AMBIENTE – La prossima volta che sentite un allarme ‘squalo’ ricordatevelo: la presenza dell’uomo ha portato alla riduzione del 90% (90% !) delle popolazioni di squali negli ultimi tre decenni. Secondo questa recente ricerca, quindi, chi dovrebbe aver paura forse non siete voi…
A dir la verità non stiamo parlando del Mediterraneo; si tratta invece del primo studio a larga scala sugli squali del Pacifico centro occidentale condotto nell’ambito del Pacific Reef Assessment and Monitoring Program della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration). 46 gruppi di isole, incluse le Hawaii e le isole Samoa, sono stati ‘setacciati’ dal 2004 al 2010 mediante immersioni subacquee. I risultati non lasciano spazio al dubbio: in prossimità delle aree antropizzate meno del 10% delle popolazioni originarie di squali di barriera sopravvive.
Secondo gli autori del lavoro, le acque calde, la complessità dei reef e l’ampia disponibilità di potenziali prede renderebbero le isole un habitat ottimale per gli squali ma la pressione antropica ne modifica profondamente l’effetto attrattivo: la presenza di un centinaio di abitanti è già sufficiente a ridurre del 20% le popolazioni di squali mentre ne basterebbero circa mille per raggiungere il 60%. Colpa della pesca illegale, delle uccisioni accidentali, del finning e della pesca sportiva, dicono i ricercatori. Senza dimenticare la distruzione degli habitat e la sovrappesca dei pesci che costituiscono la base della dieta degli squali.
Gli impatti maggiori si rilevano soprattutto su cinque specie: squali grigi (Carcharhinus amblyrhynchos), pinna nera (C. melanopterus), pinna bianca (Triaenodon obesus), delle Galapagos (C. galapagensis) e squali nutrice fulvi (Nebrius ferrugineus).
L’assenza degli squali, spiegano gli scienziati, modifica l’equilibrio dell’ecosistema a livello della catena alimentare, rendendolo di fatto più suscettibile alle perturbazioni. Proprio per questo gli interventi mirati a diminuire gli impatti umani devono essere condotti sia sugli squali ma anche sulle specie ittiche, regolando opportunamente la pesca.
Purtroppo, i risultati ottenuti dalla ricerca sono coerenti con altri studi condotti nel campo. Nel 2003, per esempio, è stato stimato che le popolazioni di squali in Atlantico nordoccidentale si sono ridotte del 65% tra il 1986 e il 2000. Similmente è avvenuto nell’arcipelago delle isole Chagos dove si registra una diminuzione del 90% dal 1970 ad oggi.
Come ha affermato Marc Nadon, primo autore del lavoro, “in breve, le persone e gli squali non si mescolano”.
Crediti: TANAKA Juuyoh (田中十洋)