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Seralini, OGM e un paper sparito ma poi ricomparso

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ATTUALITÀ – Forbes l’ha definito uno studio “zombie”, di quelli che a volte ritornano. Sì perché questa sembra veramente la trama di un film. Il protagonista è Gilles- Éric Séralini, biologo molecolare francese e presidente del comitato scientifico di CRIIGEN, un comitato di ricerca e informazione indipendente sull’ingegneria genetica, nonché autore di una delle pubblicazioni scientifiche più attaccate degli ultimi anni. Gli OGM a lungo termine causano tumori. Questo dimostrava nel suo paper pubblicato nel 2012 ma svestito della sua totale valenza scientifica dall’intera comunità scientifica subito dopo la pubblicazione, tanto da essere ritirato un anno dopo. Ma ecco che il lavoro è stato pubblicato ancora, sostanzialmente identico, la scorsa settimana in una nuova rivista scientifica “per garantire alla comunità scientifica un accesso a lungo termine ai dati presenti nel paper”, come spiegato dall’editor-in-chief a Nature.

Lo studio

Il 18 settembre 2012, il settimanale francese Le Nouvel Observateur anticipava la pubblicazione dello studio di Séralini con un titolo tutt’altro che cauto: “Si, gli OGM sono veleno!”. La cosa strana, la prima delle tante, era il modo nel quale erano stati gestiti i rapporti con la stampa. Il paper era stato concesso sotto embargo a quei giornalisti che avevano firmato un accordo che impediva loro di mostrare il paper ad altri ricercatori prima della conferenza stampa. Negli stessi giorni, inoltre, era prevista l’uscita di un libro e di un film sugli studi di Séralini, altra strana coincidenza. Il paper compare subito dopo sulla rivista Food and Chemical Toxicology e, effettivamente, si tratta di roba forte. Il mais NK603, resistente all’erbicida RoundUp, e l’erbicida stesso, entrambi prodotti Monsanto, se introdotti nell’alimentazione dei ratti causano, a lungo termine, tumori ai reni, fegato, mammelle e sono associati a un maggior tasso di mortalità rispetto ai ratti alimentati normalmente. Passano pochi giorni e la comunità scientifica, che ha avuto modo nel frattempo di analizzare i dati, insorge. Non c’è nessuna veridicità nei risultati dello studio, e i metodi e le analisi eseguiti non sono corretti. Quindi, le conclusioni di Séralini sono infondate, dicono. L’editor del giornale viene inondato di lettere di protesta e le critiche si contano a fatica (in fondo a questa pagina un elenco non esaustivo), tanto da convincere il giornale, circa un anno dopo, a ritrattare il lavoro. Inutile dire che, se da una parte Séralini è diventato l’emblema del cattivo metodo scientifico, dall’altra è stato eletto paladino della comunità anti-OGM, con tanto di hashtag dedicato, #supportseralini.

Le critiche allo studio

Le critiche degli esperti si sono concentrate soprattutto nel design sperimentale dello studio di Séralini, inadeguato a sostenere una tesi cosi forte. Innanzitutto, il numero di ratti usati, dieci per gruppo, decisamente troppo basso per avere un valore statistico. C’è addirittura chi ha dimostrato che i risultati ottenuti dal biologo francese sono ottenibili per semplice fluttuazione statistica. Anche la durata dell’esperimento, due anni, è troppo lunga per questo tipo di studio. Bastano 90 giorni, infatti, per stabilire se una sostanza è cancerogena, perché in questo arco di tempo lo sviluppo di tumori è estremamente raro in casi normali. Inoltre, i ratti usati (gli Sprague-Dawley) tendono, nel corso della loro vita a sviluppare tumori spontanei tra il 30% e il 90% a seconda dei casi. Il fatto stesso di alimentare i ratti senza restrizioni non è di per sé l’approccio corretto per valutare la tossicità di un alimento. “Questi studi devono essere fatti in modo estremamente controllato – spiega Piero Morandini, ricercatore presso il Dipartimento di Bioscienze dell’Università degli studi di Milano- altrimenti non si può fare nessuna associazione tra uno stato patologico e un ingrediente della dieta. Dopo circa cent’anni di studi di tossicologia, si è capito che gli approcci migliori sono quelli hypothesis-driven, quelli dove, cioè, verifico una determinata ipotesi su un componente ben preciso, Non si possono fare studi alla cieca, dove diamo qualcosa e vediamo se i ratti stanno male o no”. Anche l’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, si è pronunciata contro lo studio di Séralini & co. e conclude:   “Gravi vizi di progettazione e metodologia nello studio Seralini et al. comportano che esso non soddisfi standard scientifici accettabili e che non ci sia necessità di riesaminare le precedenti valutazioni sulla sicurezza del mais geneticamente modificato NK603”.

Comunità scientifica contro, quindi, e paper ritrattato. Storia chiusa? Certo che no. Séralini ha annunciato battaglia sostenendo che contro di lui sia in corso un atto di censura da parte delle multinazionali, che avrebbero fatto pressione all’editor affinché ritrattasse il suo lavoro. Le stesse che, sostiene Séralini, avrebbero finanziato gli altri studi di tossicità a lungo termine sugli OGM che hanno mostrato risultati contrari ai suoi.

La nuova pubblicazione

Séralini ha scelto, tra altre quattro riviste che si erano fatte avanti, un giornale relativamente recente, Environmental Sciences Europe, per ripubblicare il suo lavoro. Si tratta di un giornale open access e gli autori hanno deciso di pubblicare anche tutti i dati relativi allo studio. Stando a quanto riportato da Nature, Seralini vuole essere, con questa scelta, un esempio di trasparenza per le multinazionali che producono e vendono OGM, affinché anch’esse pubblichino i loro risultati.

Sembra che anche in questo caso la peer review abbia chiuso un occhio, anzi due. Sempre che ci sia stata perché i pareri sono discordanti. A fronte di Séralini che sostiene che il lavoro sia passato al vaglio della peer-review, Henner Hollert, editor-in-chief del giornale che ha pubblicato il paper, dice a Nature che in realtà non è stata condotta nessuna revisione scientifica del lavoro, in quanto già fatta a suo tempo da Food and Chemical Toxicology e che il ruolo dei loro reviewers è stato semplicemente quello di verificare che non ci fossero stati cambiamenti nel contenuto del lavoro. Il nuovo articolo, infatti, non ha nessuna novità di rilievo. “Il contenuto resta sostanzialmente invariato – commenta Piero Morandini – quindi tutte le critiche che si applicavano prima restano tali. Il suo valore scientifico resta quello di prima. Se è inconsistente il contenuto, anche il fatto di fornire i dati grezzi dello studio non aggiunge nulla.” Sono dello stesso parere anche molti altri esperti, di cui Science Media Centre ha raccolto le dichiarazioni e che sembrano unanimi nel dire che trasparenza e studi appropriati sono necessari, ma che questo di Séralini resta un caso di flop scientifico.

Crediti immagine: CIMMYT, Flickr

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