CRONACACULTURA

Investito da un lampo gamma

PP-27a-08CRONACA – “Quando una stella muore, l’universo se ne accorgerà” recita il testo dell’ultimo singolo di Giorgia. E questa volta i segni di un’esplosione stellare sono stati rivelati dai telescopi in orbita e da quelli a terra per oltre sei mesi. Prima, lo scorso 27 aprile, è arrivato un luminoso e potente lampo di raggi gamma (detto GRB, Gamma Ray Burst) di qualche centinaio di secondi, seguito poi da una coda di raggi X durata molte settimane.

Il GRB di aprile, nome in codice 130427A (che identifica la data della sua osservazione), è stato da record: è uno dei più brillanti mai osservati in oltre quarant’anni di misurazioni, e ha viaggiato nello spazio per quasi quattro miliardi di anni. Dall’analisi dei dati sono nate quattro pubblicazioni su Science (1, 2, 3, 4) e un articolo su The Astrophysical Journal, tutti usciti tra ottobre e novembre.

Ne abbiamo parlato per OggiScienza con Alessandro Maselli, ricercatore post-doc dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) di Palermo che, metaforicamente, si definisce come “investito in prima persona dal lampo gamma”. Era di turno quando uno degli strumenti dell’esperimento Swift ha iniziato a registrare l’arrivo di una elevatissima quantità di fotoni ad alta energia, ed è lui che ha coordinato l’analisi dell’evento, dalla raccolta dei dati fino alla pubblicazione di uno degli articoli scientifici.

“I lampi gamma appaiono senza alcun preavviso in una determinata direzione del cielo e possono durare da qualche centesimo a qualche centinaio di secondi. Quello che abbiamo visto è un GRB di lunga durata, che aveva una direzione compresa tra le costellazioni del Leone e dell’Orsa Maggiore. I lampi sono fenomeni abbastanza comuni, Swift ne rivela mediamente un centinaio ogni anno. Questo però è stato particolare perché ha rilasciato nei rivelatori più energia di tutti i precedenti”.

Swift_spacecraftGli strumenti che raccolgono i raggi gamma devono essere posti in orbita, perché la radiazione a queste frequenze viene assorbita dall’atmosfera e non arriva sulla superficie terrestre. Fra i satelliti attualmente operativi c’è Swift – per il quale lavora Maselli -, lanciato in orbita il 20 novembre di 9 anni fa con il principale obiettivo scientifico di studiare i GRB. Swift comprende tre telescopi: BAT (Burst Alert Telescope) che opera a grande campo e individua i lampi gamma provenienti da qualunque direzione, e i rivelatori a raggi X (XRT) e a luce ultravioletta e visibile (UVOT) che invece vengono, di volta in volta e rapidamente, puntati nella direzione individuata da BAT. Ma a scrutare la volta celeste ci sono, tra gli altri, anche Agile (una missione interamente italiana), INTEGRAL e l’osservatorio spaziale Fermi che contiene il telescopio LAT. Quest’ultimo ha registrato fotoni da GRB 130427A con energie di alcune decine di gigaelettronvolt, con un picco di 32GeV nove ore dopo il lampo. Si è trattato di un’anomalia, di un fenomeno difficilmente inquadrabile dal modello standard per come lo abbiamo concepito fino ad ora.

“Il modello standard non va abbandonato – ha chiarito Maselli – ma piuttosto va arricchito. Le osservazioni di GRB 130427A sono una pietra miliare con cui nei prossimi anni ci si dovrà confrontare. Siccome i dati ottenuti sono molto ricchi di dettagli, il modello standard è fortemente messo alla prova, ma nel complesso ha retto. Certo, non ci si aspettava di rivelare dei fotoni di energia così elevata e a così tante ore dall’inizio del fenomeno. I meccanismi che riescono a giustificare tali energie si accordano con difficoltà con le proprietà generali mostrate da questo GRB”.

Ma che cosa rappresentano, nello spazio profondo, queste esplosioni di raggi gamma? “I GRB di lunga durata come 130427A sono interpretati come il risultato dell’esplosione di una stella di grande massa, almeno qualche decina di volte quella del Sole. A seguito dell’esplosione si pensa che si formi un buco nero e che da esso si allontanino fasci molto collimati di particelle che viaggiano a velocità prossime a quelle della luce. Queste particelle interagiscono con il mezzo che circonda la stella ed emettono tutti i tipi di radiazione elettromagnetica, dalle onde radio fino ai raggi gamma”.

Si tratta di condizioni estreme, in cui la natura rivela tutta la sua potenza, che non siamo in grado di riprodurre artificialmente qui sulla Terra. Per questo gli scienziati hanno imparato a raccogliere da questi eventi tutte le informazioni possibili. “Dopo 2 ore gli astronomi sono riusciti a misurare il redshift della sorgente: ciò implica che la distanza a cui è avvenuta l’esplosione sia di 3,6-3,8 miliardi di anni luce. Rispetto alla media, questo GRB è stato relativamente vicino, appena un terzo della distanza che misuriamo di solito. 130427A è stato un evento intrinsecamente molto intenso (non da record, sotto questo aspetto), ma è risultato così brillante soprattutto in virtù della sua breve distanza”.

Facendo un passo indietro nel tempo, oggi fa quasi sorridere che i primi lampi osservati tra il 1968 e il 1973, siano stati coperti da segreto militare. All’inizio, infatti, si pensava che fossero conseguenze di test nucleari non autorizzati che violavano i trattati internazionali. Oggi, invece, eventi come 130427A sono immediatamente resi noti alla comunità scientifica.

Siccome questi lampi arrivano senza alcun preavviso, è stato messo a punto un sistema automatico per ottimizzare le misurazioni. Alessandro Maselli ci ha spiegato che “entro un tempo di circa 90 secondi dall’inizio del fenomeno, il satellite Swift ripunta autonomamente i propri telescopi UVOT ed XRT e inizia a raccogliere i dati sotto forma di luce visibile e raggi X. Una rapida analisi di questi dati permette di fornire la provenienza esatta del lampo, in modo che i telescopi a terra possano iniziare a fare misure fin dai primissimi minuti. L’emissione di raggi gamma dura pochi secondi, ma poi per giorni (e nel caso di GRB 130427A per mesi) è possibile continuare a rivelare emissione di raggi X”.

Ma oltre ai sistemi automatici c’è anche un importante intervento umano: “appena dopo l’inizio del lampo, il satellite lancia un segnale radio che in pochi secondi permette ai membri del team Swift che in quel momento si trovano in turno di ricevere un SMS. In queste occasioni ci precipitiamo al computer per seguire l’arrivo dei primi risultati dell’analisi sulle pagine web accessibili solo ai membri del team. Appena tutto è in ordine (di solito ci bastano una manciata di minuti) diramiamo una circolare alla comunità scientifica per far partire l’osservazione dai telescopi, anche robotici, posti a terra”.

Gli articoli recentemente pubblicati su Science hanno descritto l’analisi e l’interpretazione dei dati raccolti da un gran numero di strumenti, in orbita e da terra, e questo ha richiesto qualche mese. Lo studio delle proprietà di GRB 130427A ci accompagnerà certamente ancora a lungo, e nuove pubblicazioni sono attese in un prossimo futuro. Nel frattempo, un esercito di telescopi continua a scrutare il cielo, in attesa che qualche lampo ci riveli qualcosa in più sull’universo al di fuori della nostra galassia.

Crediti immagine: ESO, Lars Lindberg Christensen, NASA, Wikimedia Commons

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Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance. Sui social sono @undotti