“Triage” significa smistamento nel gergo dei chirurgi di guerra che devono decidere, quando i feriti sono troppi, quali operare e quali no. Nell’anno mondiale della biodiversità, e in quello cinese della Tigre, viene proposto un triage per le riserve di tigri
Al vertice di Nagoya, non se ne parlerà. Al grande felino asiatico dovrebbe essere riservata una conferenza separata dei 13 paesi in cui nel 1900 ne vivevano circa centomila. “Dovrebbe” perché il primo ministro russo Vladimir Putin l’aveva convocata in settembre a Vladivostok, ma poi la data è slittata a novembre . Oggi ne rimangono non più di 3.500, e forse un terzo di femmine in età riproduttiva, in zone che rappresentano circa il 6% del territorio sul quale si distribuivano cent’anni fa.
In Cambogia, Vietnam, Corea e Cina sono poche e consanguinee, il che ne ridurrebbe la fecondità se ci fossero ancora femmine giovani, ma non ce n’è traccia. In Siberia, alcune centinaia di tigri delle nevi resistono in enclave della taiga sulla quale i macchinari delle azienda in cerca di gas, petrolio e minerali spianano immensi corridoi. Vladimir Putin s’è dato una verniciata verde: sul suo web si può ammirare un esemplare al quale ha attaccato un radiocollare. In realtà, Gazprom e altre società gestite da amici suoi non si curano delle regole e la polizia russa perseguita gli ambientalisti con lo stesso zelo della polizia cinese. In tutto, scrivono gli esperti e i maggiori finanziatori delle riserve, in una ricerca commissionata dalla Banca Mondiale uscita su PLoS Biology il mese scorso, le riserve che vale la pena proteggere sono al massimo 42, in Indonesia, Tailandia, Nepal, Russia e in India. In questi paesi sopravvive il 70% delle tigri selvatiche, metà in India (circa 1.500 esemplari). In una manciata di posti sono abbastanza diverse, geneticamente, per fare da “fonte” nel caso i 13 paesi asiatici decidano di tutelarle davvero. Quindi bisogna abbandonare le riserve sterili, scrivono gli esperti, per concentrare gli sforzi e i finanziamenti su quelle produttive.
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Il WWF si sforza di salvare le tigri da quando è nato, quasi cinquant’anni fa. In India, nel 1972 Indira Gandhi ha lanciato – con fondi nazionali e internazionali – il Project Tiger. Da allora le iniziative, le promesse, i finanziamenti occidentali si sono susseguiti, così come i fallimenti. I funzionari federali e statali che dovevano controllare le riserve si sono intascati gli stipendi delle guardie, hanno truccato i dati dei rilevamenti, e inventato fantasiose stangate ai danni delle organizzazioni ambientaliste. Il divieto di caccia ha fatto aumentare il prezzo dei cadaveri e dei “prodotti derivati” venduti in Cina e nelle Chinatown del mondo (insieme a quintali di prodotti contraffatti). La guerriglia naxalista, che occupa le riserve degli stati nord-orientali dell’India, spaccia tigri in cambio di mitragliatrici e i direttori delle riserve chiedono l’intervento dei “Greyhounds”, le squadre speciali anti-terrorismo dell’esercito, e pattuglie a bordo di elicotteri. E ogni anno da otto a dieci indiani sono dilaniati da tigri, all’interno delle riserve dove si addentrano nonostante sia vietato farlo senza guide autorizzate (e su degli elefanti, di solito). Per mostrare che sono coraggiosi o che sono santi e un dio li protegge, per sbaglio, perché le guardie mai pagate hanno smesso di lavorare. Non per additare l’India, cose analoghe succedono altrove, ma è una democrazia, la stampa è libera e ci sono più informazioni.
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In India, scrivono gli esperti su PLoS Biology, ci sono ben 220 esemplari adulti – la più grande concentrazione al mondo – nella riserva di Malenad-Mysore. Attorno, gli abitanti sono un po’ meno poveri grazie all’afflusso di turisti e ricercatori. Altre tre o quattro sono gestite onestamente, e a Sumatra ce n’è un’altra decente. Quindi si farebbe ancora in tempo a proteggere i territori della Panthera tigris dalla devastazione dell’Homo sapiens al costo di 82 milioni di dollari all’anno versati della Banca Mondiale, dai governi interessati e dalle Ong.
Ma dove l’amministrazione è corrotta e le leggi inapplicate, basteranno i soldi e il triage a salvare le tigri? E ci importa qualcosa delle tigri?
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Link (sigh – ma c’è un animale più fotogenico?)
Panthera tigris, descrizione dell’Encyclopaedia of Life
Global Tiger Initiative, i progetti per il vertice del 21 novembre
Building a Future for the Tiger, il programma della Banca Mondiale
Save the Tiger Now, il WWF non perde la speranza
Save the Tiger Fund, The Fish and Wildlife Foundation americana
Save China’s Tigers, un tentativo di “ripopolamento” con tigri nate in cattività
Tigers Forever, l’altro grande “progetto di salvataggio” indiano
Big Cats Initiative, foto, articoli e documentari sui felini del National Geographic
Tigers in Crisis, in effetti…
Foto: tigre siberiana, fonte Open Democracy