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La diagnosi dei disturbi mentali “arriva nel 21esimo secolo”

3535031752_1db355ae8f_zSALUTE – Un’analisi del sangue che permette di individuare la depressione clinica (disturbo depressivo maggiore) grazie a dei marcatori specifici; secondo Eva Redei, prima autrice del un nuovo paper in cui è stata presentata la scoperta, si tratta della novità che “porterà le diagnosi dei disturbi mentali nel 21esimo secolo”. L’impressione, è che ci sia un “finalmente” sottinteso.

Il test, sviluppato dalla Northwestern Medicine, potrebbe rappresentare il primo metodo davvero obiettivo per diagnosticare disturbi come la depressione, con un approccio scientifico. Come? Misurando il livello di nove molecole presenti nel sangue, e permettendo così di monitorare l’effettiva efficacia delle terapie. I risultati sono già stati osservati sui pazienti, misurando i marcatori prima e dopo i trattamenti; nel giro di 18 settimane, il livello era sensibilmente calato mentre veniva affrontata la patologia. “Questo significa che è possibile fare un test per la depressione basato su un campione di sangue, fornendo una diagnosi scientifica esattamente come già si fa per la pressione alta o il colesterolo”, spiega Redei. “Questo test rappresenta il primo approccio medico personalizzato rivolto alle persone che soffrono di depressione”. Il paper della ricerca è stato pubblicato su Translational Psychiatry.

La depressione ha molte età

In passato, Redei e il suo team avevano già lavorato allo sviluppo di un simile test, elaborandone uno su misura per gli adolescenti. I marcatori genetici che venivano indagati si sono rivelati del tutto diversi dalle molecole che invece si cercano nel sangue di un adulto. Hanno però permesso di identificare dei vari sottotipi di depressione, distinguendo tra gli adolescenti con depressione clinica da quelli la cui patologia procedeva di pari passo con disturbi dell’ansia. Alla pubblicazione del paper, sempren su Translational Psychiatry, gli scienziati avevano sottolineato l’importanza di intervenire sulla depressione il prima possibile, evitando i ritardi nella diagnosi e prendendo la questione seriamente: quando non curata, la patologia influisce seriamente sullo sviluppo degli adolescenti e favorisce abuso e dipendenza da sostanze, malessere fisico e potenziali pensieri suicidi. La malattia, se lasciata proseguire nel suo corso, comprometterà poi seriamente la vita da adulti.

Come sottolineano i ricercatori, le diagnosi di depressione clinica negli adulti si sono svolte finora secondo parametri estremamente soggettivi, come valutazioni dell’umore, dell’affaticamento, modifiche nell’appetito; tutte condizioni che possono applicarsi a un vasto numero di problemi sia fisici che psicologici. Un grande peso veniva inoltre dato alla capacità del paziente stesso di esporre con chiarezza i propri sintomi, e alla competenza del medico nel saperli interpretare. Il tutto nella consapevolezza che un paziente depresso tenderà sempre a sottovalutare la gravità del suo problema, o descriverne i sintomi in maniera inadeguata. “Nel diagnosticare i disturbi e le patologie in base ai sintomi, la salute mentale è rimasta a lungo dove la medicina moderna si trovava circa un secolo fa”, spiega David Mohr del Center for Behavioral Intervention Technologies at Feinberg. “Questo studio ci porta invece molto più vicini a dei veri test di laboratorio, utilizzabili per le diagnosi e per la scelta dei trattamenti”.

Un nuovo approccio

Le conoscenze maturate negli anni hanno permesso di confermare che le terapie a base di farmaci sono efficaci, ma non su tutti i pazienti. Lo stesso vale per la psicoterapia. Sottoporre un paziente a entrambi i trattamenti insieme è la scelta più opportuna, spiega Mohr, “ma forse, scegliendo di combinarli, adottiamo un approccio che quasi va per tentativi. Un esame del sangue ci permette invece di individuare la terapia migliore per ogni singolo individuo”. Durante lo studio gli scienziati hanno anche identificato tre molecole (delle nove interessate) la cui concentrazione nel sangue rimaneva elevata anche al termine delle terapie, quando il paziente poteva dirsi guarito; la scoperta è stata identificata come una possibile vulnerabilità alla depressione dei singoli individui. “Questi tre marker ci avvicinano all’obiettivo di poter identificare la vulnerabilità di un paziente, anche nel caso non si siano già verificati episodi depressivi”, spiega Redei. Sapere in anticipo che un paziente è maggiormente a rischio permette di monitorarlo con maggior continuità, intervenendo in maniera preventiva per diminuire la gravità di un potenziale futuro episodio, oppure per allungare l’intervallo di tempo che intercorre tra un episodio e l’altro.

Last but not least: Non solo depressione

La malattia è molto diversa, ma si tratta sempre di un esame del sangue estremamente specifico per una diagnosi che vada al di là dei primi sintomi: su The Lancet Infectious Diseases, di recente, è stato presentato un nuovo test per diagnosticare la tubercolosi infantile. Una patologia che, specialmente nei paesi a basso reddito, rappresenta un serio problema sanitario. La difficoltà, in questo caso, sta nel fatto che i sintomi dei bambini colpiti non sono specifici della patologia: sono al contrario molto simili a quelli che suggeriscono la presenza di altre malattie pediatriche, comprese malnutrizione e polmonite. Diventa così complicato, anche in questo caso, stabilire in che modo proseguire con i trattamenti e individuare una linea d’azione specifica.

Il nuovo test, chiamato TAM-TB, si basa su un fenomeno immunologico tipico della tubercolosi: durante un’infezione attiva va perduta l’espressione di CD27, un marker dei linfociti T CD4+ anti-micobatteri. Grazie poi a tecniche come la citometria policromatica a flusso, è possibile avere i risultati del test entro 24 ore dal prelievo (di campione sanguigno o dell’espettorato). Tale rapidità, spiegano i ricercatori dell’Ifakara Health Institute e del NIMR Mbeya Medial Research Center, rappresenterà un punto di svolta specialmente nei paesi più poveri nei quali la tubercolosi è endemica.

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Alisha Vergas, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".