SALUTE – La prima volta che se ne sentì parlare era il 16 ottobre del 1846. Un dentista americano, William Thomas Green Morton, per la prima volta aveva usato un anestetico, l’etere, per operare un paziente e rimuovergli un tumore al collo. Da allora l’anestesia ha continuato a essere utilizzata e migliorata nel tempo. Sono stati scoperti anestetici sempre più sicuri ed efficaci, ma i lati oscuri sono ancora tanti. Ad iniziare dal suo meccanismo d’azione ancora sconosciuto, per finire con gli effetti tossici neuronali.
Se fino a oggi si pensava che i soli ad avvertire le conseguenze dell’anestesia fossero i bambini, uno lavoro pubblicato oggi su Annals of Neurology dimostra che non è esattamente così. Da uno studio condotto sui topi, dai ricercatori del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center, è emerso infatti che gli effetti neurotossici dell’anestesia non dipendono tanto dall’età dell’animale che la effettua, quanto dall’età dei neuroni. L’anestesia chirurgica quindi, potrebbe rappresentare una minaccia non solo per i più piccoli, ma anche per gli adulti. Anche se si tratta solo di un punto di partenza e ulteriori studi sono necessari.
Per arrivare a questa conclusione i ricercatori hanno esposto topi appena nati, giovani e adulti, a un anestetico ampiamente utilizzato sugli esseri umani, l’isoflurano, in dosi che rispecchiano quelle usate nella pratica chirurgica. In seguito all’esposizione i topi neonati hanno mostrato una perdita di neuroni diffusa soprattutto nella struttura del prosencefalo, come già dimostrato da ricerche precedenti, senza nessun effetto significativo nell’area del giro dentato. Viceversa nei topi giovani e adulti l’effetto tossico maggiore si aveva nel giro dentato, mentre a livello del prosencefalo l’impatto è stato minimo.
Finora gli studi si erano focalizzati prevalentemente sul cervello più giovane, perché lo sviluppo dei neuroni nei bambini è maggiore, diffuso e riguarda più aree cerebrali; per questo si pensava fosse maggiormente predisposto a effetti tossici. Ma nel cervello di un adulto, che sia uomo o animale, i neuroni continuano a svilupparsi anche se più lentamente e in determinate aree, come il bulbo olfattivo e il giro dentato. Quest’ultimo, in particolare, è stato al centro degli studi dei ricercatori di Cincinnati, perché coinvolto nell’apprendimento e il controllo della memoria.
«Con questo lavoro, abbiamo dimostrato che la morte cellulare dei neuroni, indotta dall’anestesia, non riguarda solo il cervello immaturo, come si credeva in passato» spiega Andreas Loepke, ricercatore e medico presso il Dipartimento di Anestesiologia «ma in generale ogni neurone che abbia una certa età o sia in un determinato stadio di maturazione».
È ormai chiaro come l’uso degli anestetici abbia delle ripercussioni sui cervelli in fase di sviluppo e diversi studi di controllo, eseguiti su bambini e adulti sottoposti ad anestesia chirurgica, hanno mostrato come ci sia un collegamento fra l’uso di anestetici e deficit per l’apprendimento e disturbi della memoria. «Certo la chirurgia è fondamentale per salvare le vite umane o semplicemente migliorarne la qualità» sottolinea Loepke «e non può essere eseguita senza anestesia». Ma forse sono necessari ulteriori studi che indaghino sugli effetti tossici degli anestetici a livello cerebrale e «discutere coi i pazienti e i genitori i rischi e i benefici di sottoporsi a questa pratica, così come i rischi/benefici di non affrontare l’operazione».
La scoperta però è importante anche perché permette di fare un passo avanti verso la comprensione dei meccanismi che causano questi effetti tossici. Il prossimo passo sarà infatti identificare i processi molecolari specifici attivati dall’anestesia, che portano alla morte delle cellule cerebrali. Solo in questo modo gli scienziati in futuro saranno in grado di sviluppare strategie terapeutiche per arginare questi danni.
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