SALUTE – Vivere a bordo della Stazione spaziale internazionale è un’esperienza unica, ma non fa tanto bene alla salute. Dopo lunghi periodi in assenza di gravità, gli astronauti vanno incontro a una serie di effetti collaterali: perdita di densità ossea, atrofia muscolare, disturbi del sistema nervoso, ipertensione, maggiore vulnerabilità alle infezioni. Da anni gli scienziati studiano le reazioni dell’organismo umano in orbita, non solo per aiutare chi affronta le missioni spaziali, ma anche per comprendere meglio meccanismi fisiologici che potrebbero rivelarsi utili sulla Terra.
È così, per esempio, che un gruppo di ricercatori dell’Università di Teramo, del Centro europeo per gli studi sul cervello e della Fondazione Santa Lucia, ha scoperto perché il sistema immunitario degli astronauti s’indebolisce nello spazio, trovando una possibile strada per contrastare l’invecchiamento. In gioco c’è un particolare enzima, chiamato 5-LOX, che regola almeno in parte la durata di vita delle cellule umane. Per studiare come la gravità influenza questo enzima, i ricercatori hanno spedito alcuni campioni di sangue di due donatori sani sulla Stazione spaziale.
Un set è stato esposto per due giorni alla microgravità, mentre l’altro è stato tenuto in una piccola centrifuga per simulare la gravità terrestre. I campioni sono stati poi congelati e rinviati sulla Terra per essere analizzati. In effetti, i campioni esposti alla microgravità hanno mostrato maggiore attività del 5-LOX rispetto ai campioni centrifugati e rispetto a un ulteriore campione di controllo, rimasto a terra. I campioni centrifugati, invece, erano rimasti identici ai campioni a terra. La speranza, molto terrena, è che controllando questo enzima si riesca a potenziare il sistema immunitario e rallentare il processo di invecchiamento.
“Ora abbiamo trovato un enzima che potrebbe giocare un ruolo nella causa dell’indebolimento del sistema immunitario”, ha spiegato Mauro Maccarrone, dell’Università di Teramo. “Sappiamo che l’enzima 5-LOX può essere bloccato con alcuni farmaci, già disponibili. Le ricerche stanno andando avanti, un ulteriore esperimento è rientrato a Terra con l’equipaggio della Spedizione 30 nella capsula Soyuz, la scorsa settimana. Speriamo che presto potremmo utilizzare queste scoperte per migliorare la salute delle persone, per esempio gli anziani che hanno meno difese immunitarie e sono più suscettibili alle malattie”.