CRONACA – Per la Corte Costituzionale è no: il divieto di fecondazione eterologa non regge. Cade così anche uno degli ultimi divieti ancora in vigore, tra quelli previsti dalla discussa legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (PMA). In altre parole: da oggi è incostituzionale vietare a coppie totalmente sterili il ricorso a cellule uovo o a spermatozoi donati da una terza persona.
La questione era stata sollevata da tre coppie sterili che si erano rivolte ad altrettanti tribunali (Firenze, Milano, Catania) per vedersi riconosciuto il diritto a ricorrere a fecondazione eterologa in centri italiani. Già, perché in altri paesi – anche europei – questo è possibile, solo che diventa un’opzione costosa, che non tutti possono permettersi. I tribunali avevano rilanciato la palla alla Corte costituzionale, che alla fine ha deciso: bocciate le sezioni degli articoli della legge 40 che prevedono il divieto di fecondazione eterologa e stabiliscono sanzioni per i medici che decidano di effettuarla comunque.
In realtà uno spiraglio si era già aperto nel 2009, dopo una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) su un caso austriaco, in base alla quale il divieto di fecondazione eterologa avrebbe violato la libertà nelle decisioni della vita privata e familiare e sarebbe stato discriminatorio. Dopo il ricorso del governo austriaco, però, la Cedu era tornata sui suoi passi, ammettendo in materia un’ampia discrezionalità dei singoli stati. Per l’Italia, dunque, era rimasto il divieto. «I suoi fautori sostenevano che la PMA eterologa violerebbe il diritto del nato all’identità genetica e comporterebbe il rischio di relazioni atipiche tra individui e di commercializzazione del corpo umano (in particolare dei gameti)» spiega l’avvocato Gianni Baldini, rappresentante di alcune associazioni di pazienti e dei centri Cecos di fecondazione assistita. «Per i detrattori, invece, si tratterebbe di un divieto anacronistico che penalizza e discrimina proprio coloro che hanno maggiore bisogno di ricorrere alle tecniche di PMA e cioè le coppie che presentano sterilità assoluta. Per altro in un quadro normativo europeo che appunto in molti paesi consente e regola l’eterologa».
Ora, però, si cambia. Ma che cosa succede esattamente per le coppie che avevano fatto ricorso e in generale per i cittadini italiani? «Le sentenze della Corte costituzionale sono immediatamente applicabili, dunque le coppie ricorrenti possono da subito andare in un centro di PMA e chiedere che venga applicata l’eterologa» sostiene Baldini. In realtà, in un suo commento alla sentenza, il ministro della salute Beatrice Lorenzin sembra invitare alla cautela. Ecco cosa si legge sul sito del ministero:
L’introduzione della fecondazione eterologa nel nostro ordinamento è un evento complesso che difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti. Ci sono alcuni aspetti estremamente delicati che non coinvolgono solamente la procedura medica ma anche problematiche più ampie, come ad esempio l’anonimato o meno di chi cede i propri gameti alla coppia, e il diritto a conoscere le proprie origini e la rete parentale più prossima (fratelli e sorelle) da parte dei nati con queste procedure. Sono questioni che non si può pensare di regolare con un atto di tipo amministrativo, ma necessitano una condivisione più ampia, di tipo parlamentare.
Per Baldini, però, le cose non stanno esattamente così. «Già la legge 40, che pure vietava l’eterologa, di fatto ne regolamentava proprio quegli aspetti “estremamente delicati” a cui fa riferimento il ministro». Per i casi in cui, nonostante il divieto, si sia ugualmente fatto ricorso all’eterologa, l’articolo 9 vieta infatti il disconoscimento di paternità e l’anonimato della madre e stabilisce che «il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi». Inoltre, alcuni decreti legislativi rilasciati negli anni scorsi stabiliscono già le modalità di crioconservazione del materiale genetico.
«Certo, ci vorranno comunque dei provvedimenti amministrativi che regolino in maniera più precisa il settore delle donazioni, per esempio stabilendo che debbano essere gratuite e uniche, per evitare che ci siano consanguinei che non sanno di esserlo, e istituendo dei registri appositi» precisa Baldini. I centri pubblici sicuramente aspetteranno questi provvedimenti prima di attivarsi, mentre quelli privati potrebbero cominciare ad organizzarsi, per esempio con registri interni. In ogni caso, sembra sempre più vicino il momento in cui le coppie sterili italiane non dovranno più affrontare un viaggio all’estero per diventare genitori.
Crediti immagine: Eugene Ermolovich (CRMI)
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