Il mondo punta gli occhi su COP15, il vertice ONU sui cambiamenti climatici che deciderà le sorti del pianeta
CRONACA – 7 Dicembre 2009, København. O come scrivono i giornali di tutto il mondo, Copenaghen. Ci siamo: la quindicesima conferenza dei paesi delle Nazioni Unite, ha avuto il suo via. Circa 15000 persone sono attese a COP15: accanto ai delegati dei 193 paesi delle Nazioni Unite aderenti al Framework Convention on the Climate Change (UNFCCC) ci saranno i rappresentanti delle organizzazioni ambientaliste, dell’industria e delle istituzioni di ricerca. Arrivano dai quattro punti cardinali per discutere di una questione che riguarda il globo intero: il clima. E infatti, proprio con questo messaggio il primo ministro della Danimarca, Lars Løkke Rasmussen, ha aperto i lavori della conferenza: “I cambiamenti climatici non hanno confini. Né fanno discriminazioni: sono un problema che affligge tutti”. Nel salutare i 100 capi di stato presenti al summit il premier danese ha fatto appello alla ragionevolezza e alla collaborazione. “Dobbiamo passare all’azione. Possiamo cambiare e dobbiamo cambiare. In ballo, qui a Copenaghen, ci sono le speranze dell’umanità”.
Il calendario per le prossime due settimane a Bella Centre è serrato. In soli sei giorni i gruppi di negoziazione riunitisi per il congresso dovranno prepare il tavolo alle riunioni che si terranno dal 15 al 18 dicembre. Sarà allora che verranno prese le decisioni sulle sorti del nostro pianeta. La forma legale con cui si chiuderà COP15 è infatti uno degli argomenti cruciali del meeting.
Il punto di partenza è Kyoto. Il protocollo, stilato nel 1997 ed entrato in vigore nel febbraio del 2005, ha validità fino al 2012. Prima di questa data quindi, nei prossimi tre anni, bisognerà arrivare a un nuovo documento. Ma, come anticipato in un post di qualche giorno fa, non è facile affiancare le esigenze di economie che vanno a velocità diverse. I paesi industrializzati che hanno aderito al protocollo sono tenuti legalmente a definire i nuovi obiettivi per il dopo Kyoto e, oggi, anche i paesi in via di sviluppo, che hanno minori responsabilità nelle emessioni rilasciate dal 1850 fino a ora e che non hanno aderito al protocollo, sono chiamati in causa. Seconodo gli scienziati dell’International Panel on Climate Change (IPCC) per evitare un pericoloso riscaldamneto del pianeta dovrebbero tagliare le emissioni del 16-23% rispetto ai livelli del 1990 prima del 2020.
Ma quali sono gli scenari che potrebbero vedere la chiusura del summit?
Per capirlo abbiamo chiesto aiuto all’International Institute for Envirmnmental Development (IIED), il centro di ricerca internazionale sullo sviluppo sostenibile che ha sede ha Londra.
Secondo gli esperti dell’IIED si potrebbero verificare una o un intreccio di soluzioni tra le seguenti.
Nessun accordo. COP15 si potrebbe chidere senza un accordo e con l’aspettativa che la discussione possa essere ripresa nel 2010 in una sorta di COP15-bis.
Un accordo politico senza valore legale. Ogni stato potrebbe decide i suoi obiettivi e come raggiungerli grazie delle leggi nazionali. È la soluzione sostenuta dagli Stati Uniti ma che trova anche forti opposizioni. Molti temono infatti che una soluzione non vincolata da accordi internazionali si riveli poco più che una burla.
Un nuovo accordo. Il protocollo di Copehnagen potrebbe rimpiazzare quello di Kyoto per aggiornarlo con nuove questioni come ad esempio, l’adattamento all’impatto ai cambiamenti climatici. Un accordo di questo tipo potrebbe includere impegni mitigati per gli Stati Uniti e delle azioni per le nazioni in via di sviluppo.
Due protocolli. Una modifica del protocollo di Kyoto e un nuovo accordo legale simile a quello appena descritto Molte nazioni spingono in questa direzione.
Le decisioni saranno decisive e, come ha ricordato stamattina il premio nobel Rajendra Pachauri, presidente del IPCC, il momento è storico. Pachauri ha sottolinaeto l’urgenza di un intervento rivolgendosi alla comunità globale. Non è il solo. Stamattina i lettori di 56 giornali di tutto il mondo, per la prima volta nella storia, hanno letto lo stesso editoriale (pubblicato qui in Italia da La Repubblica). Un’unica voce, in 20 lingue diverse, ha lanciato un solo messaggio richiamando la politica alle sue, grandi, responsabilità. “I rappresentanti politici che si riuniranno a Copenhagen hanno la possibilità di decidere quale sarà il giudizio della storia su questa generazione: una che ha capito la minaccia e che ne è stata all’altezza con le sue azioni oppure una talmente stupida da aver visto arrivare la catastrofe e di non avere fatto alcunché per impedirla.”
Il Corriere dell Serra chiude oggi con le loro stesse parole: “Vi imploriamo di fare la scelta giusta”.