Emergenza zecche in Friuli Venezia Giulia
Il morso di una zecca può trasmettere agenti patogeni responsabili di diverse malattie. Ma seguendo alcuni consigli è possibile prevenire il contatto con questi parassiti.
SALUTE – La primavera porta con sé le prime giornate calde, occasioni perfette per merende sull’erba e passeggiate nei boschi. Da molto tempo, però, le gite fuori porta primaverili sono accompagnate dal timore delle conseguenze del morso di una zecca. Vista la diffusione delle zecche negli ultimi anni e la rilevanza del problema in termini di salute pubblica, il Museo Friulano di Storia Naturale di Udine ha organizzato lo scorso martedì 11 aprile un incontro dedicato alla conoscenza di questi piccoli e insidiosi animali assieme a due esperti del settore: Simone Del Fabbro, ricercatore dell’Università degli Studi di Udine e il dottor Maurizio Ruscio, dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Trieste.
La zecca più diffusa in Friuli Venezia Giulia è la Ixodes ricinus, detta comunemente “zecca dei boschi”, un aracnide appartenente alla famiglia Ixodidae. La vita di questa particolare zecca può durare da uno a tre anni, durante i quali ogni esemplare attraversa tre fasi di sviluppo: larva, ninfa e adulto. Il passaggio da uno stato all’altro richiede un pasto di sangue, prelevato da un ospite morso in precedenza. Le larve si nutrono del sangue di piccoli mammiferi e animali insettivori mentre le femmine adulte e le ninfe utilizzano mammiferi di maggiore dimensione, tra cui gli esseri umani. Le larve di zecca abitano sul terreno e non costituiscono un rischio per le persone, a differenza delle ninfe e degli adulti, che stazionano sulla bassa vegetazione e attendono il passaggio di un animale. Si tratta di un agguato passivo, le zecche non rincorrono il loro futuro ospite. Una volta arrivate sul corpo dell’animale cercano un posto adatto da infilzare con il rostro, il loro apparato boccale, e iniziano a nutrirsi. Il gruppo di ricerca di cui fa parte Simone Del Fabbro ha studiato la presenza e le caratteristiche delle zecche in Friuli Venezia Giulia dal 2003 al 2015. Il periodo in cui è più facile imbattersi nelle zecche è quello compreso tra aprile e giugno e le zone in cui è stata riscontrata la presenza maggiore sono quelle delle Prealpi Carniche e Giulie e il Canal del Ferro, in provincia di Udine, mentre gli ambienti dove sono più diffuse sono quelli boschivi e i grandi prati non sfalciati.
La maggiore preoccupazione legata alla diffusione delle zecche riguarda gli agenti patogeni che possono trasmettere tramite il loro morso. Il più noto è il batterio spiraliforme Borrelia burgdorferi, che da origine alla malattia di Lyme (borrellosi), un nome che si riferisce al piccolo sobborgo di Lyme, nel Connecticut, dove dal 1975 si scatenò un enorme aumento di casi di artrite, soprattutto infantile, preceduta da vari eritemi cutanei. Il primo sintomo, infatti, è la comparsa di un eritema di piccole dimensioni che, dopo qualche settimana, si estende ed è accompagnato da febbre, mal di testa e spossatezza. In seguito, nella seconda fase della malattia, possono presentarsi alcune complicanze neurologiche e tipici dolori muscolari e ossei. Nel terzo e ultimo stadio la malattia progredisce e diventa cronica, causando danni alla articolazioni, al sistema nervoso, al cuore e ad altri organi. I trattamenti a disposizione, basati sull’assunzione di antibiotici prescritti da un medico, sono efficaci, e una terapia attuata tempestivamente può evitare tutte le complicanze. Non esiste un vaccino per la malattia di Lyme ed è possibile ammalarsi più volte. Secondo le indagini compiute sul territorio italiano, più del 20% delle zecche è portatore del batterio che causa la borrellosi.
Il morbo di Lyme non è l’unica malattia trasmessa dalle zecche. Il loro morso può portare alla meningoencefalite da zecca, in inglese Tick-Borne Encephalitis (TBE), un’encefalite causata dalla diffusione di un virus a RNA del genere Flavivirus. Il virus alla base della TBE è stato riscontrato nel 2-3% delle zecche e in Friuli Venezia Giulia è diffuso a macchia di leopardo. Il decorso della malattia può essere grave. L’esordio avviene dopo una o due settimane dal morso e si manifesta con sintomi simili a quelli di una comune influenza. Dopo un’iniziale miglioramento, nel 20-30% dei casi i sintomi si acuiscono e ricompaiono febbre molto elevata, mal di testa, perdita di sensibilità degli arti, confusione mentale e dolori alla schiena. Nei casi più gravi è necessario il ricovero seguito da una lunga convalescenza. Al momento non c’è una terapia specifica per curare la TBE ma esiste una vaccinazione, fortemente consigliata per chi vive in zone a rischio.
Prevenire il morso di una zecca e contrastarne la diffusione è possibile grazie ad alcuni accorgimenti: vestirsi adeguatamente durante le gite in montagna o nei prati, preferibilmente con indumenti dai colori chiari, prestare attenzione ai propri animali domestici, curare l’avanzamento dei boschi, falciare i prati incolti. In caso di morso, è bene annotare la data e la località in cui si è entrati in contatto con la zecca, rimuoverla con opportune pinzette e disinfettare la pelle. È sconsigliato l’uso di alcol o creme da spalmare direttamente sull’animale: la zecca di staccherebbe ma, irritandosi, aumenterebbe la quantità di saliva immessa nel sangue e, di conseguenza, il rischio di entrare in contatto con virus o batteri.
In ogni caso è bene rivolgersi al proprio medico, l’unica persona affidabile in grado di fornire corrette informazioni a riguardo. In aggiunta, il sito della Regione Friuli Venezia Giulia mette a disposizione un portale informativo, con particolare attenzione alla prevenzione di tutte le patologie derivate dal morso di zecca.
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