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Ritorno al Futuro: quando la narrativa prevede la scienza

Quando la scienza incontra la narrativa: inizia la rubrica Stranimondi

STRANIMONDI – Dai libri ai film, dai fumetti alle serie televisive fino ad arrivare ai videogiochi, la scienza è sempre più presente in un’ampia varietà di forme narrative. Una tendenza che rispecchia l’evoluzione del rapporto fra scienza e società e che evidenzia timori e speranze legate all’incalzante progresso scientifico-tecnologico di cui siamo spettatori e protagonisti. Gli autori contemporanei sono immersi in un contesto nel quale la scienza è pervasiva e le storie che essi producono non possono che esserne influenzate.

Da un lato c’è il forte bisogno di riflettere sui cambiamenti del mondo in cui viviamo, caratterizzato dalle continue scoperte sulla nostra natura biologica, sul nostro impatto ecologico e sulla struttura fisica del nostro stesso universo, per non parlare del flusso continuo di innovazioni tecnologiche. Dall’altro c’è l’altrettanto forte necessità di raccontare vicende che risultino credibili ai lettori e spettatori odierni; le teorie e le conoscenze scientifiche possono infatti diventare un eccellente strumento narrativo, sia come fonte di creatività sia per dare solidità e coerenza a una trama.

La fantascienza è senza dubbio il genere più intriso di scienza ma, dall’horror al fantasy, dal racconto storico al melodramma, non è certo l’unico. Ed è proprio per andare a curiosare in questa grande varietà di generi che OggiScienza inaugura oggi una nuova rubrica, Stranimondi, uno spazio dedicato al rapporto fra scienza e narrativa in tutte le sue forme.

Inaugurazione che avviene in una data non casuale: il 21 ottobre 2015 è infatti il giorno in cui Marty McFly e Doc Brown sbarcano nel futuro con la loro DeLorean, nel secondo capitolo di Ritorno al Futuro. Un anniversario celebrato dai tanti fan di una delle più amate saghe cinematografiche, nonché un’occasione per confrontare il 2015 immaginato da Robert Zemeckis con quello reale, per vedere quanto di quell’immaginario, datato 1989, si sia effettivamente concretizzato.

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Si è fatto un gran parlare degli hoverboard a levitazione magnetica con cui Marty sfugge da Griff e compari, alla cui realizzazione potrebbe non mancare molto: un inventore canadese ne ha costruito uno con cui è riuscito a volare per circa 275 metri, mentre la Lexus ha realizzato un modello in grado di levitare solo su superfici magnetiche. Non abbiamo sensori biometrici a impronte digitali sulle porte di casa, ma di certo è già possibile usarli per fare alcuni acquisti online tramite dispositivi Apple e Android.

Per poter viaggiare nel tempo, la DeLorean ha bisogno di una grande quantità di energia. Energia che nel primo film è fornita dal plutonio, sostituito, nel secondo episodio, da un reattore nucleare alimentato da materiale organico, più ecologico ma anche a tutt’oggi irrealizzabile. Ciò non toglie che i biocarburanti si stiano diffondendo e che ci sia già chi vorrebbe usare rifiuti solidi urbani come carburante. Recentemente, alcuni ricercatori austriaci hanno presentato un prototipo di schermo in grado di proiettare immagini in 3D che non necessitano di occhiali specifici per essere viste. Proprio come la pubblicità de Lo Squalo 19 che terrorizza Marty al suo arrivo nel futuro. E da alcuni mesi gira voce che la Nike potrebbe far uscire le scarpe autoallaccianti, per le quali ha già depositato un brevetto, entro la fine dell’anno.

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Se ci allontaniamo per un istante dall’ambito scientifico, potremmo pensare che Zemeckis abbia anche previsto il revival dello stile degli anni ottanta, ma questa più che una previsione era chiaramente un escamotage narrativo.

Insomma, su molti aspetti scientifici Ritorno al futuro ha quasi fatto centro, anticipando alcune futuristiche invenzioni. Su altre previsioni invece il film ha sbagliato, per esempio sulle macchine volanti, sui droni che portano a spasso i cani e, soprattutto, su internet, il grande assente dal 2015 immaginato da Zemeckis. Per trovare un’azzeccata predizione della capillare diffusione del web e del suo uso per gli scopi più disparati, incluso il furto di denaro e informazioni, e il terrorismo digitale, dobbiamo rivolgerci agli autori cyberpunk, una corrente letteraria figlia della fantascienza classica e risalente ai primi anni ottanta, quando ancora il World Wide Web non era nato, che immaginava un futuro cupo, dominato da multinazionali il cui potere era superiore a quello della maggior parte degli stati nazionali, segnato da inquinamento, sovrappopolazione, violenza e da un rapporto sempre più distorto e fuori controllo fra uomo e macchine.

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Restando in tema di connessioni e comunicazione, abituati come siamo agli smartphone fatichiamo a immaginare un mondo senza di essi. Eppure, il primo telefono cellulare è stato concepito nel 1973 e il suo inventore, l’ingegnere americano Martin Cooper, ha espressamente dichiarato di essersi ispirato al comunicatore del Capitano Kirk. E se gli autori di Star Trek avevano anticipato i cellulari, Kubrick immaginò i tablet in 2001 Odissea nello spazio, che divenne una fonte di ispirazione tale da venir addirittura citato dalla Samsung nella disputa legale con la Apple per i brevetti sul design dell’iPad. Per non parlare delle auto senza pilota che Google sta realizzando e che, per fortuna, non avranno un inquietante manichino come quello che appare in Total recall. O l’interfaccia usata in film come Minority Report per utilizzare i computer, che combina movimenti identici a quelli che usiamo sui touch screen a sensori di movimento come quelli su cui si basa il sistema Kinect di Microsoft.

Azzeccate o sbagliate, inquietanti o ottimiste, prossime o remote, le previsioni scientifico-tecnologiche sono uno dei motori fondamentali della fantascienza. Sia quando essa si limita a una ricostruzione immaginata del futuro come cornice per trame avventurose, sia quando si ferma a riflettere sulle conseguenze sociali e antropologiche del progresso.

Come abbiamo visto, la narrativa ha saputo predire svariate innovazioni scientifiche e tecnologiche. O addirittura, in alcuni casi, a ispirarle. Perché il rapporto fra scienza e letteratura non è unidirezionale, e anche la seconda può dare spunti alla prima, come nel caso dei cellulari di Star Trek. In molti casi la combinazione di influenze reciproche diventa intricata al punto da rendere difficile capire da chi sia venuta l’idea originale. La fantascienza può essere una grande fonte di ispirazione per scienziati e ricercatori, tanto che c’è chi auspica di vederla tornare a una dimensione più tecno-ottimista, capace di farci immaginare un futuro migliore, invece di spaventarci con le sue possibili derive distopiche che vanno sempre più di moda. Su questo punto, il dibattito è aperto e vivace.

@Lineegrigie

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Michele Bellone
Sono un giornalista e mi occupo di comunicazione della scienza in diversi ambiti. I principali sono la dissemination di progetti europei, in collaborazione con Zadig, e il rapporto fra scienza e narrativa, argomento su cui tengo anche un corso al Master di comunicazione della scienza Franco Prattico della SISSA di Trieste. Ho scritto e scrivo per Focus, Micron, OggiScienza, Oxygen, Pagina 99, Pikaia, Le Scienze, Scienzainrete, La Stampa, Il Tascabile, Wired.it.