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AMBIENTE

Plastica: e se la mettessimo tra i rifiuti tossici?

AMBIENTE - Produciamo e gettiamo plastica in quantità mostruose e se non ne teniamo sotto controllo lo smaltimento, finiremo per distruggere i nostri ecosistemi. Inserire questo materiale tra i rifiuti tossici potrebbe non solo prevenirne un ulteriore accumulo nell’ambiente e garantire un ripristino degli habitat contaminati, ma anche stimolare la ricerca verso nuovi polimeri più sicuri: è questa la riflessione di un team di esperti di ecologia guidato dalla University of California Davis alla luce delle cifre su consumi e inquinamento da materiali plastici degli ultimi anni, appena pubblicata sulla rivista Nature. I dati riportati nello studio sono in effetti allarmanti e si prevede che entro il 2050 accumuleremo una quantità di plastica così grande (le stime parlano di 33 miliardi di tonnellate) che i camion per contenerla, se posti in fila, farebbero 800 volte il giro del Pianeta. Solo l’anno scorso abbiamo prodotto a livello globale 280 milioni di tonnellate di materiali plastici e di questi meno della metà sono stati raccolti in discariche o riciclati.

Come la crema anti-rughe

Su Nature esce una valutazione dei risultati ottenuti dalle principali riserve tropicali nel proteggere la biodiversità durante gli ultimi 20-30 anni . Un fallimento?

Il cinguettio che aiuta a capire il cervello

SALUTE - Le lezioni di canto del Passero del Giappone, un piccolo e socievole pennuto, potrebbero aiutare a trovare nuovi modi per trattare malattie neurologiche che compromettono il movimento, come ad esempio la malattia di Huntington e il Parkinson. La ricerca nasce dall’osservazione del maschio di questa specie mentre impara a riprodurre la melodia che gli servirà a incantare le femmine una volta raggiunta la maturità sessuale. Si tratta di una lunga fase di apprendimento, fatta di prove ed errori, durante la quale l’uccello ripete per centinaia di volte al giorno lo stesso motivo, migliorandolo continuamente con dei piccoli aggiustamenti del suono. Lo studio di questo processo ha permesso a un gruppo di ricercatori della University of California, San Francisco, di identificare una nuova caratteristica dei gangli della base, un insieme di nuclei di sostanza grigia del cervello che agisce come centro di apprendimento.

Se i neuroni hanno troppo sonno

NOTIZIE - Dormire bene è il segreto per svegliarsi in forma la mattina e affrontare la giornata lavorativa. Lo sanno bene le persone che soffrono di insonnia o gli studenti che passano notti in bianco per superare gli esami. Questa non è senz'altro una novità, e se pensate di poter dormire solo un paio di ore a notte, la ricerca che oggi viene pubblicata sulle pagine della rivista Nature vi contraddice, spiegando cosa succede ai neuroni dopo molte ore di veglia.

Il vicino di casa nucleare

LA VOCE DEL MASTER - Una delle più popolari serie televisive di sempre, I Simpson, offre in qualche modo uno spaccato di vita vicino a una centrale atomica. Springfield, la città di Homer e famiglia, è infatti caratterizzata dall'ingombrante presenza della centrale nucleare di proprietà dello spietato miliardario Charles Montgomery Burns: un impianto in cui lavorano inetti come Homer e che è spesso teatro di clamorose e criminali violazioni alla sicurezza. Certo, ne I Simpson la caricatura satirica è evidente, ma chi vorrebbe davvero come vicino di casa una centrale nucleare?

La mente del nematode

IL PARCO DELLE BUFALE - I lettori scettici sono pregati di cliccare immediatamente su questo link. Quelli che si fidano della custode proseguano pure. Il mistero del colorante-elisir di lunga ROMA – Un colorante giallo usato molto nei laboratori per riscontrare la malattia di Alzheimer, la Tioflavina T , si è rivelato una sostanza allunga-vita dei vermetti di laboratorio del 50%, rallentando il decorso della demenza senile (Alzheimer) negli animali. La custode è pronta a credere che molti animali hanno una coscienza e sospetta che rimorda quelli che le fanno compagnia.Tuttavia su Nature ha trovato solo il resoconto di un bell'esperimento di Silvestre Alvarez e altri ricercatori coordinati da Gordon Lithgow del Buck Institute for Research on Ageing di Novato, in California. Parte dalla teoria secondo la quale le placche dell’Alzheimer - delle proteine (amiloidi beta) difformi che s’attaccano l’una all’altra e poi a tutto quello che trovano nel neurone - si creino per mancanza di “chaperones”, altre proteine che ridanno a quelle storte la forma giusta e se non ci riescono le eliminano. E si pensa che per effetto dell'invecchiamento le chaperones diminuiscano e non bastino più a svolgere la propria funzione.
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