FUTURO – Passare vicino a un maiale, che trascorre le sue giornate vivo e vegeto in un ampio cortile, poi continuare la vostra passeggiata fino alla piccola fabbrica di paese dove acquisterete la sua carne, cresciuta in laboratorio a partire da cellule staminali. È lo scenario immaginato dagli scienziati Cor van der Weele e Johannes Tramper, che su Trends in Biotechnology raccontano di un possibile futuro in cui ogni città o piccolo centro abitato ha la sua fabbrica per produrre carne, localmente e su piccola scala.
Una fonte di cibo che potrebbe mettere d’accordo tutti, evitando l’allevamento intensivo da una parte e conciliando tecnologie e richiesta di carne (sempre in aumento) dall’altra. “Crediamo che la carne coltivata faccia parte del futuro”, spiega van der Weele, della Wageningen University nei Paesi Bassi. “In questa prospettiva l’obiettivo è anche quello di sostituire, parzialmente, il consumo di carne con prodotti vegetali, allevando meno animali in condizioni migliori e integrando, ad esempio, gli insetti nella nostra alimentazione”. Nel 2007, lo stesso Tramper ha partecipato a uno studio che indagava questa possibilità.
Secondo gli autori il punto, ora, è proprio approfondire la ricerca su quella che viene chiamata protein transition, considerando nuove fonti di proteine e stimolando una sempre maggior consapevolezza delle conseguenze che il consumo di carne, nella sua attuale concezione e scala, ha (e avrà a lungo termine) sugli animali e sull’ambiente. Quindi anche su di noi. Il meccanismo, secondo gli autori, è relativamente semplice: prevede l’utilizzo di bioreattori di grandi dimensioni per far crescere le cellule, insieme a un enzima la cui attività facilita l’aggregazione cellulare – e la conseguente raccolta – della carne coltivata. Il concreto risultato è più vicino alla carne macinata che a una bistecca, ma si tratta di un inizio positivo nonostante i costi stimati siano ancora troppo alti.
La richiesta di carne è sempre in aumento, insostenibile non solo dal punto di vista dell’inquinamento ambientale ma anche a causa del consumo di energia che richiede. Non di minore importanza, va inserita nel quadro anche la sofferenza degli animali, allevati intensivamente su larga scala per soddisfare la domanda dei consumatori. In ogni caso, ottenere carne a partire dalle cellule staminali è già possibile. Basta pensare a quando, nel 2013, Mark Post della Maastricht University presentò il primo hamburger coltivato in laboratorio, finanziato da Sergey Brin, co-fondatore di Google. Nel nuovo studio i ricercatori presentano la prima versione di un potenziale processo, che inizia con alcune cellule staminali e termina in una polpetta di carne macinata. La vera sfida comincia proprio dalla sostenibilità, ma stavolta si tratta di quella economica. Mantenere una linea di produzione continua per carne che, allo stesso tempo, sia anche meno costosa di quella ottenuta convenzionalmente, non è banale. Prerogativa fondamentale, inoltre, è che quest’ultima raggiunga prezzi così elevati da rendere necessaria l’attiva ricerca di un’alternativa
Secondo gli autori dello studio, in ogni caso, le potenzialità della carne in provetta sono troppo promettenti per ignorarle a priori. “Dal punto di vista morale le possibilità sono enormi”, commentano, “la preoccupazione riguardo al fatto che sia una cosa innaturale potrebbe essere attenuata con la produzione su piccola scala, che permette il contatto diretto con gli animali che donano le cellule staminali. In questo modo viene invertito il sentimento di ‘alienazione’, e dal punto di vista tecnologico la produzione a livello locale resta un’opzione molto promettente”. Paradossalmente, questo metodo ci porterebbe così a entrare in contatto con gli animali dei quali ci nutriamo molto più di quanto facciamo ora.
Crediti immagine: StevenW, Flickr
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