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Quando la scienza entrò in politica: la nutrizione ai tempi della I guerra mondiale

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“La prima cosa da fare per assicurarci la vittoria è quella di ottenere una riserva di cibo all’interno del paese, tale da garantire la massima efficienza a chi deve compiere lavori manuali [… ] Quando è il momento di scrivere la storia, l’amministrazione del Ministero dell’Alimentazione fornirà il classico esempio di rifiuto di quei principi ben ordinati, che comunemente chiamiamo Scienza. “

SPECIALE GIUGNO – Così William Bate Hardy, il segretario generale della Royal Society, si permise di sottolineare come sarebbe stato efficiente l’intervento degli uomini di scienza nella condotta del Ministero dell’alimentazione britannico in tema di politica alimentare. È un tentativo della scienza di introdursi nella vita politica per influenzare, tramite l’applicazione dei propri metodi, le decisioni dello stato.

Siamo in un periodo di intensa competizione economica e di tensione politica fra gli stati, e l’efficienza nazionale era un tema di grande interesse.
La prima guerra mondiale si rivelò un conflitto lungo, e per questo diventò strategico riuscire a esaurire le risorse degli avversari e mobilitare tutte le proprie a fini bellici. In ambito alimentare, la riduzione della produzione agricola spinse i prezzi alle stelle, tanto che i governi dovettero mettere un calmiere ai beni di prima necessità.

In Russia e Turchia la distribuzione del cibo subì una brusca frenata, e l’impero Austro-Ungarico ebbe la stessa sorte. La Germania per prima istituì un controllo governativo sulla produzione e la vendita del cibo, che aggravò ancora di più il blocco navale britannico. I tedeschi furono costretti a introdurre cibi alternativi, composti da ingredienti poco invitanti e soprattutto dallo scarso potere nutritivo. Fu così che la popolazione tedesca cadde in preda a una forte malnutrizione a partire dal 1916. Francia, Italia e Gran Bretagna dipendevano fortemente dall’importazione di grano e così dovettero cercare di aumentare la propria produzione interna, oltre a razionalizzare i propri consumi.
E fu proprio la calibrazione dei consumi interni una delle condizioni che concorse alla buona riuscita della guerra per la Gran Bretagna.

Prima della guerra non esisteva alcuna istituzione per il controllo della politica alimentare nazionale. Proprio questo territorio inesplorato della politica dette agli scienziati britannici la possibilità di introdursi nel dibattito e nelle decisioni politiche, forti del fatto che la nutrizione era una tematica propriamente scientifica. Il problema del cibo non poteva essere guardato solo da un punto di vista economico, come suggerito dal governo, ma era una questione nutrizionale e il governo aveva dunque bisogno degli uomini di scienza.

Agli scienziati si presentò l’occasione di proporre il metodo scientifico come forma di governo capace di prevenire il declino nazionale. La proposta non era disinteressata: gli scienziati volevano assicurarsi la possibilità di dire la propria negli affari politici, e nello stesso tempo di aver accesso a una maggiore disponibilità di fondi per la ricerca scientifica. La guerra dal canto suo sostenne il fermento degli scienziati, che sottolinearono come la tecnologia e l’efficienza della nazione non derivassero da altri che dalla scienza.

La prima commissione nacque nel 1915 con il nome di Physiology War Committee (PWC), composta da economisti, fisiologi e agronomi. La commissione venne fondata con il tacito sostegno del governo che voleva indagare su un rapporto pubblicato nel 1914, secondo il quale la Germania avrebbe conservato l’autosufficienza alimentare malgrado i blocchi imposti alle importazioni. Tra il 1915 e il 1916 la Cabinet Committee on Food Supplies impose alla popolazione la riduzione del consumo di cibo, che era sempre meno reperibile anche a causa dell’aumento dei prezzi, cresciuti del 59% rispetto al 1914. Ancora una volta il lavoro della PWC fu un sostegno fondamentale: nel 1916 venne pubblicato un rapporto che raccoglieva i dati sulla riserva di cibo in Gran Bretagna dal 1909 al 1913, facendo il punto della situazione durante la guerra e concludendosi con i consigli per razionalizzare il cibo. Questo rapporto fu il primo tentativo di stabilire quali fossero le necessità caloriche individuali così come la quantità di cibo necessaria, e soprattutto per la prima volta si tentò di razionalizzare scientificamente il problema del cibo.

Da qui iniziò la produzione di 11 rapporti che coprirono il periodo dal 1916 al 1918, e che avevano per oggetto la saccarina, lo zucchero, i prezzi al dettaglio, il glucosio, i fagioli di soia e il pane.
Nel frattempo, nel 1917 venne istituita anche una commissione internazionale e molti aspetti della nutrizione vennero amministrati dall’organo Inter-Ally Council of War Purchase and Finance, formato dai paesi alleati e dagli Stati Uniti. La commissione internazionale voleva fare una stima affidabile delle richieste di cibo di ciascun paese, e desiderava darle la struttura di vere e proprie linee guida, che potessero essere messe subito in pratica.

Dalla guerra dunque presero origine quelli che sarebbero stati i Laboratori Nazionali per la Nutrizione, che sarebbero sorti nei paesi alleati in tempo di pace.
Al termine della guerra tuttavia, quegli scienziati che avevano avuto la possibilità di influenzare le sorti dello stato vennero nuovamente allontanati dalla vita politica, adducendo la motivazione che in questo modo la ricerca scientifica sarebbe stata meno influenzata dalle logiche di governo.

Immagine: WWII food rationing, Wikimedia Commons

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Giulia Annovi
Mi occupo di scienza e innovazione, con un occhio speciale ai dati, al mondo della ricerca e all'uso dei social media in ambito accademico e sanitario. Sono interessata alla salute, all'ambiente e, nel mondo microscopico, alle proteine.