Melanoma: i nei già presenti responsabili per meno di un caso su tre
È importante conoscere il proprio corpo per accorgersi quando un neo cambia, notare pruriti e sanguinamenti. Ma a causare la forma più letale di tumore della pelle sono i nei nuovi
SALUTE – Agosto se n’è andato, arriva settembre e dalle nostre borse insieme a teli mare, racchettoni e infradito scompare anche la crema solare. Giusto? Sbagliato: la pelle andrebbe protetta dai raggi solari UV durante tutto l’anno, di pari passo con regolari controlli dal dermatologo per tenere sotto controllo i nei, soprattutto quelli nuovi.
I nei, o nevi, non sono altro che agglomerati di melanociti, cellule della pelle che producono melanina come i cheratinociti; quando queste stesse cellule subiscono una trasformazione tumorale, il risultato è un melanoma cutaneo, la forma più mortale e più rara dei tumori che colpiscono la pelle. Pur rappresentando appena il 5% dei casi di cancro alla pelle, il melanoma è responsabile di circa l’80% delle morti provocate da questi tumori.
È anche per questo motivo che le campagne di sensibilizzazione sul melanoma invitano a monitorare i nostri nei, e a richiedere l’attenzione di un dermatologo quando dovessimo notare dei cambiamenti. Secondo un nuovo studio, tuttavia, meno di un terzo dei melanomi ha origine da nei pre-esistenti. Quando accade questo, per di più, i melanomi hanno dimensioni ridotte e i pazienti ricevono una prognosi migliore.
I ricercatori hanno preso in considerazione 38 studi scientifici su più di 20 000 casi di melanoma cutaneo associati ai nei, per scoprire che il 71% era apparso sulla pelle come una macchia del tutto nuova. Appena il 29% era cresciuto a partire da un neo già presente. I risultati sono stati pubblicati in una meta-analisi sul Journal of the American Academy of Dermatology, alla quale hanno partecipato anche l’Università di Modena e Reggio Emilia, l’Università della Campania e l’IRCCS di Reggio Emilia.
Come spiega Caterina Longo, dermatologa dell’Università di Modena e Reggio Emilia e autrice senior dello studio, chi tiene i propri nei sotto controllo ha più probabilità di identificare un melanoma negli stadi iniziali, quando il tumore è più semplice da trattare. Se è importante monitorare pruriti, sanguinamenti e cambiamenti sospetti nei nei che conosciamo, specialmente se si trovano su parti del corpo che abbiamo spesso sotto gli occhi come il viso o le braccia, lo è altrettanto individuare i nei del tutto nuovi.
Conoscere la pelle (e capire le etichette) per proteggersi
Cosa fare dunque? Conoscere i propri nei, avere ben chiara una “mappa” della pelle in modo che le nuove macchie balzino subito all’occhio e farsi aiutare da qualcuno per le aree più difficili da controllare come la schiena. Per chi conta una manciata di nei non è un controllo troppo complesso, diventa però assai più impegnativo per chi invece ne ha la pelle costellata. Ma ne vale la pena: secondo i dati riportati dall’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) l’età media alla quale si riceve una diagnosi di melanoma cutaneo è 45-50 anni, ma si sta abbassando.
Di pari passo, negli ultimi 10 anni l’incidenza è addirittura raddoppiata: in Italia si verificano approssimativamente 13 casi ogni 100 000 persone, per un totale di circa 6000 nuovi casi l’anno.
Se questi numeri potrebbero significare maggiore attenzione sia da parte dei professionisti della salute che dei pazienti, consapevoli dei rischi dell’esposizione ai raggi solari e della necessità di monitorare la propria pelle, secondo gli esperti siamo ancora lontani dal comprendere le etichette dei prodotti solari (dunque dal saper scegliere al meglio per la nostra pelle).
Meno di quattro persone su 10 considerano la protezione ad ampio spettro, sia dagli UV-A che dagli UV-B, come una priorità quando acquista un prodotto solare. L’SPF, il fattore di protezione solare che tutti cerchiamo sull’etichetta, ci dice infatti solo quanto quella crema o spray o latte solare ci proteggerà dai raggi UV-B.
Forse siamo poco informati sulla salute della pelle, forse le etichette non sono sufficientemente chiare per i consumatori, o entrambe le cose. Lo conferma un piccolo studio di cui abbiamo scritto qualche tempo fa: su un campione di oltre 100 persone, meno della metà è stata in grado di identificare la terminologia delle etichette, dove si spiegava l’efficienza della protezione nei confronti di tumori (circa il 38% dei pazienti è riuscito a capirlo), dell’invecchiamento della pelle (7%) e delle scottature (22,8%).
Sempre meno della metà, circa il 43% delle persone, ha saputo spiegare ai ricercatori cos’è il fattore di protezione solare e che ruolo ha nello scegliere il prodotto più adatto per tutelarci. E non si tratta di un aspetto secondario: scegliere una protezione superiore a SPF 15 diminuisce di circa il 30% il rischio di melanoma cutaneo.
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