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Esplosione del Cambriano: l’evoluzione ha messo la quinta

489px-Dalmanites_limulurus_trilobite_silurianRICERCA – Uno dei più importanti eventi della storia della vita sulla Terra è senza dubbio rappresentato dalla cosiddetta Esplosione del Cambriano: tra 540 e 520 milioni di anni fa, avvenne in tempi (geologici) rapidissimi un’imponente radiazione adattiva di fauna pluricellulare invertebrata, che diede origine a tutti gli attuali phylum animali, compreso quello dei cordati, a cui apparteniamo, che allora era rappresentato dalla famosa Pikaia gracilens. La grandiosità di questo evento è testimoniato dai fossili contenuti nelle argilliti di Burgess, in Canada, da cui ogni anno vengono ancora rinvenute e descritte nuove specie (ad esempio Fuxianhuia, Siphusauctum, Nectocaris, Hurdia), che si aggiungono alle centinaia scoperte nel corso dell’ultimo secolo (per una descrizione minuziosa rimando al capolavoro di Stephen J. Gould “La vita meravigliosa. I fossili di Burgess e la natura della storia“).

Secondo gli esperti, l’Esplosione del Cambriano rappresentò uno dei primi tentativi di pluricellularità, che segue cronologicamente agli eventi di diversificazione che diedero vita alle faune di Lantian (circa 600 milioni di anni fa) e di Ediacara (circa 575 milioni di anni fa), ma l’unico che ha lasciato discendenti fino ai giorni nostri. Nonostante la rilevanza dell’evento e le evidenze dirette dell’origine in tempi rapidi di una serie di innovazioni fenotipiche (e quindi genetiche), nessuno studio aveva finora cercato di quantificare in maniera precisa i tassi evolutivi nel corso di questa radiazione adattativa.

Combinando evidenze fossili nonché informazioni anatomiche e molecolari su decine di specie di artropodi attuali, un gruppo di ricercatori dell’Università di Adelaide, in Australia, ha colmato questa lacuna. In particolare, utilizzando le differenze sia genetiche (sono stati utilizzati 62 sequenze geniche) che morfologiche (sono stati utilizzati 395 caratteri fenotipici) tra gli attuali artropodi, è stato possibile stimare i tassi evolutivi e i tempi di diversificazione delle specie del passato. Con questi dati in mano, e basandosi sull’assunzione che ad una data differenza morfologica corrisponde, in media, una certa variazione genetica e che questa relazione dovrebbe mantenersi nel corso del tempo, i biologi hanno poi ricostruito quelli delle specie estinte.

Dai risultati, pubblicati sulla rivista Current Biology, emerge come i tassi evolutivi, sia fenotipici che genetici, siano stati estremamente accelerati durante l’esplosione del Cambriano rispetto a quelli dei successivi 500 milioni di anni. Se l’evoluzione fenotipica è risultata 4 volte più veloce in questo periodo che nei seguenti, quella molecolare lo fu ancora di più: con il 117% delle modificazioni a livello di DNA per ogni milione di anni, nel corso della radiazione adattativa cambriana l’evoluzione molecolare è stata ben 5,5 volte superiore a tutti gli altri periodi dell’eone Fanerozoico.

Una tale velocità evolutiva, secondo gli autori, sebbene certamente alta, è anche perfettamente plausibile e compatibile con l’azione della selezione naturale: e questo discorso vale tanto di più se si considera che le forme di vita evolutesi nel Cambriano hanno trovato un mondo completamente nuovo e da colonizzare interamente. E in questa fase l’origine di molte novità evolutive, quali l’esoscheltro, le mascelle o l’apparato visivo, hanno certamente rappresentato un vantaggio per i possessori, favorendone la diffusione e la successiva diversificazione.

Crediti immagine: DanielCD, Wikimedia Commons

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Andrea Romano
Biologo e giornalista scientifico, lavora come ecologo all'Università degli Studi di Milano, dove studia il comportamento animale. Scrive di animali, natura ed evoluzione anche su Le Scienze e Focus D&R. Dal 2008, è caporedattore di Pikaia - portale dell'evoluzione