovascolari e la demenza in età precoce. Nei Paesi ad alto reddito, come l'Europa e il Nord America, i farmaci di prima generazione vengono utilizzati sempre di meno, a causa di possibili tossicità ed effetti collaterali se assunti per un lungo periodo di tempo. Dalla parte opposta c'è la situazione dei Paesi a basso reddito in via di sviluppo, che non possono permettersi medicine costose per i propri pazienti e devono ricorrere a questi farmaci. Proprio i farmaci che dovrebbero allungare la vita (migliorandone anche le condizioni) ai malati di AIDS, provocano un rapido e precoce invecchiamento e oggi forse sappiamo il perché. Stiamo parlando degli analoghi nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI), di cui il più noto è la Zidovudina, conosciuta anche come AZT, appartenenti alla prima classe di farmaci sviluppati per il trattamento dell'HIV. Quando venne commercializzata negli anni '90 rappresentava un importante passo avanti nel trattamento della malattia, ampliando notevolmente la durata della vita dei malati contribuendo a trasformare l'HIV in una condizione cronica, piuttosto che una malattia terminale.

HIV: l’unione fa la forza

Secondo un nuovo studio dell'Istituto Superiore di Sanità l'azione combinata di due farmaci antiretrovirali è in grado di uccidere solo le cellule infettate dal virus dell'AIDS lasciando vive tutte quelle sane
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