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Il telefono quantistico

Sfruttando l'entanglement quantistico potrebbe essere possibile trasferire informazioni con ritardi trascurabili anche a distanze notevoli, come quelle che caratterizzano le comunicazioni nello spazio.

Un segnale emesso dalla superficie della Luna impiega circa 1,25 secondi per raggiungere il nostro pianeta. Crediti immagine: NASA/Goddard/Arizona State University

SCOPERTE – Gli appassionati di fantascienza (e gli esperti di sistemi di telecomunicazioni, naturalmente) avranno una certa familiarità con i problemi associati all’invio di segnali a grandi distanze. Il problema principale è che il limite massimo della velocità di propagazione di un segnale radio o luminoso corrisponde al modulo della velocità della luce nel vuoto: approssimativamente, 300 000 chilometri al secondo.

Si tratta, naturalmente, di una velocità enorme rispetto ai valori di cui siamo abituati a ragionare quando utilizziamo veicoli, come treni o aerei; tuttavia, al crescere della distanza, persino un segnale luminoso inizia ad arrancare. Facciamo un esempio: la distanza dalla Luna alla Terra è mediamente pari a circa 380 000 km, e con un rapido calcolo possiamo trovare che un segnale emesso dalla superficie della Luna impiega circa 1,25 secondi per raggiungere la Terra. E quindi questo sarà il valore del ritardo della comunicazione tra il nostro pianeta e il suo satellite. Con calcoli analoghi, si può stabilire che una comunicazione tra Terra e Marte ha un ritardo di 616 secondi, ossia circa 10 minuti. E che la luce del Sole impiega circa 8 minuti per raggiungerci.

Le implicazioni della velocità finita di propagazione sono evidenti: le comunicazioni dalla Terra con una ipotetica navicella in viaggio ai confini del Sistema Solare, localizzata per esempio in prossimità di Nettuno, accumulerebbero circa 4 ore di ritardo. E le ore diventerebbero giorni, o mesi, a distanze ancora maggiori.

Dobbiamo necessariamente rassegnarci, nelle future esplorazioni spaziali, a subire questi noiosi ritardi? Non secondo quanto emerge dagli esperimenti di Jian-Wei Pan, ricercatore della University of Science and Technology of China.

In un recente articolo pubblicato sulla rivista Science, il gruppo di ricerca di Pan ha annunciato il successo di una sperimentazione davvero rivoluzionaria: la trasmissione di fotoni entangled tra lo spazio sub-orbitale e la superficie della Terra, a una distanza massima di circa 1200 km, infrangendo il record precedente, relativo a una “corsa” di circa 100 km.

In che cosa consiste, più in dettaglio, l’entanglement? E perché utilizzarlo con successo nei sistemi di telecomunicazioni può garantire il superamento degli ostacoli e dei ritardi associati alla propagazione delle onde radio o luminose?

Abbiamo già affrontato il tema in questo articolo, e abbiamo descritto le potenziali applicazioni nell’ambito dei computer quantistici qui: l’entanglement, in estrema sintesi, è quel fenomeno per il quale alcune particelle risultano “aggrovigliate” in modo tale che, quando si modifica lo stato di una delle due, questa alterazione si riflette istantaneamente sullo stato dell’altra. Indipendentemente dalla distanza a cui sono poste e, in teoria, in modo istantaneo.

Il gruppo guidato da Pan è riuscito ad ottenere sperimentalmente una comunicazione istantanea di questo tipo usando una coppia di fotoni: cerchiamo di capire più in dettaglio di che cosa si tratta mediante un esempio:

Schema di un tipico esperimento utilizzato per verificare i potenziali effetti dell’entanglement quantistico. Crediti immagine: George Stamatiou, Wikimedia Commons

 

Nell’immagine qui sopra, si assume di avere una sorgente S in grado di emettere coppie di fotoni, spedendo l’uno in direzione opposta rispetto all’altro.

Ognuno di essi, passa attraverso un polarizzatore (a e b in figura), un dispositivo in grado di cambiare lo stato del fotone. A questo punto, ognuno dei due fotoni può passare attraverso la via D+ o la via D-, e raggiungere in ogni caso il dispositivo CM (coincidence monitor) che non fa che contare le volte in cui riceve simultaneamente i fotoni della coppia.

Nel caso in cui la polarizzazione effettuata da a sul fotone emesso verso sinistra dalla sorgente non avesse alcun effetto sullo stato dell’altro fotone (quello emesso verso destra), non ci si dovrebbe aspettare alcuna differenza di comportamento sul conteggio delle ricezioni simultanee, indipendente dall’azione dei polarizzatori stessi.

In realtà l’evidenza sperimentale prova che, contrariamente a quanto l’intuito o la fisica classica suggerirebbero, ogni fotone della coppia entangled modifica il proprio stato anche senza un’azione diretta su di esso: basta che si agisca sull’altro fotone della coppia. Questo fenomeno produce un valore del conteggio di ricezioni simultanee differente da quello che ci si aspetterebbe nel caso in cui gli effetti dell’entanglement non si manifestassero, e cioè se ogni fotone avesse uno stato del tutto indipendente da quello dell’altro.

Anche le implicazioni in termini di sicurezza dei dati trasmessi sono di notevole rilevanza, come già discusso in questo articolo: a causa del principio fisico utilizzato per la trasmissione delle informazioni, un qualunque tentativo di interferire con la linea quantistica di comunicazione determinerebbe un effetto distruttivo sullo stato delle particelle, e quindi potrebbe essere facilmente rilevato per garantire la messa in sicurezza delle informazioni trasferite sulla linea stessa.

Tornando alla ricerca pubblicata dal gruppo di Pan, per la trasmissione e ricezione di informazioni è stato utilizzato un satellite artificiale, chiamato Micius. Utilizzando un dispositivo di polarizzazione simile a quello descritto nell’esempio qui sopra, applicato ad un fascio laser, il satellite è stato munito di fatto di un doppio canale di comunicazione (in ricezione e in trasmissione) basato su fotoni entangled.

Una tecnologia promettente, se si pensa che già un gran numero di satelliti orbita intorno alla Terra, per cui con un futuro aggiornamento del solo sistema di telecomunicazione l’infrastruttura di rete sarebbe già sufficiente e disponibile.

Il prossimo obiettivo del gruppo di Pan? Muoversi verso orbite più distanti dalla Terra. E battere possibilmente un nuovo record, ottenendo allo stesso modo un miglioramento più tangibile nel ritardo della comunicazione che Einstein stesso definì, senza mezzi termini, “terrificante azione a distanza”, e che oggi sembra davvero non più relegata al campo astratto degli esperimenti concettuali o dei trattati teorici di meccanica quantistica.

Leggi anche: Tra quanti e realtà. Viaggio nel mondo del caso

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Gianpiero Negri
Laureato in Ingegneria Elettronica, un master CNR in meccatronica e robotica e uno in sicurezza funzionale di macchine industriali. Si occupa di ricerca, sviluppo e innovazione di funzioni meccatroniche di sicurezza presso una grande multinazionale del settore automotive. Membro di comitati scientifici (SPS Italia) e di commissioni tecniche ISO, è esperto scientifico del MIUR e della European Commission e revisore di riviste scientifiche internazionali (IEEE Computer society). Sta seguendo attualmente un corso dottorato in matematica e fisica applicata. Appassionato di scienza, tecnologia, in particolare meccatronica, robotica, intelligenza artificiale e matematica applicata, letteratura, cinema e divulgazione scientifica, scrive per Oggiscienza dal 2015.