RICERCA – Continua lo straordinario momento per la paleontologia nell’ambito dell’evoluzione dei primati: dopo la descrizione su Nature dei fossili della più antica scimmia antropomorfa finora nota (Rukwapithecus fleaglei) e della più antica scimmia del Vecchio Mondo finora nota (Nsungwepithecus gunnelli), originatesi subito dopo la separazione delle due linee evolutive intorno a 25 milioni di anni or sono, la medesima prestigiosa rivista inglese pubblica in questi giorni la scoperta del primate aplorrino (Subordine Haplorhini) più antico mai conosciuto. Tutti i primati attuali, ad eccezione di lemuri, galagoni e lori, che appartengono al Subordine Strepsirrhini, sono considerati primati aplorrini.
Si tratta di un piccolo mammifero arboricolo, chiamato Archicebus achilles (gen. et sp. novae), che viveva circa 55 milioni di anni fa in una vasta regione di foreste tropicali situate nell’attuale Cina centrale, vicino al corso del fiume Yangtze. Con i suoi soli sette centimetri di lunghezza e i suoi circa 20-30 grammi di peso, è più piccolo di tutti gli odierni primati e si nutriva con ogni probabilità di insetti e altri invertebrati. Aveva una lunga coda prensile, con cui si aiutava negli spostamenti tra le fronde degli alberi, e piccoli occhi frontali adattati ad una vita diurna (qui un immagine del suo aspetto).
Ma è la sua posizione filogenetica, valutata dopo un’accuratissima analisi morfologica da un gruppo di ricercatori dell’Accademia delle scienze cinese, dell’American Museum of Natural History di New York e del Carnegie Museum of Natural History di Pittsburgh, a rendere il piccolo Archicebus una specie fondamentale per la nostra conoscenza della storia evolutiva dei primati. Oltre ad essere di circa 7 milioni di anni più antica di tutti i primati noti così ben conservati (che appartenevano tutti alla linea evolutiva che ha dato origine ai lemuri), questa specie si colloca alla base della filogenesi delle aplorrine, subito prima della separazione tra la linea che ha dato origine ai tarsi (Infraordine Tarsiiformes), piccole scimmie notturne asiatiche, e a tutte le altre scimmie del Vecchio e del Nuovo Mondo (Infraordine Simiiformes).
Il suo ritrovamento, concludono i ricercatori, è importante in quanto retrodata di alcuni milioni di anni la divergenza tra tarsi e antropoidi, conferendo anche una maggiore precisione sulla datazione dell’evento di separazione delle due linee evolutive, e ci fornisce un’immagine del loro antenato comune molto differente da quanto ritenuto finora, dal momento che si credeva fosse molto simile alle odierne scimmie.
Riferimenti:
Xijun Ni, Daniel L. Gebo, Marian Dagosto, Jin Meng, Paul Tafforeau, John J. Flynn, K. Christopher Beard. The oldest known primate skeleton and early haplorhine evolution. Nature, 2013; 498 (7452): 60 DOI: 10.1038/nature12200
Crediti immagine: Andrea Romano