L’esplosione di una stella
Per la prima volta è avvenuta sotto gli occhi degli astronomi, che hanno registrato tutti i dati
RICERCA – Non succede tutti i giorni di poter osservare un evento avvenuto 15000 anni fa. Durante l’agosto del 2013 però, questa opportunità è capitata a coloro che nascondevano gli occhi dietro al telescopio a infrarossi Chara Array in USA. Il telescopio infatti, mentre era puntato sulla costellazione del Delfino, ha assistito all’esplosione termonucleare che è responsabile della formazione di una Nova.
L’eccezionalità delle immagini ottenute ha catturato l’attenzione di studiosi provenienti da ben 17 istituti di ricerca. Infatti è difficile studiare le esplosioni nelle loro fasi così precoci, perché occorre avere alte risoluzioni spaziali per misurare le loro così piccole dimensioni. L‘evento è poi stato seguito per ulteriori 43 giorni in modo da poter studiare l’evoluzione dell’esplosione. La successiva analisi dei dati risultanti è stata poi raccolta in un articolo apparso da poco su Nature.
L’esplosione a cui gli astronomi hanno assistito lo scorso anno di solito si verifica in prossimità di un sistema binario, cioè laddove una nana bianca ruota intorno a un’altra stella a lei relativamente vicina. La nana bianca è ormai quello che resta di una stella quasi completamente bruciata, della dimensione del sole è composta da materiale molto denso. Date le sue caratteristiche, è in grado di esercitare una certa attrazione gravitazionale sulla stella che le fa da compagna, rubandole idrogeno, un gas che va a formare un velo spesso un centinaio di metri attorno alla nana bianca. L’idrogeno quando raggiunge una massa e una pressione critiche esplode, come farebbe una bomba H. L’esplosione ha provocato un aumento della luminosità della nana bianca, tanto da renderla visibile dalla terra benché si trovi a 15000 anni luce di distanza dal nostro pianeta. Durante i 43 giorni successivi, la nova si è espansa di circa 20 volte a una velocità superiore ai 600 Km per secondo. La distribuzione ellittica della luce fa pensare a una struttura bipolare che evolve nei giorni successivi all’esplosione.
Tuthill dell’Università di Sidney dà tutto il merito al telescopio: “Non avremmo mai potuto assistere a un ingrandimento a una tale straordinaria risoluzione fino poco tempo fa, cioè fino a quando non abbiamo iniziato a costruire Chara Array”.
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Crediti immagine: NASA, Flickr