CRONACA

I più citati articoli scientifici

La rimonta delle riviste scientifiche meno famose grazie all'avvento di Google Scholar

6735929719_d6f13e0c3e_zCRONACA – Il web è complice di una diffusione più democratica delle conoscenze scientifiche. A dirlo è il team che gestisce Google Scholar, un motore di ricerca non solo per paper scientifici, ma anche per brevetti, tesi di laurea, libri, insomma di tutto ciò che è “colto”.
Come ha spiegato  Anurag Acharya, co-fondatore del motore di ricerca nel 2004, in occasione del decimo compleanno “abbiamo voluto voltarci indietro, per vedere cos’era cambiato”. E il risultato della loro ricerca, pubblicato nell’articolo “Rise of the Rest: The Growing Impact of Non-Elite Journals” all’inizio di questo mese,  è a dir poco sorprendente: il fatto di poter accedere e poi citare anche articoli pubblicati su riviste, che definiremo minori perché meno note e con impact factor inferiori a Nature o Science, ha fatto sì che queste ultime perdessero parte della loro posizione elitaria rispetto agli altri giornali.

Per dirlo è stato necessario analizzare all’incirca 160 milioni di documenti, almeno secondo lo studio di Enrique Orduña-Malea dell’Università Politecnico di Valenzia, che con questo valora ha fatto una stima del contenuto di Google Scholar.
Le riviste che compaiono negli archivi di Google sono suddivise in otto grandi categorie, che individuano precisi argomenti scientifici, suddivise a loro volta in 261 sottocategorie. Per ciascuna di queste ultime sono stati individuati i 10 giornali più citati, denominati riviste d’elite.
Successivamente sono stati analizzati per ciascuna delle categorie i 1000 articoli più citati, indipendentemente dalla rivista nella quale comparivano. Osservando le variazioni di questa classifica dal 1995 al 2013, si nota un progressivo aumento degli articoli pubblicati su giornali non appartenenti all’elite. Se nel 1995 erano solo 149 gli articoli non d’elite, nel 2013 sono aumentati con un tasso di crescita del 64%. L’affermazione dei giornali di non-elite si nota anche confrontando i numeri totali di citazioni: se nel 1995 gli articoli di non-elite costituivano il 27% delle citazioni, nel 2013 sono arrivate a coprire  in media il 47%, con una variazione variabile a seconda della disciplina scientifica.

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La digitalizzazione ha ampliato il numero di riviste a disposizione degli scienziati che,  negli anni ’90, potevano leggere solo quelle a cui il loro ateneo era abbonato. Il fatto di affidare poi la ricerca a un algoritmo piuttosto che al cervello umano, ha fatto sì che gli scienziati si ritrovassero davanti agli occhi un numero molto elevato di articoli, pubblicati su riviste meno note ma non per questo meno rilevanti dal punto di vista scientifico.
Questo fenomeno oltre a rendere la scienza meno oligarchica, offre ai ricercatori la possibilità di pubblicare anche su riviste non appartenenti all’elite perché il loro lavoro ha comunque la possibilità di raggiungere un audience grande.

 @AnnoviGiulia

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: AJ Cann, Flickr

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Giulia Annovi
Mi occupo di scienza e innovazione, con un occhio speciale ai dati, al mondo della ricerca e all'uso dei social media in ambito accademico e sanitario. Sono interessata alla salute, all'ambiente e, nel mondo microscopico, alle proteine.