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RE-POST – AIDS: alla ricerca del vaccino perduto

LA VOCE DEL MASTER - Siamo giunti al quarto appuntamento con Re-post, il podcast del Master in Giornalismo Scientifico Digitale della Sissa di Trieste. Potete seguirci ogni due settimane sulle pagine di Oggiscienza. In questa puntata parleremo dell’AIDS e dei tentativi di produrre un vaccino contro quest’infezione, che continua a contare più di 2,5 milioni nuovi contagi all’anno. A che punto siamo con la ricerca? Ne parliamo con Guido Silvestri, capo della divisione di Microbiologia e immunologia allo Yerkes National Primate Research Center della Emory University di Atlanta, e , ex-presidente della LILA e autore del libro "AIDS: lo scandalo del vaccino italiano".

«Vi restituirò il Dodo»

CRONACA - Lo scorso venerdì a Washington D.C. si è tenuto il meeting TEDx DeExtinction. Organizzato sul modello delle celebri TED conferences con la collaborazione del National Geographic questo evento era dedicato alla possibilità di riportare in vita organismi estinti. Impossibile non pensare subito a Jurassic Park, la cui versione cinematografica tornerà di nuovo nelle sale in versione 3D: come riconosce anche Carl Zimmer, al quale è affidata l'introduzione, il tema della de-estinzione (questo il neologismo coniato per l'occasione) è stato reso per la prima volta familiare al pubblico grazie all'opera di Michael Crichton. Ma le cose ora sono un po' più complicate: in particolare ora abbiamo davvero tecnologie in grado di resuscitare delle specie, ed è probabile che nel prossimo decennio e in quelli a venire potremo realmente toccarne con mano alcune. Il dibattito sul tema non solleva solo problemi prettamente scientifici, ma va a toccare anche le corde dell'etica e della filosofia: sappiamo farlo, ma dovremmo farlo?

Il primo dinosauro piumato americano

CRONACA - Un branco di dinosauri simili a struzzi fugge alla disperata dall'attacco di un T-Rex, scagliato a grande velocità. È una delle scene topiche del kolossal Jurassic Park: i protagonisti si trovano proprio nel mezzo della battuta di caccia, e riescono a salvarsi solo per un pelo. La scena, per quanto spettacolare, a quasi vent'anni di distanza appare infatti scientificamente poco verosimile. Fino a poco tempo fa, era solo il comportamento del T-Rex a far discutere. Secondo le ultime interpretazioni, questo gigante, per quanto avesse un aspetto temibile, non era affatto uno spietato predatore, ma più probabilmente uno spazzino. La costituzione scheletrica degli arti posteriori porterebbe infatti a ritenere che una creatura di una tale stazza fosse inadatta a compiere inseguimenti a gran velocità. A questo dubbio, ormai ben noto, se ne aggiunge ora uno inedito, per colpa di una recentissima scoperta paleontologica. I paleontologi Darla Zelenitsky dell'Università di Calgary e François Therrien del Royal Tyrrell Museum of Palaeontology hanno trovato in tre esemplari fossili di Ornithomimus, risalenti a circa 75 milioni di anni fa,tracce della presenza di un piumaggio e di strutture simili ad ali. La scoperta è stata appena pubblicata su Science. I dinosauri da loro studiati appartengono alla famiglia degli ornitomimidi, letteralmente "imitatori di uccelli": sono gli stessi della scena di Jurassic Park, rappresentati dagli autori nella tradizionale veste di rettili ricoperti da squame

Niente Jurassic Park

CRONACA - Una conferma al forte sospetto che il DNA non possa conservarsi così a lungo da poter addirittura maneggiare quello dei dinosauri (magari allo scopo di riportarli in vita, così come vorrebbe Jack Horner) arriva da uno studio sui Proceeding of the Royal Society B, fresco fresco di pubblicazione. Lo studio dimostra che l'emivita del DNA sarebbe di 521 anni (per un frammento di 242 coppie di basi). Questo significa che in questo periodo si dimezza il numero di legami fra nucleotidi originali (significa che nei primi 521 anni si resta con la metà, nei secondi 521 anni con la metà della metà rimanente e via dicendo, fino a che dopo circa 6,8 milioni di anni non rimane nessun legame, ma il DNA risulterebbe illeggibile ben prima, probabilmente già dopo un milione e mezzo di anni). Tutto questo se il reperto fosse conservato in condizioni ideali (a -5°C) e per il DNA mitocondriale esaminato da Morten Allentoft at the University of Copenhagen and Michael Bunce at Murdoch University in Perth. Probabilmente per il DNA nucleare il tempo di decadimento sarebbe ancora più rapido