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Vitamina C: un aiuto contro il cancro?

3291053507_292c07502e_oRICERCA – La vitamina C può essere un alleato nella lotta contro i tumori? Un punto a suo favore sembra arrivare da uno studio pubblicato su Science Translational Medicine da un gruppo di ricercatori dell’Università del Kansas. Lo studio dimostra, infatti, che alte dosi di vitamina C somministrata per via endovenosa rendono i pazienti oncologici meno sensibili agli effetti collaterali della chemioterapia.

Lo studio è stato condotto su un gruppo di 23 pazienti affette da cancro alle ovaie, 13 delle quali hanno ricevuto, insieme al trattamento chemioterapico, alte dosi di vitamina C per via endovenosa. Questa combinazione si è rivelata utile nel ridurre gli effetti tossico-nocivi della chemioterapia. Inoltre, lo stesso studio effettuato su un modello murino di cancro alle ovaie ha evidenziato non solo un effetto protettivo della vitamina C ma anche un effetto anti tumorale.

La vitamina C, a detta degli autori dello studio, potrebbe essere un valido alleato low-cost nella cura del cancro, anche se la cautela è d’obbligo in quanto lo studio, condotto su un numero veramente ristretto di pazienti, dovrà essere validato da uno studio clinico più vasto e articolato.

La cautela è necessaria anche a causa del lungo dibattito sul ruolo della vitamina C, nota anche come acido ascorbico, nella prevenzione dei tumori che sta dividendo la comunità scientifica da quasi 40 anni e che ha visto alternarsi risultati clamorosi, scadenti o contrastanti senza aver raggiunto tutt’oggi, ahimè, un consenso unanime.

Il due volte premio Nobel Linus Pauling fu il primo a sostenere, nel 1976, il ruolo antitumorale di alte dosi di vitamina C. Nel suo studio affermò di aver confrontato 100 pazienti che avevano ricevuto vitamina C per via endovenosa con 1000 pazienti di controllo, riscontrando un aumento della sopravvivenza di ben 4 volte e, in alcuni casi, la completa guarigione. Questo lo portò a definire la vitamina C un “semplice e sicuro trattamento di certo valore”. Le critiche non tardarono e si concentrarono soprattutto sulla scelta dei pazienti arruolati nello studio. Dei 1000 pazienti del gruppo di controllo, infatti, molti erano malati terminali o non avevano mai effettuato nessuna cura: grossolani errori sperimentali che hanno portato a definire il suo studio inattendibile.

Circa dieci anni dopo la Mayo Clinic, per far luce sulla questione, decise di confrontare in uno studio in doppio cieco l’effetto della vitamina C con un placebo, non riscontrando nessun effetto benefico. Tuttavia, in questo studio l’acido ascorbico fu somministrato per via orale e non per via endovenosa e lo studio della Mayo Clinic non fu considerato, quindi, una smentita definitiva dei benefici della vitamina C nella cura dei tumori proprio a causa di questo diverso metodo di somministrazione.

Successivamente, furono gli studi di Neil e Hugh Riordan, fondatori della Riordan Clinic, a ridare nuovo lustro all’impiego della vitamina C nella cura dei tumori, con risultati a volte incerti, a volte incoraggianti. Nonostante l’iniziale interesse per il lavoro di Riordan, la comunità scientifica espresse ben presto delle perplessità legate ai metodi poco “scientifici” attribuiti ai suoi studi, ampiamente descritti qui. La credibilità dello scienziato subì un definitivo duro colpo quando Riordan somministrò alte dosi di vitamina C per via endovenosa a una paziente malata di tumore mammario con metastasi ossee e descrisse, come unica dimostrazione dell’efficacia del trattamento, il pizza party organizzato dalla paziente.

Nonostante gli “scivoloni” metodologici, l’efficacia dell’acido ascorbico e di altre vitamine nella cura del cancro continua a essere indagata e sembra, come conferma lo studio pubblicato su Science Translational Medicine, che la direzione intrapresa dalla ricerca sia quella di dimostrare un loro ruolo di supporto alle cure chemioterapiche tradizionali anziché un vero e proprio effetto curativo. Un altro punto fermo che sembra essere scaturito da decenni di studi riguarda la via di somministrazione, facendo preferire quella endovenosa a quella orale, considerata inefficace. La stessa quantità di vitamina C somministrata per via endovenosa, infatti, produce picchi nel plasma di circa 25 volte maggiori rispetto a quantità analoghe somministrate per via orale senza considerare che il dosaggio massimo consentito oralmente è di 18 grammi al giorno contro i 100 consentiti per via endovenosa.

Rimane un’ultima doverosa riflessione da fare. Le vitamine hanno un forte potere antiossidante. L’ossidazione è un meccanismo fisiologico alla base della “respirazione” della cellula. Quando il processo ossidativo si altera a causa di agenti esterni, dell’età o di altri squilibri metabolici, si va incontro a un vero e proprio stress ossidativo, che può danneggiare strutture cellulari fondamentali come proteine e DNA. Un’alimentazione corretta, quindi, che apporti la giusta quantità di vitamine e antiossidanti può prevenire diversi stati patologici e favorire, in generale, un miglior benessere. Il loro ruolo nella cura di patologie importanti però, come ad esempio il cancro, non è mai stato  provato e non si possono quindi considerare vitamine e integratori come sostituti delle terapie farmacologiche tradizionali.

Lo studio pubblicato recentemente pone le basi per ritenere che la vitamina C possa supportare l’effetto della chemioterapia e facilitare il percorso di cura per i pazienti, ma solo studi più allargati e meticolosi, come affermato dagli stessi autori dello studio, potranno dire definitivamente se e quale ruolo hanno alte dosi di vitamine nella lotta ai tumori.

Crediti immagine: havankevin, Flickr

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