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Big Pharma, antitrust, e una questione più complessa di quanto sembri

AdderallrxSALUTE – “Generare e comunicare” preoccupazione sulla sicurezza dell’Avastin nelle cure oftalmiche. È quanto si legge in un documento interno della Novartis, colosso farmaceutico coinvolto, insieme alla concorrente Roche, nello scandalo Avastin. La maximulta richiesta da parte dell’Antitrust italiana alle due multinazionali elvetiche, su indicazione dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ammonta a 180 milioni di euro. Il reato ipotizzato: aver trovato un accordo di cartello per favorire la vendita di un farmaco, il Lucentis, prodotto dalla Novartis, molto più costoso ma di proprietà simili all’Avastin, prodotto dalla Roche, provocando un danno economico sia per i pazienti sia per il sistema sanitario italiano. I due farmaci sono usati nella cura della degenerazione maculare senile, che colpisce almeno il 60% degli over 60, e che è la prima causa di cecità nella popolazione.

La vicenda, che mostra ancora una volta la doppiezza etica delle multinazionali del settore farmaceutico (e, come spiega il documentario The Corporation, non soltanto di quello), contiene una serie di elementi tipici delle procedure intentate contro l’industria farmaceutica: accordo di cartello, danno alle istituzioni e ai malati, attività di lobby su media e commissioni competenti. Tutti fattori che non si scoprono certo oggi. Allo stesso modo, la sanzione finanziaria richiesta si aggiunge a una serie di altre procedure iniziate, e spesso portate a termine con successo, contro il cartello farmaceutico. Dall’inizio del secolo, le maggiori compagnie farmaceutiche mondiali (Big Pharma) sono state multate per oltre un miliardo di euro da parte dell’Antitrust italiano, proprio per accordi di cartello o abuso di posizione dominante.

Come detto, in questo caso il pomo della discordia sono stati due farmaci, l’Avastin, prezzo tra i 15 e gli 80 euro per dose, e il Lucentis, 900 euro per dose. L’adozione, dal 2012, del secondo farmaco a scapito del primo, da parte del sistema sanitario nazionale, si è tradotta finora nell’esborso di 45 milioni di euro. La conseguenza principale è stata che, a causa dei budget di molti ospedali, un numero elevato di pazienti non ha potuto sottoporsi a cure per la maculopatia.

Ironicamente l’Avastin è stato messo a punto da un ricercatore italiano ormai emigrato da tempo negli Usa, il catanese Napoleone Ferrara. Il farmaco, però, commercializzato dal 2004, non è pensato per la cura delle maculopatie, ma dei tumori al colon retto, al polmone e alla mammella. Soltanto in seguito se ne sono scoperte le proprietà nelle cure oftalmiche, ma il medicinale non è stato mai registrato per questi usi, ed è stato prescritto dai medici off label, cioè sotto la loro responsabilità. Nel corso del tempo, diversi studi ne hanno confermato dimostrato l’efficacia terapeutica per applicazioni alle malattie dell’occhio.

La domanda fondamentale, a questo punto, è: i due farmaci sono o meno equivalenti? La questione non sembra di così chiara soluzione. Come spiegato a la Repubblica da Francesco Bandello, presidente della società europea degli specialisti di retina, il problema non sarebbe l’efficacia – i due medicinali sarebbero equivalenti – ma la sicurezza. Mentre l’Avastin resta in circolo 20 giorni, sostiene Bandello, il Lucentis resta in circolo solo due ore, e questa differenza può tradursi in un rischio di tipo cardiovascolare per i pazienti nel caso dell’Avastin. Lo stesso Ferrara, mentre sostiene l’equivalente efficacia delle due medicine, chiarisce che esistono alcuni effetti collaterali, anche se li minimizza.

Quando Roche e Novartis affermano a loro discolpa che le differenze esistono, non stanno soltanto cercando di proteggere la strategia aziendale (è ovvio che c’è anche questo), ma avanzano i dubbi che riflettono una più complessa diatriba medica. Per quanto, da una parte, i ripetuti accordi sottobanco tra le imprese di Big Pharma non invitino a considerare la questione confidando nell’etica aziendale, è d’altra parte semplicistico ridurre tutta la questione a uno scontro dicotomico tra ‘le ricche e potenti multinazionali’ e i ‘poveri e ignari consumatori’. Né il medico che abbia prescritto Lucentis al posto del suo quasi-omologo più economico è per forza al soldo delle multinazionali.

È però vero che l’incertezza scientifica sul potere terapeutico di un farmaco può deliberatamente tradursi, nella strategia di un’azienda, in un messaggio molto più diretto: questo nuovo medicinale è efficace, questo vecchio non è più efficace. Ed è a questo punto che agenzie di controllo come l’Aifa entrano in gioco: non per smascherare, ma per esaminare. Se ci sia stato danno per lo stato e i pazienti, lo decideranno i tribunali. Ma il carattere incerto della conoscenza scientifica in formazione impone, per il momento, cautela nel giudizio.

Crediti immagine: FtWashGuy, Wikimedia Commons

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