Un nuovo documentario racconta la “scomoda verità” sulla pesca industriale e sulle sue conseguenze sullo stato di salute dei mari
Forse questo film solleverà un’onda di indignazione, come ha suo tempo ha fatto il documentario-inchiesta sul riscaldamento climatico, prodotto da Al Gore. Certamente è da vedere questo “The end of the line” in uscita, per ora nei cinema inglesi, dal’8 di giugno. La pellicola racconta la verità che si nasconde dietro a un piatto di pesce: l’industria della pesca e lo sfruttamento generalizzato della risorsa marina sta portando velocemente gli oceani alla morte.
Non è una novità e gli scienziati già da molti anni hanno messo in guardia i responsabili delle politiche di salvaguardia dei mari, suggerendo anche delle quote massime per la quantità di pesce pescato, quote che in genere non vengono mai rispettate in nessun paese. E così il mare oggi versa in condizioni gravi come mai in passato.
Il documentario è pensato per colpire lo spettatore allo stomaco: unisce un ottimo livello cinematografico a una grande cura e precisione nei contenuti. Le immagini sono a volte scioccanti: il pesce viene ripreso direttamente da dentro le reti e la cinepresa esplora il fondo marino da un punto di vista e con un dettaglio straordinario. Il film è un adattamento dal libro omonimo di Charles Clover, che appare anche in alcune scene quando per esempio chiede a ristoranti esclusivi per quale motivo continuino a servire specie seriamente minacciate come il tonno dalle pinne blu.
Il film si chiude con una nota di speranza: la situazione è grave ma è proprio ognuno di noi che può fare la differenza. Non è necessario smettere di mangiare pesce, ma è ora di iniziare a farlo in maniera sostenibile.